(Titolo originale Ad Ktze Ha-Moshav: Fino al limite del villaggio)
Trad. Ofra Bannet e Raffaella Scardi, Salani Editore, Marzo 2010, pp. 112
“Johnni si rammaricò che Ilan fosse un uomo e che non gli si potesse spiegare in tutta semplicità l’importanza della cosa. Ne era spesso dispiaciuto, Johnni…”
Felici coincidenze. Una dozzina di giorni or sono il sito web InfiniteStorie.it, che segnala le novità librarie, suddivise per argomenti, mi ha indicato, alla voce “Libri per ragazzi”, il romanzo In fondo alla strada; autore un’israeliana, Amalia Rosenblum. Due motivazioni mi hanno indotto a leggerlo subito: la prima concerne le due traduttrici dall’ebraico alla nostra lingua, Ofra Bannet e Raffaella Scardi. Madre e figlia, grazie al loro impegno -in singolo, per così dire, o in tandem- importanti nomi della letteratura israeliana sono conosciuti ed apprezzati in Italia: pensiamo a classici come Aharon Appelfeld, o a nomi quali Ron Leshem o Alon Altaras. O magari a personaggi fino a poco tempo fa lontani dalla letteratura, ma che, ad un certo punto, hanno inteso sfidare se stessi in un terreno inesplorato: Zvi Yanai, celebre divulgatore scientifico israeliano nato nel nostro Paese, per esempio, racconta il mistero chiave della sua vita in Il fratello perduto (o Schelchà, Sandro – Tuo, Sandro), originalissimo mémoir sulle vicissitudini di una famiglia ebrea del XX secolo.
In occasione dell’uscita da noi di tale opera, al Salone del Libro di Torino nel maggio 2008, ebbi modo di conoscere, insieme con Zvi, Raffaella Scardi, con la quale sono rimasta in corrispondenza.
La seconda motivazione è il grande amore che, da sempre, nutro per gli animali e, in particolare, per i cani. Gli interpreti di In fondo alla strada sono un gruppo di cani, attorniati da gatti, cinghiali, volpi, iene, sciacalli, uccelli vari, ecc. Animali domestici e animali selvatici, in un insolito connubio.
Amalia Rosenblum (1974), statunitense di nascita, cresciuta tra Tel Aviv e New York, è scrittrice, giornalista e sceneggiatrice. Docente al College of Management di Tel Aviv, collabora con diversi periodici israeliani, soprattutto in qualità di critica letteraria.
Come tanti altri Autori del suo Paese, ella si cimenta con un genere letterario, i libri per l’infanzia, in grado di catturare spesso l’attenzione degli adulti.
In fondo alla strada, uscito in Israele nel 2006 con l’editore Keter di Gerusalemme (lo stesso che due anni prima ne aveva pubblicato la prima opera, E ogni cosa pare possibile), ci racconta una storia di amore, amicizia, dolore, solidarietà.
In fondo alla strada, uscito in Israele nel 2006 con l’editore Keter di Gerusalemme (lo stesso che due anni prima ne aveva pubblicato la prima opera, E ogni cosa pare possibile), ci racconta una storia di amore, amicizia, dolore, solidarietà.
La vicenda si svolge in una serena cittadina di campagna all’interno di Israele, dove gli esseri umani fanno da sfondo, mentre in primo piano ci sono gli animali.
Il protagonista è Johnni, figlio di “un Cane Lupo Cecoslovacco e di una cagna che a sua volta era un misto fra un Pastore tedesco e un qualche tipo di Terrier”.
Egli vive con Ilan, un uomo ancor giovane, scapolo, in costante ricerca dell’anima gemella, consapevole che questi sono gli ultimi anni…buoni.
Amico per la pelle di Johnni è Arthur, un Golden Retriever dal mantello dorato, un po’ più grande per età, il Fratello Maggiore che chiunque sogna. I due sono inseparabili; anzi una volta erano perfino finiti sul quotidiano locale, con tanto di fotografia e articolo esplicativo, poiché, in occasione di una delle tante scorribande, avevano scoperto un prezioso mosaico di epoca romana.
Un brutto giorno però la famiglia con cui Arthur vive ha la pessima idea di trasferirsi dall’idilliaca campagna in quel luogo confuso e malsano chiamato città.
Il dolore dei due amici è cocente. Invano Johnni tenta di trattenerlo escogitando piani fantasiosi, con l’aiuto delle volpi: Arthur, sia pure con profondo malincuore, decide di partire poiché il richiamo della famiglia e, in particolare del padroncino Michael, è troppo forte.
Johnni è tristissimo e invano gli altri cani si danno da fare per consolarlo.
Ci sono: Golda (!), matura e saggia -magari un po’ saccente- collie, autorità morale della compagnia, che pare saper sempre tutto;
Betty, la cockerina incinta, Forza e Coraggio, i due meticci da stalla, l’uno cieco e l’altro sordo; per completare il tutto, come sappiamo, non mancano i gatti, pur considerati dai cani una presenza un po’ disdicevole (sentimento ricambiato da questi ultimi, immagino); senza dimenticare Zoba, il mite cinghiale.
Nel paese giunge ben presto un nuovo personaggio, al quale, come sovente capita, gli altri ostentano di non prestare attenzione, ma che tien banco nelle loro chiacchiere, poiché suscita un misto di curiosità e diffidenza.
Il neo arrivato è un Labrador marrone, chiamato Cacao: un nome banalissimo e scontato, indice dell’irrimediabile scarsa fantasia delle persone; qualità, questa, di cui, al contrario, gli animali e, in particolare i cani, sono ricchissimi. Insieme a lui c’è una giovane coppia in attesa di un bambino, Amos e Miri.
Grazie al proprio spirito di iniziativa e capacità di adattamento, nonché alla ritrovata gioia di vivere di Johnni, pian piano Cacao si inserisce bene nel gruppo; con il “Cane Lupo Cecoslovacco” nasce una bellissima amicizia (anche se Arthur resterà sempre un “mito”, come tutti i primi amori), che vedrà i due come protagonisti di fantastiche avventure, dominate dal coraggio, mescolato a volte ad una discreta dose di incoscienza. Ma rischiare, anche pagandone un salato prezzo, non è forse parte integrante dell’esperienza umana, pardon canina?
Può capitare, poi, che una difficile circostanza riveli la natura solidale di qualcuno, giudicato in modo severo fino a poco prima: come la Pittbull Germana, bersaglio della generale ostilità perché al servizio dei bracconieri -pericolosi individui, vivente insulto al buon senso, oltre che alla kasherut, beninteso-, la quale, in una vicenda difficile, riuscirà a riscattarsi e a rivelare il suo vero temperamento.
Il romanzo è ricco di fini annotazioni psicologiche sul carattere di esseri umani e animali, sulla linearità dei secondi e sulle contraddizioni e strane abitudini dei primi; come, ad esempio, quell’assurda consuetudine di misurare il tempo suddividendolo secondo criteri uno più strambo dell’altro, anziché osservare i mutamenti, ben più oggettivi ed affidabili, della natura che ci circonda.
L’Autrice non scade mai nel patetico o nel banale, non tenta di ridicolizzare i suoi personaggi umanizzandoli: dalle sue pagine si intuisce che gli animali non comunicano vicendevolmente tra loro o con gli uomini parlando, come accade nei cartoons, bensì attraverso un particolare linguaggio, non comprensibile da chi non è in grado, o non vuole, mettersi in sintonia.
Vincitore del Ze’ev Prize for Children’s Literature nel 2007, questo libro sa rallegrare e commuovere il lettore: lo consiglio a chi desidera trascorrere qualche ora in compagnia di questi nostri impareggiabili amici, dei quali spesso conosciamo poco il cuore tenero e generoso.