Rizzoli, Marzo 2007

“Un consiglio ai nostri nemici: sostituite i Qassan e le Katyushot con computer e scuole”. Così si è rivolta a Hamas Daliah Itzik, Presidente della Knesset e Capo dello Stato ad interim, in occasione del 59esimo anniversario della Dichiarazione di Indipendenza dello Stato di Israele. Un invito paradossale, per sua natura non ricevibile, che peraltro coglie in pieno la sostanza della contrapposizione che vede, da una parte, le democrazie occidentali e, dall’altra, l’Islam fondamentalista, nonché tutti coloro che, in Europa (e, in misura minore, negli U.S.A.), vedono la causa del terrorismo -di rado comunque chiamato così- in pretese colpe dell’Occidente e, in particolare, degli Stati Uniti e di Israele. Carlo PANELLA, famoso giornalista, collaboratore de il Foglio come esperto di problematiche mediorientali e della questione islamica, autore di numerose pubblicazioni sul tema (da Piccolo Atlante del Jihad. Le radici del fondamentalismo islamico, Mondadori, 2002, a Saddam. Ascesa, intrighi e crimini del peggior amico dell’Occidente, Piemme, 2003, da I piccoli martiri assassini di Allah, Piemme 2003, a Il ‘complotto ebraico’. L’antisemitismo islamico da Maometto a Bin Laden, Lindau, 2005, a Il libro nero dei regimi islamici. 1914-2006: oppressione, fondamentalismo, terrore , Rizzoli, 2006, aggiornato nella BUR al 2007), torna ora in libreria con un denso volumetto dal significativo titolo Fascismo islamico. Noi, l’Occidente, esordisce l’A., abbiamo paura dell’Islam; paura di Ahmadinejad, il diabolico presidente iraniano, con i suoi sogni di distruzione nucleare, paura di al Jazeera, dei filmati che manda in onda con le decapitazioni degli ostaggi e della sua esaltazione dei terroristi suicidi, arma infallibile che sembra non scaricarsi mai. E ci sentiamo feriti dal silenzio dell’ ”altro” Islam -quello che ci sembra di cogliere in una, sia pur faticosa, volontà di dialogo con noi- che tuttavia fatichiamo ad agganciare, e che abbiamo l’impressione che taccia complice di fronte agli attentati e alle violenze efferate che lo vedono come primo bersaglio. Abbiamo, nella migliore delle ipotesi, una vaga consapevolezza -spesso condita dall’autoillusione del dialogo sempre e comunque- che è andato via via crescendo negli anni un movimento totalitario antisemita, con forte carica apocalittica e largo consenso di massa, ma di tutto ciò non cogliamo gli elementi in gioco. L’Occidente sembra essere preso, sostiene Panella, da una sorta “OTTUNDIMENTO DA LAICISMO” Gli schemi mentali postilluministici, coniugati con strumenti analitici marxiani ci rendono incapaci di comprendere questa utopia apocalittica, che dovrebbe invece esserci familiare. Adolf Hitler, a suo tempo, riuscì a coagulare il Volk tedesco attorno ad una visione nazionalpatriottica e all’ideologia antisemita che era andata rafforzandosi con le teorie razziste dell’800. Allo stesso modo oggi, pur in un contesto culturale molto diverso, con l’Islam fondamentalista (sia sciita iraniano che sunnita wahabita) si va affermando una nuova ideologia salvifica, che ha una straordinaria assomiglianza con quella nazionalsocialista; colpisce la similitudine tra quanto fece Hitler negli anni ’20 e quanto negli anni Trenta e Quaranta teorizzò, e dopo mise in atto, Ruhollah Khomeini (e non solo: il “riformista” Mohamed Khatami, oggetto di tante attenzioni da parte dei politici europei, non aveva posizioni essenzialmente diverse) e ora Mahmud Ahmadinejad. Straordinaria la capacità di quest’ultimo ad entrare in sintonia con le masse tramite il progetto di distruzione atomica di Israele, sfruttando l’odio musulmano di tutti i decenni precedenti. Hitler rappresenta la sconfitta dell’idealismo tedesco, così come Ahmadinejad la riscossa islamica che umilia il satana americano e prepara la distruzione di Israele, lo Stato, da lui definito in modo ossessivamente ripetitivo, “contro natura”. Tale visione apocalittica, autodistruttiva nella sua meta ultima, ha al centro la figura del c.d. dodicesimo imam, fondamentale nella teologia sciita, scomparso nel 9° secolo e.v., il cui ritorno, ritenuto prossimo dai fedeli, significherà l’approssimarsi del Giudizio Universale. Ritorna dunque il sogno di un mondo judenrein (indispensabile perché si realizzi quanto sopra detto), con massima esaltazione alle “sure” coraniche che esaltano la Guerra contro gli Ebrei e l’ossessione, sempre riproposta, del complotto sventato da Maometto che fece sgozzare a Medina i 650 ebrei “banu Qurayza” inermi. Ahmadinejad è il negazionista della Shoah e delegittimatore dell’ONU, nel pressoché totale silenzio dell’ONU stessa, colpevole di aver deliberato la nascita di Israele (egli nondimeno sfodera “argomentazioni” che, in Europa, sottoscrivono e diffondono gli esponenti della sinistra e destra radicali). Al posto di USA e Gran Bretagna entrino nel Consiglio di Sicurezza rappresentanti del Movimento dei Paesi non allineati e dell’Organizzazione della Conferenza islamica. Instancabile tessitore di intese, forte della ricchezza energetica dell’Iran (petrolio e gas), egli ha elaborato un piano fondato non solo sulla guerra asimmetrica –fondata sul quartetto Iran, Siria, Hamas, Hezbollah-, ma anche su un’alleanza in scala planetaria con Cuba, Venezuela e Bolivia e con lo sguardo attento a Cina, Russia e Turchia: una strategia a carattere mondiale, in cui vediamo uniti populismo millenaristico, fondamentalismo islamico, antisemitismo e peggior caudillismo sudamericano. Con il suo stile suggestivo, ma puntuale, Carlo Panella ripercorre la storia dell’Islam e si sofferma sugli snodi principali: a cominciare dal XIII, secolo quando fu rigettato il pensiero del grande Averroè (Ibn Rushd per gli Arabi) -il teologo più citato da S. Tommaso d’Aquino e ammirato da Dante, la cui visione considera ragione e rivelazione separate ma inscindibili- in favore della concezione di al Ghazali (vissuto due secoli prima), negatrice della filosofia, e in favore della dogmatica, ancor più rigida ed intransigente, di Ibn Taymiyya. In questo modo l’Islam si è autoescluso dal processo fondante il pensiero scientifico moderno, con conseguenze che allungano la loro ombra nefasta lungo il corso dei secoli, fino ad oggi, sul piano strettamente culturale, sociale e politico. Panella ricorda come, dalla fine del Medioevo, l’Islam abbia combattuto la libera ricerca e la modernità: emblematico è il “bando dei libri” (stampa e lettura), decretato nel 1483 (a Istanbul dal Califfo Bayazit II, tant’è vero che la prima edizione a stampa del Corano vede la luce nel 1537 a Venezia; mentre la Bibbia era stata stampata da Gutenberg nel 1455!). La conseguente concezione del Corano come “verbo increato”, la sua natura immanente e divina, che rendeva obbligatoria la sua forma araba (in tale lingua si era espresso l’Arcangelo Gabriele nel riportare la parola del Signore al Profeta), impedisce ogni libera discussione teologica. Un altro momento tragico per l’Islam è stata l’abolizione del Califfato (1924) ad opera del Parlamento turco, su ordine di Kemal Atatürk: ciò ha determinato una volontà di riscossa che percorre tutto il Novecento e che vede una tappa importante nella fondazione (1928), in Egitto, ad Ismaliyia, del Movimento dei Fratelli Musulmani, oggi il gruppo sunnita più potente e più ricco; più pericoloso, anche, poiché, nella sua tattica, sembra abbandonare talvolta la violenza (pur sostenendo i c.d. Kamikaze palestinesi del gruppo operante in loco, cioè Hamas), mentre la strategia di conquista è invariata (il detto di un suo importante esponente, Sayyd Qutb, essere musulmano significa essere guerriero, è sempre attuale). Di fronte a simile sfida l’Occidente, e in particolare l’Europa, pare essere incerto e diviso, oppresso da una sorta, dice l’A.,di “Tirannia della penitenza”, che lo porta a falsificare la propria storia e a bloccare, di fatto, un rapporto sostanziale, autentico con i musulmani che, nei loro Paesi d’origine e all’estero, combattono, spesso a costo della vita, per l’affermazione dei diritti civili e, anzitutto, per la libertà religiosa. Il valore della posta in gioco è stato invece colto da Papa Benedetto XVI, il teologo tedesco Joseph Ratzinger; nella ormai celebre lectio di Regensbug del settembre scorso, che ha fatto infuriare le piazze islamiche e ha sollevato più di un mugugno nello” zoccolo duro” del c.d. mondo cattolico, legato agli stereotipi del “politicamente corretto”. Il Papa, premesso come il dramma dell’Islam è che “..per la dottrina musulmana D-o è completamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza…”, ha rivolto un appello al mondo musulmano perché riprenda la visione averroista di un Allah che è insieme “logos” (ragione, ordine) e fede. Non mancano, nell’analisi di Carlo Panella, critiche costruttive alle politiche dei governi israeliani -sottovalutazione del fenomeno Hamas, dovuta alla lente deformante, impregnata di totale laicità, del sionismo politico- e americano –soprattutto in ordine alla vicenda irachena, dove l’attaccamento maniacale a spendere figure laiche, dotate per questo di scarsissimo seguito, come Chalabi, prima, e Allawi, poi, ha impedito l’aggancio a quei settori nell’universo musulmano non fondamentalista, che avrebbero impedito di…perdere la pace, dopo aver vinto la guerra-.
Un libro composto in stile lineare, che sviscera questioni complesse per poi comporle un’efficace sintesi, un “vademecum” utile sia come preparazione a più impegnative letture, sia, viceversa, come valido riepilogo di problematiche con cui dovremo fare i conti per molto tempo ancora: basti pensare alle politiche in tema di integrazione degl’immigrati all’interno della nostra società o alle sfide che agitano altri Paesi diversi dal nostro, ma che ci interessano da vicino; ad esempio, l’assetto istituzionale della Turchia e il suo incerto futuro. Unico neo, se così si può dire: a mio parere: sarebbe stato utile una sorta di indice analitico degli argomenti svolti, data la già menzionata complessità e necessaria interdipendenza degli stessi. Ma il lettore può sempre cimentarsi a redigerselo di persona: un utile esercizio storico/politico.
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