25 APRILE 2010, DOMENICA
Anche oggi ci dà il buongiorno la luce di Gerusalemme, davvero unica, specie nelle ore preziose del primo mattino.
Alcune note di carattere demografico: la popolazione di Gerusalemme, che nel 2006 ammontava a 720.000 persone, di cui 480.000 ebrei (67%) e 240.00 arabi (33%), è destinata a crescere nei prossimi decenni, anche se meno rapidamente rispetto al boom degli anni 70 e 80 del XX secolo [1] .
Lasciamo il centro città, dando un’occhiata, dai finestrini del bus, all’Hotel Mamilla, situato nell’omonimo elegante quartiere, presso il quale trascorrere una notte comporta l’esborso di ben 780 dollari!
Attraversiamo quella che, prima della Guerra dei Sei Giorni, era la zona di confine passando davanti al Pontificio Istituto Notre Dame di Gerusalemme (dove Mauro ed io alloggiammo alcune notti nel 1996).
Oltrepassiamo ben presto la Porta di Mandelbaum, che fu, tra il 1949 e il 1967, l’unico passaggio tra i due settori della città.
Voilà la situazione sulla carta
e la gioia attonita della gente, ritratta proprio in questo luogo dopo la (ri)conquista della città nel Giugno 1967.
Attraversiamo il villaggio -ora a maggioranza araba- di Sheikh Jarrah.
A questo proposito occorre una precisazione di carattere storico. Quello che ora si chiama Sheikh Jarrah, nell’800 era una zona formata da due quartieri ebraici conosciuti come Nahalat Shimon (costruito da sefarditi e yemeniti nel 1891) e Shimon Ha-Tzadiq (in onore di Simone il Giusto, personaggio vissuto nel IV secolo e.v., acquistato da Ebrei nel 1876). Tutto il quartiere era, e restò, a maggioranza ebraica fino all’aprile 1948. Era un ambiente cosmopolita, comprendente una cattedrale anglicana; alcune ville -risalenti alla fine del 1800- di proprietà di importanti famiglie arabe gerosolimitane; un’antica moschea; un sito con tombe di noti personaggi ebrei, acquistato da una famiglia correligionaria e dato al governo francese nel 1800, anche se la derivazione del nome è controversa, lo vedremo più avanti: si tratta della Collina Francese, French Hill, oggetto, durante la cosiddetta Seconda Intifadah, di alcuni tremendi attentati terroristici; nonché il complesso dell’American Colony, col celebre Hotel.
Nel dicembre 1947, durante i combattimenti tra arabi ed ebrei a Gerusalemme, i membri delle famiglie musulmane più rilevanti chiesero ai combattenti arabi -che stavano fuori città- di lasciare in pace il loro quartiere e gli ebrei che vi abitavano. Ma, nel marzo 1948, i membri di un’unità di guerriglia denominata “al Shahab” (la Gioventù) invase la zona, incendiò le sinagoghe, devastò in lungo e in largo e costrinse gli abitanti ebrei alla fuga. Nell’aprile 1948, poi, durante il periodo pasquale, fu perpetrato qui il massacro -con bombe a mano e fucili mitragliatori- del convoglio sanitario Hadassah (partito dalla città, diretto all’omonimo Ospedale, trasportava studenti, medici, infermieri e pazienti), costato la vita a circa 80 persone, tra le quali Anna Di Gioacchino, sopravvissuta alla Shoah, madre di David Cassuto, futuro illustre architetto e Vicesindaco di Gerusalemme, e il Prof. Enzo Bonaventura, celebrato psicanalista [2] .
Da rilevare, purtroppo, come le autorità britanniche nulla fecero per facilitare i soccorsi, anzi addirittura li boicottarono. Riporto un’immagine dell’attentato, tratto dal sito: www.liberaliperisraele.ilcannocchiale.it
Ci fermiamo davanti alla lapide che commemora il tragico episodio.
Ma, come ben sappiamo, Sheikh Jarrah non fu l’unico quartiere ebraico di “Gerusalemme est” a essere distrutto nel 1948. Sorte analoga toccò a Silwan (vi passeremo), dove nel 1882 si erano stabiliti ebrei yemeniti, occupato insieme al Quartiere Ebraico della Città Vecchia e poi distrutto.
La zona est passò sotto occupazione giordana, il che comportò largo afflusso di popolazione araba e musulmana da luoghi vicini: i cristiani passarono da 30.000 fedeli prima del 1948 a circa 11.000 nel 1967. Da notare il rilevante ruolo dell’ONU -per l’esattezza dell’UNWRA, l’agenzia costituita ad hoc nel 1949 per i profughi palestinesi, tuttora ben attiva- nell’insediare detti profughi nella zona est della città.
Furono consegnate a famiglie arabe le case di Sheikh Jarrah di proprietà della comunità ebraica, senza che i membri di questa fossero consultati; senza indennizzo alcuno e senza che nessuno, in seno all’ONU, sempre così rapido a condannare Israele per i suoi veri o presunti misfatti, dicesse una parola. Né gli Ebrei furono consultati quando le loro antiche tombe sul Monte degli Ulivi -a far tempo dal 1956- furono distrutte e le lastre tombali usate in gran parte per lastricare strade. Questi furono, come rileva un istruttivo articolo sulla Jerusalem Post[3], gli “anni perduti della città”, ignorati, in modo per lo più interessato, da studiosi ed attivisti, che andrebbero conosciuti, poiché è da quegli anni che traggono origine tante dispute su Gerusalemme (costruire / non costruire e via di questo passo). Anzi una notevole parte del contenzioso forse non sarebbe nemmeno sorto se questo scomodo periodo fosse (stato) studiato senza i consueti, radicati pregiudizi e con un minimo di onestà intellettuale.
Angela ci indica un Cimitero di guerra britannico, consacrato a militari inglesi caduti durante la Prima Guerra Mondiale, e subito dopo i bellissimi impianti sportivi e le attrezzature ricettive della Hebrew University di Monte Scopus. La storia di questa rilevante istituzione, di prestigio mondiale, inizia nel 1918 con l’acquisizione del terreno di Gray Hill sulla cima del Monte Scopus e con la posa della prima pietra per la futura università. Il campus fu progettato dall’Arch. P. Geddes, che ne seguì pure le prime fasi della realizzazione.
L’1 aprile 1925 l’Università Ebraica di Gerusalemme fu inaugurata con una cerimonia cui parteciparono, fra gli altri, il “Padre fondatore”, Chaim Weizmann, esponenti illustri del mondo accademico e comunitario, nonché personalità britanniche quali come Lord Balfour, il visconte Allenby e Sir Herbert Samuel. Del Consiglio d’amministrazione dell’Università fecero parte persone quali Martin Buber, Sigmund Freud, Albert Einstein (che donò alla stessa tutto il suo archivio), oltre allo stesso Weizmann. Le prime lauree furono assegnate nel 1931.
Oggetto di ripetuti attacchi durante la guerra del 1948, come l’attentato di cui sopra, essa fu tagliata fuori dalla madrepatria e divenne una enclave israeliana (mai conquistata dal nemico) in territorio giordano.
A seguito degli accordi armistiziali del 1949 fu istituito una sorta di “corridoio di rispetto” per salvaguardare detta enclave. Era stato costituito analogo “corridoio” verso il Kotel per le preghiere degli Ebrei, ma ciò restò lettera morta perché la controparte non stette ai patti e agli Ebrei fu interdetto, per un ventennio, l’accesso al “Muro”. E’ opportuno ricordarlo.
Ad ogni buon conto fu fondato, a seguire il primo situato a Monte Scopus -che era stato progettato dall’illustre architetto Eric Mendelssohn-, un secondo ospedale Hadassah (entrambi chiamati così dall’omonima Organizzazione Sionista femminile americana, forte promotrice dell’Università) a Ein Kerem, finché, dopo la Guerra dei Sei Giorni, Città e Università si riunirono [4].
In un luogo in cui si celebrano la Gioia, la Pace, lo Studio, la Convivenza tra le Genti, c’è pure lo sfregio di quanto possa l’Odio distruttore. La memoria di un altro massacro, perpetrato dalle stessi menti omicide (le sigle contano poco…), 54 anni dopo quello del 13 aprile 1948: Hamas colpisce all’interno della Cafeteria Frank Sinatra, il 30 luglio 2002 in un caldo primo pomeriggio estivo. Nove morti e moltissimi feriti.
Nella foto, sulla sinistra, l’Albero della Vita inclinato, ma non abbattuto (almeno questa è la mia interpretazione) [5] .
Il Monte Scopus versione greca del termine ebraico Ha Tzofim “Guardare con attenzione”, fu chiamato così dai sionisti, i qualiguardavano al futuro e non al passato, rappresentato nelle tombe ebraiche poste sul Monte degli Ulivi, di cui lo Scopus è la parte nord.
Giungiamo poco dopo ad un vasto belvedere affacciato su Gerusalemme. Lo spettacolo è davvero mozzafiato….È sufficiente compiere un breve giro all’intorno per scorgere, lì ad un passo, il deserto di Giudea. “Gerusalemme è una città portuale che ha per mare il deserto; basta salire sul Monte degli Ulivi per accorgersene” così lo scrittore israeliano Meir Shalev.
Sotto di noi l’antica necropoli ebraica, in uso dall’epoca dei Re di Giudea fino ad oggi.
Sappiamo che il luogo servì da sepoltura anche quando gli Ebrei non potevano risiedere a Gerusalemme: capitava che, pur vivendo altrove, molti di essi chiedessero di essere inumati nella Città dei Padri; e ciò capitava anche quando il sionismo, come realtà politica, era lontano.
Dal 1967 si è ripreso a seppellire qui; ciò perché, secondo la tradizione ebraica, il Messia arriverà da questa direzione. Negli anni dal 1948 al 1967 gran parte del cimitero (antico di circa 3000 anni) fu devastata e le pietre utilizzate anche per costruire le latrine di un villaggio vicino.
Tutti insieme, con la nostra preziosa Guida, osserviamo le principali istituzioni visibili da qui: l’Ospedale Augusta Victoria, relativamente vicino in linea d’aria, fatto costruire dal Kaiser Guglielmo II in memoria della prima moglie e dedicato all’assistenza dei profughi palestinesi, la Sede della Nunziatura Apostolica, l’Università Mormone, la Chiesa russo ortodossa e il Monastero femminile di S. Maria Maddalena….
Vediamo pure la stupenda opera di rimboschimento di queste colline, un tempo brulle -basta guardare le foto di alcuni decenni fa, per un confronto-, effettuata dagli israeliani utilizzando tecnologie esportate perfino in Paesi con cui lo Stato non ha relazioni diplomatiche.
Una carrellata sulla storia della città e di Re David [6] .
Intorno a circa il 2000 a.C. (epoca di Abramo) è documentata, dal punto di vista archeologico, la presenza di una cittadina, posta a sud (di Gerusalemme). Forse ad essa si riferisce l’episodio, narrato da Genesi (14: 18-24), in cui Melkisedek, re di Salem, offre pane e vino ad Abramo, reduce da una spedizione contro i re cananei. Nel 1200/1000 detto centro è una sorta di enclave gebusea (una tribù di origine cananea), difesa da robuste mura, in un territorio ormai pressoché tutto ebraico. L’antica città dei Gebusei occupava la collina dell’Ophel (“tumulo”, “mucchio”, a motivo della natura rocciosa) sul monte Sion tra le vallate del torrente Cedron (a Est) e del Tyropeon (a Ovest); era dominata a nord dalla sommità sulla quale Re David eleverà un altare e suo figlio Salomone il Tempio. Nel 1006 David conquista la fortezza (cfr. 2 Samuele, 5) con uno stratagemma: il suo capo di stato maggiore, Ioab, riesce a introdursi nel canale che dalla rocca portava alla sorgente posta nella sottostante valle del Cedron e che riforniva di acqua la città [7] .
David, regnante a Hebron da sette anni, incorona la città capitale del proprio regno, la costituisce come centro del culto facendovi portare l’Arca dell’Alleanza; il figlio Salomone farà erigere il (Primo) Tempio.
Non abbiamo il tempo di recarci al Parco Archeologico sulla collina di Ophel i cui scavi iniziarono attorno al 1850 e sono ancora in corso; ma ne varrebbe la pena in occasione di una prossima visita [8] .
Mentre il bus, viaggiando ad una calma “andatura turistica”, scende dalla collina, Angela, con il caratteristico linguaggio, a noi ben noto, semplice e colto al tempo stesso, ci intrattiene sulla storia della Città, dei luoghi circostanti, parlandoci della sensibilità cultural-religiosa ebraica, la quale, a seguito della distruzione del Secondo Tempio nel 70 e.v. ad opera dei Romani, è chiamata dalla santificazione dello “Spazio” alla santificazione del “Tempo”, in primo luogo con la scansione data dalle Festività.
Non manca la Valle della Geenna, una piccola gola scavata dal torrente (presente solo periodicamente) Hinnom, sul lato sud del monte Sion; il suo nome deriva dall’ebraico ghe-hinom, cioè Valle dell’Hinnom. E’ citata a più riprese sia nella Bibbia ebraica che nei Vangeli come luogo di dannazione. Probabilmente, in tempi molto antichi, vi venivano compiuti sacrifici umani.
Giungiamo in un luogo di forte intensità, il Giardino (o Orto) del Getsemani (termine aramaico che significa: Frantoio per olive). Qui siconsumarono gli ultimi momenti della vita di Gesù prima del suo arresto. Il luogo è sempre stato, fin dalle origini del Cristianesimo, un’importante meta di pellegrinaggio. Nel 333 d.C. fu visitato da un Anonimo devoto proveniente da Bordeaux, che lo descrive nel suo Itinerarium Burdigalense, mentre Eusebio di Cesarea, nell’Onomasticon,nomina il luogo del Getsemani, “ai piedi del Monte degli Ulivi” ed aggiunge che “i fedeli sono soliti ad andare là a pregare”. Una comunità francescana acquistò il luogo nel 1681 e successivamente vi creò un giardino. La suggestione è grande tra queste antiche piante, simbolo di vita che si rinnova.
Gesù, dopo aver celebrato la Pasqua con i discepoli, cantati i Salmi dell’Hillel pasquale, scende i gradini di una scala -ancora oggi presente nei suoi tratti principali- la quale portava dalla città al Cedron e giunge in questo podere. Il traditore è già pronto, nell’ombra.
Rieleggiamo, tratta da Matteo, la pagina evangelica intrisa della tragica, solitaria sofferenza in cui chiunque si riconosce durante le dure prove della vita: “…..E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: ‘La mia anima è triste fino alla morte, restate qui e vegliate con me’. E avanzatosi un poco…pregava dicendo: ‘Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!’ Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: ‘Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me? Vegliate e pregate per non cadere in tentazione…..’ E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: ‘Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà’…..” (Mt.: 26, 37-42).
E Luca: “In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra…” (Lc.: 22, 44).
Tre basiliche si sono succedute qua. La prima risale al secolo IV -imperatore Teodosio- e fu distrutta dai persiani nel secolo VII (gli scavi effettuati all’inizio del 1900 ne portarono alla luce i resti); la seconda fu innalzata nel periodo crociato -secolo XII-; la terza, detta la Basilica dell’Agonia, è opera dell’Architetto italiano Antonio Barluzzi (1919/24), lo stesso che ha costruito la Chiesa posta sul Monte delle Beatitudini. La facciata della chiesa si trova in cima ad una breve scalinata ed è contrassegnata da una serie di colonne che sorreggono i tre grandi archi delimitanti l’atrio; inserito nel timpano un imponente mosaico raffigurante Cristo quale mediatore tra D-o e il popolo. Nell’interno un grande presbiterio e il catino absidale decorato anch’esso a mosaico col tema dell’agonia di Cristo. Ai piedi dell’altare maggiore, protetta da una cancellata, una porzione della roccia che la tradizione ritiene il luogo dove Gesù pregò prima della sua cattura.
Sul pavimento, protette da vetri, alcune interessanti tracce del pavimento musivo proveniente dall’originaria basilica bizantina.
Il soffitto porta come motivo dominante tante cupolette, nell’interno delle quali sono rappresentati i simboli delle nazioni che contribuirono alla costruzione dell’edificio, il quale, per questo motivo, è conosciuto anche come Chiesa di tutte le Nazioni.
Poco lontana c’è la basilica (greco-ortodossa) sorta sull’ipotetico sepolcro di Maria, chiamata col termine, più rispondente alla dottrina delle chiese cattolica e ortodossa, Basilica dell’Assunzione.
Questo edificio religioso non va confuso con la splendida Chiesa ed Abbazia della Dormizione, (non lontana dal famoso Cenacolo), posta sul luogo chiamato Monte Sion. Di proprietà dei benedettini tedeschi, fu edificata, per iniziativa del Kaiser, dove, secondo la tradizione, Maria morì o “cadde nel sonno eterno” (infatti il nome latino è Dormitio Sanctae Mariae).
Tra parentesi, proprio sul monte Sion è sepolto Oskar Schindler, forse il più celebre dei “Giusti tra le Nazioni”.
Oltrepassiamo un sobborgo arabo, dall’aria efficiente ed operosa, con la segnaletica in doppia lingua, arabo ed ebraico (elemento insolito, a dir la verità….); vi sono alcune officine meccaniche di riparazione in cui il rapporto qualità del lavoro / prezzi praticati, ci riferisce Angela per esperienza, è davvero conveniente.
Attraversiamo tutta la città. Un rapido sguardo a Gan Ha’atzmaut, il Parco dell’Indipendenza, il grande parco pubblico, dove i cittadini di Gerusalemme fanno jogging quando hanno un po’ di tempo libero. L’erba si coniuga con la pietra, il pino con l’ulivo, la quercia col carrubo. E non mancano sculture moderne di grande effetto. Negli anni in cui Teddy Kollek fu Sindaco (1965-1993), i giardini e le piazze della città furono arricchiti da decine di opere d’arte, anzitutto sculture, dei più importanti artisti internazionali [9] .
Ci rendiamo conto che Gerusalemme è una vera metropoli, con vaste distanze, peraltro percorse in pochi minuti: il traffico oggi è scorrevole.
Sulla nostra strada, a poca distanza, lo Shaare Tsedek Medical Center, struttura ospedaliera altamente qualificata, affiliata all’Università.
Spontaneo rivolgere un Ricordo affettuoso al Responsabile del Servizio di Pronto Soccorso dell’Ospedale, il Dr. David Appelbaum (51 anni), vittima di un attentato terroristico (nove uccisi, compresa la ventiduenne guardia giurata che eroicamente tentò invano di fermare l’attentatore, oltre a un numero notevole di feriti), compiuto dal solito vile Hamas la mattina del 9 settembre 2003 presso il Caffè Hillel in zona ovest, mentre il Dottore vi si stava intrattenendo con la figlia ventenne Nava, anch’ella rimasta uccisa.
David, professionista stimatissimo, cui tanti cittadini di Gerusalemme – senza distinzioni, va da sé, di etnia, fede o altro- devono la vita, uomo profondamente religioso (pure rabbino), era appena ritornato dagli USA -suo Paese d’origine- dove aveva portato, ad una conferenza di medici e uomini d’affari, la propria preziosa esperienza medica, il suo modello di soccorso e cura sugli incidenti di massa.
Nava, piena di vita come il padre, si dedicava all’assistenza dei ragazzi ammalati di cancro. Era da poco ritornata da un viaggio in Olanda in compagnia dei suoi piccoli amici, che l’amavano molto.
Si sarebbe sposata di lì a un giorno. Il fidanzato, il quale condivideva i suoi ideali, ha voluto che fosse sepolta con la fede nuziale: “Per me sarà sempre mia moglie”.
Padre e Figlia strappati alla vita nei momenti più sacri di gioia familiare [10] .
Superiamo il Monte Herzl, con il Cimitero, che spero di poter visitare con calma, prima o poi.
[1] Sergio DELLA PERGOLA, Israele e Palestina: la forza dei numeri. Il conflitto mediorientale fra demografia e politica, il Mulino, Collana Contemporanea, Bologna, 2007, pp. 252; la citazione è a p. 204.
[2] V. il mio Diario di Viaggio 2009, alle pagine iniziali su Gerusalemme.
[3] Seth FRANTZMAN, Gli anni perduti di Gerusalemme est, in Jerusalem Post dell’1.9.2009; fonte: www.israele.net del Settembre 2009.
[4] Per conoscere meglio l’Università, la sua storia, i suoi prestigiosi istituti (l’Ospedale, ad esempio, occupa il settimo posto al mondo nell’ambito della salute pubblica) v. sia www.israele.net, sia il sito web della stessa http://www.huji.ac.il,
[5] Segnalo, a titolo di esempio, due romanzi aventi come sfondo Gerusalemme negli anni terribili della “seconda Intifadah”. Il primo è Abraham B. YEHOSHUA, Il responsabile delle risorse umane, Einaudi, Torino, 2004, pp. 258; titolo originale Shlichutò shel hamemuné al mashabei enosh, Hakibbutz Hameuchad, Tel Aviv, 2004, del quale è stata tratta di recente la versione cinematografica. L’opera presentata, tra l’altro, a Bologna il 29 ottobre 2004 dallo stesso Autore, insieme con Umberto Eco, alla presenza di un folto pubblico, è dedicata alla memoria di Dafna Spruch, amica dei coniugi Yehoshua, uccisa nell’attentato all’Università del luglio 2002. Il secondo è Shifra HORN, Inno alla gioia, Fazi Editore, Roma, 2005, pp. 329; titolo originale Himmon la-simhah, 2004: racconto emozionante con protagonista una giovane donna scampata per miracolo ad un grave attentato terroristico.
[6]Per non appesantire il testo, e scoraggiare così i lettori anche più volonterosi, ho limitato le notizie storiche all’essenziale: d’altronde questo è un Diario di viaggio, non una “Guida” né tanto meno un testo storico. Per chi volesse avere sottocchio una sintesi chiara sulla storia della città, dalle origini fino alla soglia dei nostri giorni, può consultare, tra gli altri, il sito web www.spaziojml.it dove è leggibile una breve storia di Gerusalemme, scritta da Paola Dalli, che raccomando.
[7] Per sintetiche, chiare notizie di carattere storico-archeologico, in specie per la parte cristiana, v. pure, Gianfranco RAVASI, La Terra Promessa, Edizioni Dehoniane Bologna, 1987, passim .
[8] Per prepararsi a conoscere l’antica Gerusalemme, la Città di Davide, Ir David, e la continuità Passato/Presente v. l’interessante sito web www.cityofdavid.org.il , dove, tra l’altro, come sottofondo musicale, si può ascoltare dalla voce di Aviv Geffen la bellissima, omonima canzone, Ir David.
[9] Segnalo ancora, su Gerusalemme, il bel volume che Angela Polacco ci dette l’anno scorso, in occasione del nostro viaggio: Gerusalemme 360°, Hever Editions, Ivrea (su licenza di Priuli & Verlucca Editori, Scarmagno, TO), 2008.
[10] Giulio MEOTTI, Non smetteremo di danzare, Lindau, Torino, 2009, pp. 352; l’A. scrive sul Dr. Appelbaum alle pp. 92-96.