Ed. Cantagalli S.r.l., Siena, Ottobre 2015, pp. 141, €.14 (scaricabile come audiolibro, v. istruzioni su quarta di copertina)
“Sono nata a Testaccio ma vivo in Israele. Un giorno mentre correvo in auto tra un appuntamento e l’altro mi è apparso un angelo, romano come me, ed eccoci qui, insieme alle pagine di questo libro. Lui è imprevedibile, comico, coraggioso e luminoso, di un candore speciale ma, soprattutto, parla in romanesco” “Eppure ciò che ci anima non è la vendetta, ma il profumo di una fragola grondante di brina che spunta dalla sabbia”
Ricordo bene la prima volta che ho visto Angelica Edna: in occasione di Sorgente di Vita, rubrica televisiva di vita e cultura ebraica; all’inizio della Seconda Intifadah, periodo drammatico per lo Stato di Israele, costretto a difendersi da nemici implacabili e oggetto dell’esecrazione del mondo intero perché i vari governi in carica -a prescindere dal colore politico- osavano proteggere con decisione i propri cittadini dal terrorismo genocidario.
In un clima così poco incoraggiante è per me un’autentica sorpresa l’apparizione sullo schermo di una bella donna bruna, col viso sorridente, incorniciato da una folta cascata di riccioli neri. Il suo nome non mi è chiaro subito: Edna….Angelica, Livne…Calò… Mah.
In compenso, una vitalità incredibile, un’energia contagiosa! Circondata da un gruppetto di giovanissimi che, si capisce subito, le vuole un bene dell’anima, danza, canta, racconta storie: da sola vale quanto e più di un’intera compagnia teatrale.
Ecco le prime informazioni su di lei. Romana di origine, e te ne accorgi al volo dall’accento inconfondibile, ma residente da alcuni decenni in un kibbutz, chiamato Sasa (cioè “Punta della spiga”), situato in Alta Galilea, alla frontiera tra Libano e Israele, sposata con un matematico sabra, Yehuda, nato proprio lassù, tra quei monti incantati (oggetto di costanti brame islamiste), madre di quattro figli, forte di una seria preparazione in teatro e regia conseguita presso l’Università di Tel Aviv -oltre che di solide basi di formazione ebraica; suo maestro, al Collegio rabbinico di Roma, è stato Rav. Elio Toaff, scusatemi se è poco- Angelica Edna, nata Calò, coniugata Livne, da qualche tempo ha costituito un gruppo teatrale composto da giovani ambosessi residenti nei villaggi vicini a Sasa: Ebrei, Musulmani, Cristiani, Drusi, Circassi.
Musica e recitazione per avvicinare, condividere, includere, nella ricerca di Pace come quotidiana vita vissuta, non vuoto slogan da esibire nei salotti.
Sorprendente la sua capacità di coinvolgere gli allievi, di trarre da ciascuno di loro il meglio, sciogliere timidezze, diffidenze o peggio. Una Maestra, una Morah, come immagini dovrebbe essere chiunque ogni giorno si confronta con giovani vite.
All’indomani della trasmissione, le scrivo una lettera secondo le modalità tradizionali -l’attuale dimestichezza con la posta elettronica era ancora al di là da venire, per me-, alla quale risponde subito, in uno stile frizzante, lieve, ma ricco di contenuti.
Poco tempo dopo ci incontriamo di persona, qui a Bologna, e nasce una bella amicizia.
Vengo così a sapere dalla sua stessa voce che, nel 2001, allorché il primogenito (Gal) è chiamato a svolgere il servizio militare per il suo Paese, Israele, carico di energie e di Storia, ma sempre a rischio di sparizione “dalle carte geografiche”, sorge in lei l’idea di sviluppare un metodo di educazione alla Convivenza e alla Pace attraverso le arti. Attrice, coreografa, regista, costituisce dapprima la “Compagnia dell’Arcobaleno” -con il quale realizza lo spettacolo di danza/teatro Beresheet (בראשית, in ebraico “in principio”)-, indi la Fondazione Beresheet La Shalom, cioè “Un inizio per la Pace”.
I giovanissimi attori, di fedi e culture diverse, assumono il ruolo di ambasciatori di Entusiasmo e Vita.
Per l’impegno nel dialogo tra “diversi” ha ottenuto numerosi riconoscimenti e, nel 2005, una candidatura al Premio Nobel per la Pace; se lo avesse conseguito, sarebbe stato uno dei pochi davvero meritati!
Negli anni, insieme alla sua compagnia ha preso, e prende, parte a laboratori artistici in tutto il mondo. Questo prezioso patrimonio di esperienze è raccolto in alcuni libri, pubblicati negli anni scorsi: perle di saggezza, umorismo, cultura vissuta nel profondo [1].
Giova ricordare, poi, che il multiculturale (nel significato serio del termine: rispetto reciproco tra culture differenti) Teatro dell’Arcobaleno “ha un vasto repertorio di spettacolo di teatro-danza, ispirato ai valori del dialogo, della famiglia, della partecipazione” così precisa Angelica a proposito delle sue iniziative. E illustra: “…sono nate anche metodologie di espressione per soggetti diversamente abili, per ragazze a rischio e un programma radio settimanale -Shalom Lecha Salaam (Pace a Te, in lingua ebraica e araba)- che conduco insieme ai ragazzi in ebraico e in arabo” .
E’ sempre una grande gioia parlare con lei, magari ricorrendo all’elettronica, se non è possibile un contatto diretto [2]. Purtroppo non ci vediamo spesso; anzi una volta rischiammo perfino di litigare, a causa di una di quelle persone tanto inframmettenti, quanto scorrette, eterne amanti del proscenio,“piccine picciò” nell’animo, le quali sovente si dilettano a seminar zizzania nel prossimo, non disponendo, in definitiva, di risorse migliori.
Ma la (per fortuna potenziale) diatriba si aggiustò da sé in breve.
Educazione significa, secondo Angelica, abbattere i confini, i muri. E l’arte -a cominciare dal teatro, dalla danza, dalla musica-, in quanto linguaggio universale, costituisce valido strumento per spingere le persone a “togliere le maschere”, per usare il suo linguaggio: a destrutturare cioè i canoni classici nell’uso della maschera teatrale per renderli altro. Infatti “masks-off”, è una formula educativa, una strategia per il dialogo, uno strumento di conoscenza di sé e degli altri, di ascolto reciproco.
Ascoltare e ascoltarsi, raccomanda spesso un Amico, a me molto caro, che conosce bene il prossimo.
L’impegno a far conoscere il suo metodo confrontandosi con altri educatori, portano la mia amica a viaggiare spesso, anche in luoghi lontani, per partecipare a dibattiti, forum, congressi, workshops.
Attività che arricchisce, certo, ma oltremodo stancante.
Ma Angelica non è mai sola. Oltre al prezioso compagno di vita, Yehuda, c’è accanto a lei, da sempre, una presenza insostituibile: un Angelo, di cui non conosciamo il nome -mentre il mio, ad esempio, si chiama Uriel, cioè luce di Dio-, spiritoso, a volte un po’ indolente, simpaticissimo e con una caratteristica impagabile: parla in romanesco.
La lingua di casa, dei genitori, della prima giovinezza.
Il presente libro, Memorie di un Angelo Custode- Un manuale per chi ha perso la speranza racconta le avventure di questa insolita, stupenda coppia. Invito il lettore a leggerne le pagine: ricche di calore, umanità, sorprendenti.
Come, scelgo una vicenda a caso, “l’intrepido viaggio ad Amman” in occasione del XVIII Convegno Internazionale “Donne unite per raggiungere la pace in Medio Oriente” allorché lei, unica israeliana tra tutte le altre provenienti da Paesi arabi e dunque ostili allo Stato ebraico, riesce, grazie al coraggio, all’intelligenza e alla simpatia, a conquistare il cuore delle sue interlocutrici.
Tra le righe spicca subito l’affetto per questa vulcanica protetta da parte di lui, dell’Angelo, il quale si rende conto della propria posizione faticosa, certo, ma privilegiata perché si trova a far da scudiero ad una persona eccezionale, che si confida sovente con lui e gli chiede consigli: “Diciamo che ha consacrato la vita a trasformà in positività e bellezza tutto ciò che incontra” spiega e, prima ancora: “Ha già fatto in tempo a passà tre guere e due intifade…C’ha quattro fii maschi, tre dei quali so’ già stati arruolati nell’esercito israeliano. Eh, lo sa bene il significato e il valore de parole come speranza, coraggio, paura, terore..” .
Come in modo perspicuo sottolinea Giulio Meotti nell’intensa prefazione, Angelica (che nel testo ha lievemente cambiato il proprio nome, da Edna a Eden) rappresenta il mistero del Popolo di Israele.
Di chi -ogni giorno- è sì in lotta per la propria sopravvivenza, ma che non rinuncia alla felicità di vivere, di dare al mondo. Una lunghissima storia di conflitti, persecuzioni, stragi, dolore e paura ha unito questo Popolo rendendolo più forte: “Ci hanno indotto a creare una fonte di energia potentissima che ci fa risorgere da ogni tragedia, sopruso e disperazione”. E’ lei che ce lo rammenta.
Ci trovate di tutto in questo agile testo, un autentico manuale per mettere la Speranza al centro della vita, anche per noi -spesso carenti di entusiasmo- che viviamo a tre ore di aereo da quella terra travagliata, bellissima e amata da chi ha saputo valorizzarla col lavoro e la fede: è la storia d’amore della protagonista con Sasa, le fatiche, gl’incontri, l’immancabile ostilità degl’irriducibili, la gioia di esserci e spendersi al meglio, sempre.
Infine a Edna /Eden debbo un supplemento di gratitudine.
Si commosse e mi ringraziò di cuore quando, poco meno di un anno fa, le inviai la mia recensione al saggio di Giuseppina Manin Nei giardini della Musica, nella quale confessavo che sarei stata molto felice se lei e Claudio Abbado si fossero conosciuti perché li vedo due persone “di musica” molto simili nel profondo, in grado di intendersi perfettamente, al di là di certe, solo apparenti, differenze di carattere e temperamento; capaci entrambi di valorizzare, nelle persone incontrate, quanto di meglio c’è in loro.
Alcuni giorni dopo mi chiese l’autorizzazione a riportare nel libro che stava scrivendo, cioè questo, le mie parole. Le dissi di sì, molto onorata. E lei ha inserito il brano nel punto più indovinato di tutto il testo. Cioè subito dopo le parole di Angelo a proposito della paura che talvolta prende Eden prima di uno spettacolo, del timore di non riuscire a conquistare la fiducia dei presenti, a farli danzare. “Je manca er respiro e je pare che in testa c’ha un corto circuito, poi, appena se mettono in cerchio vedi che l’amore pe’ quello che sta’ a fa’ pia er posto dell’incertezza, mette ‘na musica, soride e guarda tutti, c’è un incrocio de sguardi che diventa un ricamo, un tessuto prezioso, un mantello leggero e tutti insieme pìeno er volo!”
Come il grande Maestro il quale, da ragazzino, sognava spesso di volare; un sogno ricorrente, confessa, realizzato da adulto grazie alla musica. La Musica dove, poco a poco, giunge quel momento, irripetibile, in cui tutti sono sullo stesso piano e gli sguardi s’incontrano; una magia che non è tanto, e solo, amicizia, ma un’intesa perfetta. La Bellezza di Dialogare, di Stare Insieme.
I momenti incantati che vivi anche Tu, Angelica carissima!
[1] Ecco i titoli: Un sì, un inizio, una speranza, Ed. Itacalibri, Milano, 2002; Giù le maschere – Il bene è in ognuno di noi, Ed. Proedi, Milano, 2005; Diario dalla Galilea – Solo in pace vincono tutti – Ed. Proedi, Milano, 2008; Una voce mi ha chiamato e sono andata … Beresheet LaShalom i primi dieci anni – Ed. Proedi, Milano, 2011.
[2] Affettuosissimo fu l’incontro in occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino, con Israele Paese ospite, di cui ho scritto un commento, leggibile su questo sito (Maggio 2008).