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Titolo originale Leha’ir harayot, 2014

Trad. Ofra Bannet e Raffaella Scardi, Casa Editrice Giuntina, Firenze, Collana Israeliana, pp. 318, €.17,00

 

“Quando ha investito l’uomo, stava giusto pensando di non aver visto una luna così bella…..”

 

Ayelet Gundar Goshen è una delle voci più suggestive della nuova letteratura israeliana.

Ha esordito pubblicando con Giuntina Una notte soltanto, Markovitch, (2015), che le sono valsi, in Patria, il Premio Sapir e, in Italia, il Premio Adei Wizo “Adelina Della Pergola” [1].

Ora esce da noi, ancora con Giuntina, un originale romanzo, Svegliare i leoni.

Opera ricca di spunti, tanto che la NBC si accinge a trarne una serie televisiva.

Ecco in sintesi la vicenda, per lasciare al lettore il piacere della scoperta, pagina dopo pagina.

Brillante neurochirurgo e uomo di saldi principi morali il Dr. Eitan Green non aveva voluto assecondare gl’intrighi del suo capo, il Prof. Zakai, trovandosi, come conseguenza, trasferito da un importante ospedale di Tel Aviv al Soroka di Be’er Sheva, deserto del Neghev.

Ha una moglie, Liat, commissario di polizia, e due bambini, Itamar e Yahli.

Accade che proprio mentre si apprestava a tornare a casa dopo un turno faticoso in ospedale, complice una luna bellissima, Eitan si lascia prendere dalla velocità e investe con la sua jeep, nella solitudine del deserto, un uomo materializzatosi all’improvviso. Questi, un eritreo (o un sudanese, chissà), respira ancora quando Eitan scende dalla vettura; ma per lo sconosciuto non c’è nulla da fare.

Chiunque, conoscendone la forte tempra morale, penserebbe alla denuncia, da parte di Eitan, del fatto presso le autorità competenti.

Invece il dottore fugge, perché almeno così può salvare se stesso.

Il giorno dopo si presenta alla sua abitazione una giovane donna bellissima, con in mano un portafoglio, appartenente allo stesso Eitan.

Ella, di nome Sirkit, inserviente presso una tavola calda, non domanda danaro, ma, in cambio del suo silenzio, pretende che il medico curi di nascosto profughi eritrei clandestini ammalati sul tavolo arrugginito di un autorimessa in disuso. Da quel momento sarà lei ad avere in pugno la vita di Eitan; costretto a nascondere a tutti, a cominciare dalla moglie, l’attività, fuori della legge, che svolge per riscattarsi, in qualche modo, dalla colpa di aver investito, poi abbandonato, un uomo e di non aver denunciato ciò che era successo alle competenti autorità.

Sirkit è una ricattatrice; e suo marito, Assum, al di là di tutto, non era certo uno stinco di santo poiché, tra l’altro, era aduso a picchiare la moglie. Ella affianca il dottore ogni notte come infermiera, studia le sue mosse, diventa, in qualche modo padrona della vita di lui. Ed Eitan è costretto nascondere a tutti -famiglia, amici, colleghi di ospedale- la sua nuova vita nascosta, da clandestino a sua volta. Arriva a perfino a rubare all’ospedale medicinali e piccole attrezzature.

Il protagonista si trova ad attraversare territori sconosciuti dell’animo umano, grazie alla donna, la quale, a sua volta, aveva dovuto attraversare deserti e sopportare sofferenze indicibili.

L’uomo viene così, suo malgrado, a conoscere una realtà che non sapeva nemmeno esistesse, a “svegliare i leoni” (che sono in lui e all’esterno), come dice il titolo.

La vita della sua famiglia ne è evitabilmente condizionata; la fiducia di moglie e colleghi via via crolla, di fronte alle bugie, alle assenze, ai ritardi, alle inevitabili distrazioni.

Il fatto poi che Liat non creda alla versione ufficiale che aveva attribuito la responsabilità dell’uccisione ad un beduino, rende ancora più incalzante ed affascinante il ritmo del racconto.

Peraltro ella pare non voler (vedere) ciò che sta davvero accadendo al marito.

Sorge inevitabile una domanda: Eitan si sarebbe comportato allo stesso modo se, al posto di un immigrato africano, si fosse trovato di fronte ad un connazionale, al limite uno di quei personaggi border line di cui ci parla David Grossmann nel suo stupendo Qualcuno con cui correre (2000)?

Il dubbio è lecito e l’Autrice non prende posizione, evitando, almeno nel testo, l’inevitabile melassa retorica propinata allorché si tenta di affrontare i difficili problemi concernenti l’immigrazione.

Romanzo molto originale, imprevedibile fino alla fine, ci racconta quanto l’animo umano abbia mille sfaccettature: Eitan è chirurgo assai scrupoloso, ma di fronte ad una situazione estrema, sceglie la strada all’apparenza più comoda. All’apparenza.

Liat è poliziotta di tutto rispetto; ma pare rifiutare un esame serio della realtà che va in frantumi attorno a lei.

“Ha ringraziato il cielo per gli assassinii, i furti e le indagini che permettono di tuffarsi nei segreti altrui, invece che indagare sui propri”, riflette la donna.

Quando davvero se la vede brutta, quasi a voler essere rassicurata, scappa a casa di sua madre. Ma non ama vedere -valle a dar torto!- e rivedere le immagini fotografiche della sua infanzia, che la madre stessa le mostra, quasi ottemperando ad un dovere d’ufficio.

E Sirkit? E’ figura a tutto tondo, grande e terribile, come una divinità ancestrale; inevitabile che Eitan subisca il suo fascino. Caratterizzata da grande dignità: il marito, costretto a divenire da pescatore a corriere della droga, la maltrattava, come sappiamo, senza che ella si ribellasse; ma, in compenso, è abituata con disinvoltura a mercanteggiare l’opera del dottore coi poveri derelitti, cui dà una speranza (a volte un’illusione) di vita.

Il romanzo, ricco di colpi di scena, si avvale di una prosa piena di sfumature, grazie pure all’opera della validissima coppia di traduttrici Ofra Bannet e Raffaella Scardi; molto adatte per questo tipo di storie con un profondo risvolto psicologico.

Dalla lettura si evince facilmente come l’Autrice sia laureata in Psicologia clinica (presso l’Università di Tel Aviv) e attivista per i diritti umani.

E’ un’indagine sul nostro animo, sulle mille grandezze e miserie che incontriamo ogni giorno.

Sul tentativo di rendere questo mondo un luogo vivibile. “Dimenticarsi che sia mai esistito un altro senso. Che un altro senso è possibile”.

[1] V. mia recensione su questo sito, Giugno 2015.