Giovedì 15 settembre, ore 21:00 Abbiamo il piacere e l’onore di incontrare un gruppo di musicisti di altissimo livello e molto simpatici. I KLEZROIM, considerati dalla critica tra i primi dieci gruppi klezmer a livello internazionale, festeggiano con questo concerto al Museo Ebraico di Bologna il ventennale della loro fondazione (1995).
Un impegno costante, e in crescendo, il loro: dalla riscoperta del patrimonio musicale askenazita e sefardita per sviluppare un continuo, approfondito lavoro di incontro tra diverse culture musicali -mediorientale, mediterranea, italiana- e costruire un ideale “ponte sonoro” tra musica popolare e jazz contemporaneo.
Due parole sul Klezmer, genere musicale di tradizione ebraica. Il termine nasce dalla fusione delle parole ebraiche kley e zemer, letteralmente: strumenti di canto. Nato dalla Musica del Sud Europa, in particolare in Moldavia, Bessarabia, Romania, Grecia, Turchia ed Ucraina, questo genere fonde in sé strutture melodiche, ritmiche ed espressive provenienti dalle diverse aree geografiche e culturali (Balcani, Polonia, Russia, Est Europa in genere) con cui il Popolo Ebraico è venuto in contatto.
E’ musica che accompagna gli episodi della vita quotidiana, in specie nelle comunità hassidiche, ed esprime tutti gli umani sentimenti.
Strumento principe è il Violino.
Ma vi sono pure Il Clarinetto (piccolo, soprano, alto); Il Trombone o La Tromba;
Lo Zither , cioè cetra; appartenente alla famiglia dei cordofoni.
Le corde vengono tese al di sopra di un risuonatore, come avviene per il salterio di biblica memoria. C’è una cassa armonica piatta in cui viene creata un’apertura circolare (rosone) o ellittica e una tastiera. Sulla tastiera vengono tese 5 corde e sulla cassa armonica dalle 17 alle 20 corde, a seconda dei modelli.
La Fisarmonica;
Il Cimbalom. Detto pure “salterio ungherese” è strumento a corde battute e pizzicate; le corde vengono suonate percuotendole con delle bacchette ricoperte di cotone; il suono che ne deriva è una via di mezzo tra chitarra e pianoforte.
Molti compositori moderni e contemporanei hanno utilizzato il cimbalom in numerose composizioni: Kodàly; Bartòk; Stravinskij; Debussy; Boulez; Kurtag; Stockhausen e altri.
Il Mandolino;
La Tastiera (sostituto del pianoforte, che serve alla bisogna: nel caso fossi costretto a scappare in fretta, come potresti farlo con un pianoforte tra i piedi?);
Il Sassofono (contralto, tenore);
Il Flauto;
l’Eufonio spesso, strumento musicale intonato in Si bemolle, appartenente alla famiglia degli ottoni e alla sottofamiglia dei flicorni. L’etimologia del nome eufonio viene dal greco euphonos che significa bel suono).
e il Contrabbasso.
Il Klezmer ha contribuito in modo rilevante alla formazione del jazz, allorché molti Ebrei, perseguitati in Europa, lasceranno i loro Shtetlach, i villaggi esteuropei, o le città di residenza per emigrare negli U.S.A.
I membri dell’Ensemble di stasera sono Gabriele Coen -of course!- (sax soprano, clarinetto); Andrea Pandolfo (tromba, flicorno); Pasquale Laino (sax alto e baritono); Riccardo Manzi (chitarra, bouzouki, voce); Andrea Avena (contrabbasso); Leonardo Cesari (batteria); Eva Coen (voce).
Preceduti da batteria, contrabbasso e bouzouki -a dar sapore orientale-, ecco fiati e ottone, cioè Gabriele, Andrea e Pasquale, a darci il benvenuto in veste di protagonisti della scena.
Due parole sul Bouzouki (μπουζούκι) si impongono. E’ uno strumento musicale greco, appartenente anch’esso ai cordofoni, le cui origini risalgono ad un altro antico strumento chiamato Panduro.
Ohitate, Oh Papà è il primo brano che ci coinvolge in questa atmosfera magica.
Cambiare Paese, cambiare destino…….
La voce di Eva conosce ogni sfumatura e modulazione. E’ un brano composto dal nostro Ensemble, ma forse ispirato ad una melodia antica degli Ebrei sefarditi cacciati dalla Spagna nel 1492 su decreto dei Re Cattolici Isabella e Ferdinando. “Mira querida, mira el sol de invierno, en esta tierra es una lampa sin luz. Sueña querida, sueña el tiempo pasado,en nuestra kasa la primavera es ya. Canta querida, canta la mansevez, es una vez y no torna atras”.
Facile la traduzione. Guarda, amore, guarda il sole d’inverno, in questa terra è un faro senza luce. Sogna, amore, sogna il passato, al nostro Paese è già primavera. Canta amore, canta la giovinezza, viene una volta sola e non torna mai più.
Nostalgia e rimpianto; ma l’energia vitale di Gabriele riporta la felicità.
E’ l’aurea regola della Musica tonale, come dell’esistenza: Alternanza tra Maggiore e Minore; Gioia e Tormento.
“Szal a kakas mar, majd meguirrad mar, zold erdoben, csik mezoben setal egy madar. Micsoda madar? micsoda madar? sarga a laba, kek a szarnya engem odavar….. Mikor lesz az mar? Mikor lesz az mar? akkor lesz az mar”
In questo caso una traduzione nella nostra lingua può essere utile! E canta il gallo: inizia il giorno sul prato verde della foresta, saltella un merlo…Che merlo è? Che merlo è? Con le zampe gialle e ali blu aspetta me. Aspettami sempre, se D-o mi ha creata per te tua sarò. Quando sarà? Quando sarà? Quando sarà, sarà.
Canto dolcissimo in ebraico-ungherese, molto famoso, restituito di recente alla notorietà da un gruppo ungherese, Muzsikas, che ha raccolto la testimonianza di alcuni musicisti zingari della Transilvania, che suonano questo brano in occasione dei matrimoni.
Le parole sono sottolineate da sax e tromba. Pensi agli Ebrei di Ungheria per deportare ed uccidere i quali i nazisti arrivarono perfino a ritardare le operazioni di guerra.
Ma poi la Vita ha la meglio.
Esilarante, a proposito di cerimonie nuziali, quel canto che, all’inizio è triste -lasciare la propria famiglia di origine comporta doloroso distacco-. Ma, poco a poco, la Felicità prevale; essa è dovuta all’emozione perché si realizza il sogno d’amore o non piuttosto perché (finalmente!) ci si libera della vita in casa dei genitori, giocoforza un po’ opprimente? Nella conclusione spunta una certa canzoncina, resa famosa da Charlie Chaplin.
Poi un altro brano, in giudaico-romanesco, di cui non ricordo il titolo, riportato tal quale dal gruppo. Solo strumentale: l’assolo (o almeno la prevalenza) del sassofono, aiutato dai sussurri della batteria, gli conferisce un tono di raffinatezza. E la Gioia esplode nel finale.
Intensi i canti tratti dallo spettacolo Yankele nel Ghetto, rilettura originale delle canzoni del Ghetto di Łodz [1]; ritrovate e raccolte da Gila Flam, Direttrice del Dipartimento di Musica e della Fonoteca di Stato di Gerusalemme.
Esse raccontano un’umanità cui la sofferenza non aveva tolto la capacità di beffare i potenti e gridare all’ingiustizia. Ma pure di sognare. Per esempio, nel tempo della guerra, del dolore e della morte, immaginare, così ci narra una filastrocca, che, al di fuori del ghetto, si mangino i ravanelli con la panna e non ci sia nessuna guerra.
Davvero intrigante è questa canzone popolare d’antica origine turca, “riciclata” all’inizio del ventesimo secolo in diverse versioni, quasi tutte con la medesima storia. Incantevole filo che unisce culture diverse. Nel racconto comico di un amore impossibile è adombrato il dramma dell’immigrazione e dell’incomprensione linguistica e culturale. Il testo è un mix di spagnolo, arabo, italiano, ebraico, inglese e francese e lingua “maccaronica”, cioè inventata. Una canzone popolare tra entrambe le sponde del Mediterraneo, garantisce Andrea, OK!; e, prosegue, che piace alle donne senza velo e a quelle col velo, quasi che le due situazioni fossero sullo stesso piano. Beh, insomma….Mica è un costume regionale, il velo…Transeat: qualche concessione al modaiolo politicamente corretto va fatta, a patto che si mantenga, come nel caso, entro dimensioni per così dire omeopatiche.
Il titolo è Fel sharà.
Ecco l’inizio. Fel Sharà canet betet masha (Stava camminando sulla strada) la signorina aux beaux yeux noirs (con i begli occhi neri); come la luna était la sua facia (era il suo viso) qui éclarait le boulevard (che schiariva la strada). Volevo parlar shata metni (volevo parlare con lei) because her father was à la gare (perché suo padre era alla stazione; cioè era assente) y con su umbrella darabetni (e lei mi colpì col suo ombrello) en reponse à mon bonsoir (in risposta al mio buonasera) Divertente ascoltarla tutta.
Il programma è variegato e non ci si stanca mai. Non terminerei mai di raccontare per rivivere.
Suggerisco solo due “perle”, prima della conclusione. Danza immobile, ispirata al racconto di Martin Buber. L’assolo di tromba fa da apripista per gli altri; si unisce Eva, grande interprete, il cuore pulsante del gruppo.
Non può certo mancare un omaggio agli zingari, gli Zigeuner, la prima categoria di individui non omologabili col regime nazista ad essere deportati ed uccisi. Misconosciuti nelle celebrazioni di rito.
Scintille di Shabbat finali che illuminano tutti. Applausi a scena aperta.
Scambio di affettuosi saluti con i nostri artisti che torneranno presto, ne sono sicura.
In prossimità dell’uscita incontriamo la nostra cara amica Patrizia, che non vedevamo da un pezzo; anzi dalla precedente edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica. Ci fermiamo per quattro chiacchiere su vacanze e figli; poi ci congediamo ripromettendoci di non lasciar passare altri dodici mesi!
La vediamo allontanarsi nella notte, veloce sulla sua “Vespa”.
[CONTINUA]
[1] Il ghetto di Łodz è stato il primo (30 aprile 1940) ad essere istituito dai nazisti in Polonia e l’ultimo ad essere liquidato nell’agosto 1944, dopo che la maggior parte dei prigionieri era stata deportata nei campo di sterminio.