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Newsletter dell’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Israele
“la cultura è l’arma più forte della democrazia” Amos Luzzatto
Pitigliani Kolno’a Festival 2009
Ebraismo e Israele nel Cinema
Roma 14-18 novembre 2009
Un anno di cinema e storie di una città :
i cento anni di Tel Aviv , la Città Bianca
Dal 14 al 18 novembre alla Casa del Cinema di Roma si terrà la settima edizione del Pitigliani Kolno’a Festival, la rassegna di cinema ebraico ed israeliano, diretta dal noto critico cinematografico italo-israeliano Dan Muggia e dalla giornalista Ariela Piattelli, e organizzata dal Centro Ebraico Italiano "Il Pitigliani" in collaborazione con l’Ambasciata di Israele e con il Patrocinio e il sostegno della Regione Lazio e della Provincia di Roma e del Comune di Roma.
La nuova cinematografia israeliana, cresciuta nel corso degli ultimi anni ha iniziato anche a vincere. Il successo di Valzer con Bashir di Ari Folman, in concorso al 61º Festival di Cannes e Golden Globe 2009 per il miglior film straniero, e il Leone d’Oro come miglior film alla 66a Mostra del Cinema di Venezia a Lebanon di Shmuel Maoz, ne sono la testimonianza. Il festival offrirà al pubblico la possibilità di vedere sia film di questa stagione cinematografica, particolarmente felice per il cinema israeliano, che grandi classici, pellicole storiche che mostreranno la complessità del panorama israeliano.
Anche quest’anno quattro sono le sezioni:
Nella sezione Sguardo sul nuovo cinema israeliano verranno presentati otto lungometraggi, tre documentari e due cortometraggi. Alcuni tra i film selezionati hanno già avuto grande successo di pubblico e critica, altri saranno per la prima volta in Italia grazie al PKF2009.
Dopo Beaufort di Joseph Cedar, presentato al PKF2008, quest’anno altri due film riportano lo spettatore alla prima guerra del Libano nel 1982: film che raccontano il trauma personale realmente vissuto dai registi sul campo di battaglia, elaborati nella narrazione attraverso linguaggi molto diversi tra loro. Valzer con Bashir di Ari Folman è una sorta di esperimento in cui il regista affronta la sua esperienza e i traumi vissuti con il linguaggio dei disegni animati e la forma del documentario, mentre Lebanon di Shmuel Maoz è una pellicola realista, che fotografa e racconta la situazione dei soldati in guerra, chiusi dentro un carro armato, rendendo allo spettatore l’esperienza claustrofobica e circoscritta dell’uomo che affronta le paure, le atrocità di una guerra, che poi espanderà dolori e rimorsi in tutta la sua vita. Anche Il Giardino dei Limoni di Eran Riklis è un film sul conflitto, ma tratta con un linguaggio tradizionale la guerra quotidiana di una donna palestinese, che ogni giorno deve affrontare i suoi “nemici” ovvero i vicini di casa, ma che ritrova dall’altra parte della barricata uno sguardo di comprensione e solidarietà. Seppur lontani dai campi di battaglia, i protagonisti di Jaffa di Keren Yedaya e di For My Father di Dror Zehevi, vivono anche loro la quotidianità del conflitto a Tel Aviv, nel quartiere di Giaffa. Jaffa è un melodramma in stile classico nel quale una coppia “mista” non può realizzare il proprio amore a causa delle differenze etniche. In For My Father assistiamo al realizzarsi di una tenera amicizia tra un ragazzo arabo e una ragazza ebrea, che si trovano in una situazione ai limiti del paradosso. Ci sono poi i conflitti interni, famigliari: sono quelli raccontati dai fratelli Ronit e Shlomi Elkabetz in Seven Days. Una famiglia di ebrei marocchini si ritrova insieme per la settimana di lutto. Sulla scena emergono antichi rancori e il dolore per la morte di un giovane componente della famiglia. It All Begins at Sea del veterano Eitan Green esce dai centri culturali e religiosi di Israele e porta (per la prima volta nel nostro cinema) lo spettatore ad Askelon, un piccolo centro urbano da dove proviene il regista stesso. In tre episodi Green descrive la storia di una famiglia sempre accompagnata dalla paura della morte.
Alla commedia israeliana è dedicato A Matter of Size di Sharon Mimon e Erez Tadmor, pellicola che ha avuto un grande successo in Israele, mette al centro della storia un gruppo di obesi emarginati che cercano la propria rivalsa. Emarginati sono anche i protagonisti di Guy di Ilan Jarzina e di Ve’ahavta di Chaim Elbaum, che, rispettivamente, raccontano di un kibbutzista laico “pentito” ed ora ortodosso con l’aspirazione di diventare un cantante, e un religioso omosessuale che fa i conti con la sua identità.
Infine i tre documentari presentati offrono un assaggio della produzione di questo anno. The Green Dumpster Mistery di Tal Haim Yoffe è un docu – detective in cui il regista ricostruisce la storia di una famiglia attraverso documenti e fotografie. Nella docu – fiction Nicolai e la legge del ritorno del regista David Ofek, i veri protagonisti della storia recitano il proprio personaggio e ricostruiscono la vicenda. The Beetle diYishai Orian, come il film di Ofek, è nella zona grigia tra il documentario e la fiction, e ricostruisce una storia ironica e commovente.
Nella sezione Scuole di cinema da Israele, dedicata negli anni scorsi alla Ma’alè School, scuola israeliana di cinema per ebrei ortodossi, e al dipartimento di cinema e televisione del Sapir College vicino a Sderot, è protagonista il dipartimento di cinema del “Beit Berl College”, un’officina di idee nella quale lavorano e studiano molte promesse del cinema israeliano. Sette film realizzati dagli studenti si concentrano in particolare sulla complessità del mondo dei giovani israeliani affrontando temi come l’amore, la famiglia, l’omosessualità, ma anche la morte, il divorzio, l’aborto e la solitudine.
La sezione “Percorsi ebraici” quest’anno presenta curiose storie di comunità ebraiche ai “Quattro angoli della Terra”: dalle montagne peruviane alle foreste amazzoniche per raggiungere i mercati affollati di Ho Chi Minh in Vietnam. Sono migliaia gli insediamenti ebraici nel mondo, ma molti ne ignorano completamente l’esistenza. Eppure alcuni registi israeliani sono andati alla ricerca di queste realtà con la loro macchina da presa, riportando alla luce storie straordinarie. C’è voluto un anno per Ido e Yael Zand, in Gut Shabes Vietnam, per seguire una coppia di ebrei ultra – ortodossi Chabad nei vicoli di Ho Chi Minh in Vietnam, con la missione di costituire (e redimere) una comunità ebraica nella città vietnamita. In The Valderama Sisters di Noam Demsky e Mordi Kershner sono protagoniste tre sorelle peruviane che vogliono convertirsi all’ebraismo per poi raggiungere la tanto sospirata Terra Promessa, Israele. In The Fire Within il regista Lorry Salcedo Mitrani si mette alla ricerca della presenza ebraica in Amazzonia, scoprendo la storia straordinaria degli ebrei locali assimilati, che hanno deciso di tornare alla religione e alla tradizione. Più vicina a noi è la storia raccontata da Yoram Milò in La nostra famiglia, sulle vicende delle famiglie ebraiche italiane Portaleone e Tedeschi, che intraprendono un viaggio da Roma, passando per Ferrara, Ancona e Napoli, e arrivando a coronare il loro sogno sionista in Israele. Questi film invitano a riflettere sul concetto di comunità, sul senso dell’esistenza delle comunità ebraiche in diaspora a volte in conflitto, altre in armonia, con il desiderio di vivere in Israele. Il cinema ebraico d’altra parte è spesso errante come i suoi protagonisti.
Per celebrare i cento anni della Città Bianca è prevista una sezione speciale “Tel Aviv: Storie di una città”, che comprende film classici della storia del cinema israeliano e un bel documentario. Attraverso filmati inediti d’epoca Anat Zeltser, Modi Bar-On e Gabriel Bibliowicz, che saranno ospiti del Festival, nel loro documentario Tel Aviv – Jaffo, ripercorrono un secolo della storia della città, dando voce alle immagini e ai personaggi che hanno contribuito a renderla ciò che è oggi. Con un salto negli anni ’70 il programma propone Big Eyes di Uri Zohar, in cui Tel Aviv fa da sfondo ad una storia di amicizia, ambizione e tradimento; i personaggi sembrano dar voce alle contraddizioni della città ed il bianco che avvolge i palazzi e le strade entra in contrasto con le ambiguità che nascondono i cittadini della metropoli israeliana. Ambiguità che torna nelle lunghe notti bianche di Tel Aviv anni ‘90 in Life According to Agfa, il film di Assi Dayan in cui la città diventa metafora di una stagione di cinema israeliano che sta tramontando. I personaggi del film sembrano ipnotizzati dal fascino notturno di una Tel Aviv che non dorme mai. Tel Aviv Stories di Ayelet Menahemi e Nirit Yaron racconta invece di tre donne telaviviane che vivono la metropoli, ognuna in modo diverso: c’è chi ritrova se stessa scendendo fino alle fogne di Tel Aviv, chi trova l’amore su un camion che trasporta immondizie, e chi combatte per la propria libertà a suon di colpi di pistola sulle “vette” di un grattacielo. L’imprevisto, la sorpresa e il caso: anche questo è ciò che rende Tel Aviv affascinante, il fascino che il cinema ha raccontato in questi primi cento anni della Città Bianca.
Gli ospiti del Festival insieme agli eventi (lezioni, premiere e serate speciali), arricchiranno le giornate del PKF2009, mentre i film restano il cuore pulsante della manifestazione.
INGRESSO LIBERO fino ad esaurimento posti
INFO: Il Pitigliani – Tel. e fax:+39065800539-065897756 –