Oggi, 8 marzo, in occasione della “Festa della Donna”, la Prof.ssa Anna Foa, docente di Storia moderna presso l’Università La Sapienza di Roma, ha tenuto, presso il Museo Ebraico di Bologna, un’interessante conferenza sulla figura di Anna Kuliscioff.
Femminista e rivoluzionaria, temperamento passionale, sia nei rapporti personali che nell’azione politica, Anna Kuliscioff ha aderito a diversi movimenti ideologici, tali da poterle consentire di operare per l’emancipazione delle classi oppresse: dall’anarchismo rivoluzionario alla Bakunin al terrorismo violento e sovversivo (esperienza che mai rinnegò, negli anni successivi), fino al socialismo legalitario.
Anjia Rosenstein, questo è il suo vero nome, nasce a Moskaja (Crimea) il 9 gennaio di un anno imprecisato tra il 1853 e il 1857, da una famiglia ebraica alto-borghese. Dopo un’infanzia ricca di attenzioni da parte da parte di tutti i suoi congiunti, ella decide, a 18 anni, di seguire i corsi di Filosofia presso l’Università di Zurigo. L’autocrazia zarista non permetteva infatti alle minoranze (nella fattispecie donne ed ebrei) di studiare in Patria.
E’ importante notare come, in quegli anni, in un contesto così chiuso e conservatore come l’Impero russo, sia cresciuta, per reazione, una gioventù, costituita per la maggior parte da ragazzi e ragazze ebrei, che abbraccia l’attività rivoluzionaria dopo aver buttato alle ortiche la tradizione dei padri.
Essi sono variamente populisti, socialisti, sionisti, a volte terroristi. All’interno dei gruppi si realizza di fatto, senza particolare teorizzazione, una reale parità tra i sessi, si rifiutano il matrimonio e la famiglia tradizionale, in quanto ostacolo all’impegno politico. Parità che viene, per così dire, esportata all’estero: sia da parte di coloro che emigrano negli Stati Uniti d’America; sia ad opera di quelli che scelgono come nuova patria la Terra di Israele (suscitando curiosa diffidenza negli abitanti del c.d. vecchio Yshuv, legati, invece, a modelli tradizionali ebraici).
Zurigo, per la sua collocazione geografica e per il fatto che tutte le sue facoltà universitarie sono aperte alle donne, ospita in quegli anni studenti russi, polacchi tedeschi: un ambiente bohémien, libero, fatto di discussioni, contatti tra esuli di ogni provenienzain cui Anna, giovane dagli occhi azzurri, bionda, bellissima, si trova nel suo elemento. Sarà proprio a Zurigo che incontrerà il suo primo grande amour passion, l’anarchico italiano Andrea Costa.
Costretta a rimpatriare per ordine dello zar, allarmato per il dilagare del contagio politico tra quei giovani sovversivi, Anna si riunisce ad altri coetanei russi nella c.d. “andata al popolo”: si reca cioè presso i remoti villaggi per lavorare a fianco dei contadini e condividere con loro il peso della miseria: è l’epoca dell’utopia rivoluzionaria, violenta; una posizione che, come detto, non rinnegherà, anche se, nel prosieguo del tempo, adotterà posizioni, per così dire, di matrice legalitaria.
Con Andrea Costa verrà in Italia, ma pian piano ella si rende conto che il compagno, dal quale avrà un figlia, non la capisce; il loro rapporto è tormentato: Andrea è rivoluzionario in politica, ma tradizionalista e maschilista nel privato. Le loro differenti visioni hanno conseguenze sul piano dell’azione: Costa vorrebbe limitarsi ad un’attività di tipo locale o regionale, la visuale di Anna è internazionale (ella conosce e parla, tra l’altro, cinque lingue), con particolare attenzione alle vicende della sua patria d’origine e, in specie, alle donne rivoluzionarie russe, in difesa delle quali scriverà appassionati articoli su l’Avanti, il giornale fondato da Costa nel 1881.
Lasciato Andrea Costa, ritorna in Svizzera, dove studia medicina. Si laurea, più tardi si specializza in ginecologia: studia in particolare le febbri puerperali,delle quali scopre l’origine batterica aprendo la strada alla scoperta che salverà tante donne dalla morte dopo il parto. Anni di intenso lavoro e studio, durante i quali ha contratto la tubercolosi: si era ammalata nel carcere di Firenze, a seguito di uno dei numerosi arresti, con l’accusa di cospirazione con gli anarchici contro l’ordine costituito.
A Milano inizia la sua attività di “dottora dei poveri”, come la chiamano, e si reca per questo nei quartieri più miseri della città.
Ecco un altro incontro importante, quello con Filippo Turati.
Insieme fondano, nel 1889, la “Lega socialista milanese”, il cui programma si fonda sul carattere prioritario delle lotte economiche, che debbono essere collegate a quelle politiche e inquadrate in un progetto generale avente come obiettivo la socializzazione dei mezzi di produzione. La Rivista cui dettero vita, “La critica sociale”, viene chiamata da lei La Nostra Figlia di carta!
La visione politica di Anna influenza profondamente Turati.
Con il suo compagno, nei quarant’anni di vita in comune a Milano, crea un salotto atipico, in cui si potevano incontrare sia i grandi intellettuali del tempo che altre persone di più umile estrazione: dal fior fiore della cultura milanese, alle modeste lavoratrici in cerca di un consiglio o di una parola d’incoraggiamento Dalla fine dell’800 divenne la portavoce dei diritti delle donne, con una convinzione tale da affrontare con serenità il carcere e gli screzi con lo stesso Turati, non abbastanza impegnato, a suo parere, in questa rivendicazione. Fonda e dirige una Rivista, "La difesa delle lavoratrici", che pubblica gli articoli delle migliori scrittrici del periodo.
Il 27 aprile 1890 tiene, prima donna, una conferenza al Circolo filosofico milanese; tema dell’incontro “Il monopolio dell’uomo”. La sala è affollata, in specie da ragazze interessate al nuovo, fuggite dalla tutela familiare e dall’ordine di non partecipare ad un incontro con una ex terrorista!
Le parole di Anna conquistano il pubblico; ma a coinvolgere i presenti è soprattutto lo stile passionale con cui si esprime. Solo il lavoro sociale e retribuito al pari dell’uomo può portare la donna alla conquista della libertà, della dignità e del rispetto; mentre il matrimonio non fa che umiliarla in una dramma che le toglie la personalità e l’indipendenza.
Ella sostiene, in uno scritto successivo, che vi sono “due forme oggi imperanti di servitù della donna nei rapporti sessuali: la prostituzione propriamente detta e il matrimonio a base mercantile”.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale Anna, contrariamente alla posizione neutralista del Partito Socialista, è a favore dell’intervento dell’Italia a fianco degli Stati democratici (si “innamora” dei 14 punti del Presidente USA ); in quegli anni, con raro intuito profetico, vede profilarsi all’orizzonte la minaccia squadrista.
Quando, nel 1922, il fascismo prende i potere, gravi minacce incombono su Anna e su Turati.
Il loro caro amico Giacomo Matteotti (che chiamavano “il Monello”) viene rapito ed ucciso dai fascisti nel 1924.
Stremata dalla tubercolosi ossea, che le impedisce di muoversi da casa, Anna muore a Milano.
Al suo funerale, il 29 dicembre 1925, è presente una grande folla.
Ma la violenza si impadronisce del corteo funebre, quando un gruppo di fascisti si scaglia contro le carrozze dei partecipanti e strappa i drappi, le corone e la bara viene simbolicamente scossa dai facinorosi.
Così finisce Anna Kuliscoff e incomincia il fascismo.