Domenica 18 settembre
Oggi è la Giornata clou.
Presso il Museo Ebraico il Direttore, Vincenza Maugeri, inaugura la Mostra antologica VAIOMER IL DETTO PRENDE FORMA.
Il titolo è stato scelto in coerenza col tema della Giornata -Le Lingue Ebraiche-: fa riferimento diretto ad un VERBO nella sua forma passata: Vaiomer è il “..e disse…” di D-o, espressione presente ben dieci volte nel primo capitolo della Genesi.
“D-o disse: ‘Sia la luce’. E la luce fu……”
“D-o disse: ‘Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque’ D-o fece il firmamento e separò le acque…..”
Il “dire” del Signore coincide con il fare, con il creare, col Dare Vita. Il Detto prende Forma: Creazione e Parola -quindi Linguaggio- sono un tutt’uno.
La Cultura ebraica è anzitutto Libro, Scrittura; e dunque Interpretazione e di conseguenza (ri) Creazione.
La Mostra comprende una trentina di opere -tra pitture, sculture, disegni, collages, installazioni- di dodici artisti (ebrei e non) ognuno dei quali, secondo il proprio percorso, fornisce l’interpretazione del valore della lingua e della cultura ebraica, sia partendo da parole o espressioni chiave dai testi della Tradizione, sia prediligendo un approccio per così dire simbolico della lingua, sia utilizzando un linguaggio codificato riferito ai numeri relativi alla translitterazione ghematrica delle 22 lettere componenti l’alfabeto ebraico, le quali hanno, come si sa, un significato etico, spirituale, numerologico.
Vediamone solo alcune.
La prima è di Emanuele Luzzati (Genova, 1901 / ivi, 2007). Emanuele, com’è noto, significa D-o con noi, Immanu El. Nome significativo!
La Scuola, 1988, tecnica mista su tavola, cm. 170 X 90, è stata realizzata in occasione della Mostra, tenutasi quell’anno a Ferrara, dal titolo Le Meraviglie del Ghetto. L’esposizione fu organizzata dal Comitato Jewish Culture Program, costituitosi successivamente come Museo Ebraico di Bologna. E da lì nacque la nostra emozionante avventura.
Questo piccolo capolavoro, denso di significati -alcuni palesi, altri misteriosi, un po’ autobiografico-, fa parte del patrimonio del Museo, in quanto oggetto di donazione, come opere di altri, anch’esse qui esposte [1].
Le lettere rappresentate dall’Artista:
La prima, in alto a destra, in rosso, è ALEF (L’Unione degli Opposti): la sua forma raffigura le acque superiori e quelle inferiori; in mezzo il firmamento. Le acque superiori sono l’amore divino, quelle inferiori l’amore umano.
Riferimento biblico: Alefkha’ Hokma (così Giobbe, 33,33), che significa Ti insegnerò la sapienza, cioè la capacità di trovare significato alla vita perfino nei momenti più duri.
Il numero corrispondente è 1: l’unità, la base di ogni numero, di ogni conto. L’Unità di D-o e l’Unità del Popolo di D-o.
BETH (La Casa della Scelta)
E’ una sorta di recipiente chiuso da tre lati (Est, Sud, Ovest), ma aperto da un lato (Nord) a significare la libertà di scelta nell’essere umano, fosse anche di scegliere il male. Oppure può evocare due stati di conoscenza di D-o: essoterica (aperta) ed esoterica (chiusa)
Beth significa Casa, in senso principale la Casa dell’Universo. E’ la prima lettera della Torah, la lettera della creazione; o il lato femminile dell’anima, dà l’idea di “ricezione”, “disponibilità”.
Beth è anche la prima lettera della parola Berakhà cioè Benedizione
Il numero corrispondente è 2: l’inizio della pluralità, della creazione.
E così via……
Piero Pizzi Cannella (Rocca di Papa, in provincia di Roma; vive e lavora nella capitale) ci presenta
Gli occhi, i tuoi occhi, 2005, olio e carbone su carta, cm. 99 X 153.
Di profonda suggestione, fa parte del ciclo dedicato dall’Autore al Cantico dei Cantici; circa una ventina di opere.
La presenza della scrittura come controparte “dialettica” dell’immagine: singole parole tratte dal testo biblico sono riportate in una scrittura che si avvicina all’immagine; e l’immagine è anticipo di scrittura e gli occhi sono utilizzati come elemento di confine tra il geroglifico egizio e una sorta di punteggiatura.
Ritroviamo l’abito, gli occhi menzionati nel testo biblico e ne percepiamo subito i profumi.
Tobia Ravà [2] (Padova, 1959; vive e lavora a Mirano e Venezia) non ha bisogno di presentazioni.
Scrive: “Dal 1988 ho avviato una ricerca legata alla memoria primordiale e al momento della creazione attraverso le correnti mistiche dell’Ebraismo: dalla Kabbalah al Chassidismo, proponendo un nuovo approccio simbolico attraverso le infinite possibilità combinatorie dei numeri.
Si crea [in questo modo] un percorso simbolico costruito a rebus su piani di lettura diversi attraverso la Ghematrià, il criterio di permutazione delle lettere in uso nell’alfabeto ebraico in numeri, secondo cui ad ogni lettera corrisponde un numero, così ogni successione alfabetica può considerarsi una somma aritmetica”.
Diverse sono le opere qui esposte, tutte dense di significato.
Da
Porta rossa – oltre del 2015, resine e temere acriliche su tela, cm. 160 X120
sta a indicare la ricerca del significato che sta OLTRE le lettere e i numeri.
Significativamente la porta è affacciata su una fuga di portici bolognesi.
a
Il lento ricucire della storia –Singer, 2013, bronzo da fusione a cera persa patinato e lucidato, ferro, cm. 102 X 47 X 60
E’ la cara, evocativa macchina da cucire Singer, familiare ai meno giovani di noi.
Qui è simbolicamente trasfigurata, con quel emblematico bel “chiocciolone” .
Inoltre sono di Tobia due preziose operette, composte negli stessi materiali di quelle maggiori e racchiuse nelle vetrine: l’immagine da me scattata non è un gran che, ma assicuro che sono davvero una “chicca”
Al ripiano superiore:
Simbiosi ghematrica, del 2012, raffigura una Rana e una Farfalla
A quello inferiore
Tar Tar, 2014, due Tartarughe di dimensioni diverse, una sull’altra
Ariela Böhm (nasce, vive e lavora a Roma) ha donato al Museo nel 2015, in occasione della mostra a lei dedicata Ariela Böhm Materia: memoria e metafore
Nello studio, del 1993, in terracotta a tecnica Raku.
L’Autrice afferma: “L’appartenenza al Popolo Ebraico, quale componente essenziale della mia identità è ben rappresentata nel mio percorso artistico fino dal sua inizio. Ho scelto di attribuire alla lingua ebraica un ruolo centrale. Le opere che raffigurano i testi, la scrittura, a volte le singole parole o le armoniose lettere che compongono l’alfabeto, alludendo all’esistenza, alla storia o al carattere del Popolo Ebraico testimoniano la mia predilezione per l’uso della lingua come metafora della cultura che l’ha espressa”.
Un giovane (1981), bolognese, per di più; proiettato in una dimensione internazionale.
Rudy Cremonini ci presenta
The Capsule, 2016, olio su tela, cm. 120 X 90
La teca museale in vetro racchiude all’interno un oggetto, qui un Sefer Torah. In questo caso esso è difeso in modo davvero forte perché la teca (the Capsule) è rivestita dalla scrittura ebraica, un linguaggio che vanta millenni di storia.
In questo modo, ci dice l’Artista, tutto lo spazio, interno ed esterno, la teca stessa e ciò che essa racchiude, assumono un significato ancora più rilevante. “…la scrittura, il linguaggio, la cultura ci permettono di comprendere e interpretare l’oggetto esposto ed entrare in relazione con lui [recte, esso] e, come all’interno di una capsula, vivere in un istante diversi luoghi: il dentro, il fuori, il presente e il passato”.
Di notevole suggestione è, infine,
Sogno di Giacobbe, 2016, olio e oro zecchino su lino, cm. 180 X 190
La dobbiamo a Massimo Giannoni (nato a Empoli, vive e lavora a Firenze)
Qui è presente l’essenza della Cultura Ebraica: la Lettura, la Scrittura, la Ricerca Continua in clima di Dialogo con realtà diverse: tutte veicolate dalla biblica Scala di Giacobbe, a scalare una Biblioteca infinita.
“La cultura ebraica è, nel mio pensiero, un paziente e secolare accumularsi di memorie che si sovrappongono e dialogano tra loro. Le vedo accatastarsi negli scaffali di una biblioteca ideale dove il tempo lentamente ne sbiadisce il colore, ma ne ravviva l’essenza più segreta”.
Queste le affascinanti parole dell’Autore.
E TUTTE LE ALTRE, CHE INVITO A SCOPRIRE
La Mostra, corredata un breve, ma significativo, catalogo è visitabile fino al 6 Novembre 2016.
[CONTINUA]
[1] Presso il Museo si trovano attualmente 120 opere, la cui catalogazione sarà presto consultabile on line, grazie all’Istituto Beni Culturali .
[2] V. mio commento a Tobia Ravà, Pagine trascendentali, su questo sito, Settembre 2007.