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29 LUGLIO, SABATO

Mattinata di saluti e qualche considerazione finale su queste giornate così intense e formative. Osservazioni volanti e spunti di discussione per ulteriori incontri, espressi con frasi sintetiche.

– Il concetto di “Nazione” è stato valorizzato dall’Europa nel corso della sua storia, ma è necessario ricordare l’insegnamento di quanto è avvenuto nella prima parte del Novecento con le conseguenti vissute tragedie.

– L’adozione della moneta unica dall’1 gennaio 2002, l’Euro, ha avuto ricadute per così dire altalenanti: l’attuale sistema bancario sembra non soddisfare pressoché nessuno – osserva ironico il nostro Giampaolo Venturi-; d’altronde è impensabile il ritorno alle divise nazionali, come alcuni prospetterebbero, con la consueta scarsa consapevolezza della realtà.

– La durissima sfida posta dall’Islam radicale (scita e sunnita) all’Occidente democratico pare non essere compresa appieno né dalle classi politiche e dirigenti in generale (rappresentate nei mass media e  nei saggi delle varie persone di cultura), né dalle opinioni pubbliche; così come il problema -collegato, ma non coincidente- dell’immigrazione su vasta scala, non regolamentata (ma, proprio per questo, assai lucrosa per chi ne tiene le fila) di popolazioni provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, in stragrande maggioranza di religione musulmana e quindi portatrici di concezioni e sistemi di vita opposti a quelli affermatisi, a prezzo di guerre, lotte, sacrifici, nel corso degli ultimi secoli. Forse (detto con amara ironia) i Padri Fondatori avevano in mente un’Europa molto diversa da quella attuale. Non esiste, in conclusione, una seria politica europea in tema di immigrazione perché, a dirla tutta, detta  “seria politica” andrebbe a cozzare, come detto, contro consolidati e taciuti (ma non più di tanto, in fondo!) interessi, espressi e protetti da forze ricche e potenti. Insomma, a farla da padrona, è la (Dis)unione europea.

– Sulla carta l’Unione  ha a disposizione larghi fondi per la Cultura; ma manca un’autentica formazione europea, la nostra scuola è del tutto fuori da questo problema (e da molti altri, purtroppo). Tranne che per quanto concerne lo studio della lingua inglese, visto peraltro solo sotto il profilo commerciale, per quel che concerne la destinazione; e, per lo più, insegnato secondo un metodo vecchio -scolastico, da “lingua morta”, per intenderci-.

– C’è, anzi ci sarebbe (il condizionale è d’obbligo, dato l’andazzo corrente) la forte esigenza che i valori democratici, solidali alla base della costruzione europea, che i Padri Fondatori avevano ben presenti e che oggi sono passati in secondo piano, vengano rivitalizzati, pena la comparsa della nostra preziosa cultura ed esperienza. Parlo di valori democratici, civili, senza alcun aggancio trascendente:  non pretendo di riferirmi alle radici ebraico cristiane, fatte rotolar per le scale di cantina già diversi anni fa in nome di una non ben precisata “laicità”. Ne riparleremo più avanti.

Mia domanda: “Interessa a qualcuno?” Mia Risposta: “Mah, ne dubito…”. Le classi dirigenti europee sono troppo impegnate a far soldi con chi ha programmato la distruzione dell’Europa stessa come luogo di cultura, democrazia, accoglienza autentica, spiritualità: tutte inezie.

 

Salutiamo con affetto i nostri compagni e compagne di avventura; in particolare Massimo e Giacomo. Ritroveremo quest’ultimo a Lucerna per il Concerto dedicato a Richard Strauss.

Prima però passiamo dalla cantina dell’Abbazia e facciamo incetta di alcuni tesori: vini, barattoli di miele e marmellate, oltre ad un sacchetto di fettine di mela essiccate; buone da mangiare “così come sono” o ad essere aggiunte ad una torta. Leggo poi, su un pieghevole, che la cantina contiene reperti di culture vinicole risalenti a 2500 anni fa. Interessante, anche se oggi non abbiamo modo di approfondire l’argomento.

In vettura. Arrivederci, Abbazia di Novacella, luogo carico di Storia, Cultura, Umanità.

Viaggiamo tra le Alpi, lungo una bella autostrada che, però, ad un certo punto -dopo un lungo tunnel- si interrompe.

Imbocchiamo una tipica strada di montagna, con curve e dislivelli: l’unico autista della coppia, cioè Mauro, è messo alla prova, ma ci godiamo questi panorami ricchi di suggestione, tra boschi ed alte cime.

Attraversiamo la bellissima regione austriaca del Voralberg.

I primi insediamenti del Vorarlberg risalgono a circa cinquecento anni prima di Cristo, ad opera della tribù celtica dei Brigiani [1]. I Romani vi giungono nel 15 d.C. Nel IV secolo abbiamo le prime incursioni degli Alemanni [2], che vi si instaurano circa cent’anni dopo.

Nella storia il Vorarlberg è stato dapprima di proprietà dei conti di Bregenz (oggi capoluogo della regione), poi conteso per secoli tra la Confederazione elvetica e gli Asburgo, i quali via via, nel corso del tempo, se ne impossessano; anche se, per un decennio, a inizio ‘800 (1806 / 1814), esso viene a far parte della Baviera.

Nel 1920, dopo la fine della prima guerra mondiale e il crollo dell’impero asburgico, gli abitanti della regione decidono di indire un referendum per unirsi alla Svizzera; ma il governo elvetico boccia tale iniziativa per non inimicarsi (così leggo) il neonato Stato austriaco.

E’ la regione più piccola dell’Austria; ma, nonostante il numero di abitanti non certo elevato (poco meno di 400.000 nel 2017), assai sviluppata, sia dal punto di vista industriale che da quello turistico (sci alpino in primo luogo).

Ti accorgi che si distacca dal resto del Paese da come la gente parla: il dialetto della regione infatti non è una variante degli altri dialetti austriaci, ma è molto vicino alle parlate svizzere e sveva. Non a caso: culturalmente infatti è stato sempre più orientato verso l’ovest e il nord (Svizzera, Lichtenstein, Germania) che verso l’Austria, dalla quale la separano alte catene montuose.

Nella parte centrale e orientale, è dominato quindi dalle montagne, mentre la zona occidentale, ai confini con Svizzera e Liechtenstein, è caratterizzata dalla valle del Reno e dalle rive del Lago di Costanza.

Attraversiamo, senza purtroppo fermarci, due “perle” turistiche: Sankt Anton e Sankt Cristoph, celebrate stazioni di sport invernali.

Ricordo che,  da adolescente,  passai con la mia famiglia una simpatica vacanza estiva nel primo dei due paesi, chiamato familiarmente dagli abitanti “Stanton”.

Eccoci in Svizzera. Acquistiamo l’onerosa (40 franchi svizzeri), ma comoda, vignette, da apporsi sul parabrezza della vettura [3], che ci consente di non pagare pedaggi per tutto il 2017!

Chissà che non capiti l’occasione di prendere un caffè dalle parti di…Lugano, il luogo più vicino all’Italia.

Raggiungiamo in breve la nostra meta di oggi, San Gallo, capoluogo dell’omonimo cantone, 35.000 abitanti, sede universitaria (specializzata in studi di economia), a ridosso del Lago di Costanza o Bodensee.

Si trova ad un’altezza di 700 metri ed è attraversata dal fiume Steinach che sbocca nel Bodensee.

Parcheggiamo a due passi dal centro storico. Non abbiamo effettuato prenotazioni, ma subito individuiamo un albergo dal significativo nome di “Gallo”, dove ci accoglie una simpatica signora dall’accento est europeo, la quale ci colma di premure, riservandoci un’ampia stanza, nonché un posto macchina ben custodito, nel cortile dell’hotel.

Una rapida sosta in camera, poi usciamo alla scoperta della città.

E’ un sabato tranquillo di fine luglio. Ancora piena luce.

La città (Sankt Gallen in tedesco, Saint-Gall in francese, Son Gagl in romancio) è una meraviglia molto tipica, per così dire: case a graticcio, edifici barocchi con pittoreschi Erker, cioè finestre a sporto riccamente scolpite (se ne contano oltre un centinaio) [4].

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Essa si sviluppa attorno al monastero fondato, secondo la tradizione, a inizio del VII secolo, dal monaco irlandese S. Gallo [5], in seguito benedettino, divenuto uno dei più rilevanti centri della cultura tedesca ed europea. La fondazione attribuita a S. Gallo, discepolo di S. Colombano, è, in verità, una pia leggenda (v. nota); infatti risale al 719 ad opera del monaco benedettino alemanno S. Otmaro, il quale trasforma la piccola comunità religiosa ivi esistente in una notevole Abbazia, osservante la Regola di S. Benedetto, rimasta in vigore fino al 1805.

L’adozione della Regola benedettina favorisce la fondazione di quella che sarà la grande Biblioteca.

Gallo e Otmaro, le cui tombe è ritenuto che si trovino sotto la Cattedrale, sono i Santi protettori della città e della diocesi.

Alcune leggende hanno come protagonista S. Gallo. Quella dell’Orso, ad esempio che il Santo riuscì ad ammansire.

Questa la tradizione. Gallo si trovava presso una cascata insieme ad suo confratello, Hitibod. Mentre quest’ultimo dormiva, all’improvviso ecco un grosso orso.

San Gallo non si lasciò intimidire da tale apparizione: ordinò all’orso, in nome del Signore, di gettare un pezzo di legno nel fuoco acceso lì accanto. L’orso ubbidì e gettò il pezzo di legno nel fuoco.

Il Santo allora dette all’animale una pagnotta, a condizione che non si facesse più vedere.

Hiltibod, che, nel frattempo, si era svegliato ed aveva visto ed udito tutto, disse al suo compagno: “Ora so che il Signore è con te, se persino gli animali della foresta ubbidiscono alla tua parola”. L’orso non fu più visto da quelle parti. Nell’interpretazione di questa leggenda l’incontro di San Gallo con l’orso è un segnale per il sant’uomo di stabilirsi quel luogo e vincere le forze della natura.

L’Orso è divenuto l’emblema della città.

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L’Abbazia, nonostante l’ostilità del vescovado di Costanza, diviene nel corso del tempo uno dei centri di cultura -e quindi di potere- più rilevanti d’Europa, con una stupenda biblioteca, ancora oggi attiva e visitabile.

Nel 920 la relativa scuola conta 300 allievi e i suoi domini assommano a 48.000 ettari. A inizio dell’XI secolo l’Abate (Ulrico II) riceve il titolo di Principe dell’Impero costituendo un Principato che durerà fino al 1803.

Come spesso accade, attorno all’Abbazia si sviluppa la città; donde inevitabile il confronto tra questa e il potere politico ed ecclesiastico.

Nel 1526 l’umanista e sindaco della città, Joachim von Watt -nome latinizzato in Vadiano (medico e storico cittadino: S. Gallo, 1484 / 1551)- vi introduce la Riforma luterana.

Prima di morire, nel 1551, Vadiano dona alla città di San Gallo la propria vasta biblioteca, che avrebbe costituito il nucleo dell’attuale biblioteca cantonale, detta, in suo onore, vadiana.

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 La città conosce, in concomitanza con la Riforma, una notevole prosperità economica, concentrata soprattutto sulla produzione di lino di notevole qualità esportato in tutta Europa; tra il XVII e il XVIII secolo si sviluppa pure l’arte del ricamo, i celebri pizzi di San Gallo.

Famosi ancora oggi. Qui la Ditta Jakob Schläpfer produce, ogni anno, 1200 stoffe. La collezione del prossimo anno, 2018, sarà dedicata alla Cattedrale. I pizzi di San Gallo sono creati per marchi quali Chanel, Dior, Armani.

Nel 1803 si forma il Cantone di San Gallo con conseguente abolizione del Principato ed entrata definitiva nella Confederazione elvetica.

Nel 1836 l’Abbazia diventa sede del Vicariato ecclesiastico; mentre 10 anni dopo è elevata a Cattedrale e sede dell’attuale Vescovato.

Iniziamo la nostra visita dalla tradizionale Marktplaz, lunga e relativamente stretta, posta tra il nucleo storico e quello, pure antico, a nord delle scomparse mura cittadine. E’ ricca di edifici di notevole importanza, impreziosita dal bel monumento a Vadian; non abbiamo però il tempo di fermarci e ci limitiamo ad una rapida occhiata.

 

Ad est sorge isolato l’antico magazzino (Waaghaus) con la facciata a gradoni, d’epoca tardogotica (1584). Eccolo in una vecchia immagine.

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 Imbocchiamo la Marktgasse posta a uno dei lati della piazza omonima. Gli edifici sono quasi tutti seicenteschi, con stucchi rococò. In fondo alla strada la Chiesa di S. Lorenzo, riformata ma risalente ad epoca anteriore (1413), ricostruita; poi rimaneggiata, nel 1800. Oggi la vediamo come una basilica a tre navate, con altissimo campanile.

La Chiesa, dopo la Riforma, diviene il luogo di culto della buona borghesia protestante, mentre la Cattedrale, situata a pochi passi, è il centro del cattolicesimo.

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Assai pittoresca è pure una breve strada che si diparte dalla Marktgasse, la Hinterlauben, ricca di palazzi pittoreschi, tra i quali uno, al n. 10, dal nome evocativo di Im Tiefen Keler, fu pure abitazione di Vadian.

Ceniamo all’aperto in un simpatico locale, Wirtschaft zur alten Post: ottime specialità gastronomiche locali con suggestiva birra bionda.

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Ci dirigiamo verso la “cittadella” costituita dalla Cattedrale (Stiftkirche) e dalla Biblioteca (Stiftbibliotek): l’area è stata inserita dall’UNESCO nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

E’ il tramonto. Sul vasto prato che circonda la Cattedrale frotte di giovani chiacchierano, scherzano, qualcuno mangiucchia qualcosa, ma con discrezione e ordine.

Scattiamo alcune immagini

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Poiché abbiamo l’atteggiamento tipico degli osservatori, una coppia, uomo e donna, mezz’età, c’interpellano in un tedesco comprensibile: “Suchen Sie etwas?” “Cercate qualcosa?”

Un po’ come ci successe a New York, nel 1997: non appena qualcuno ti vedeva con il naso all’insù, magari intento a compulsare una mappa, subito: “Can I help you?”

Questo ci capitò diverse volte, a New York e a Boston, anche in mezzo ad un intenso traffico veicolare.

Atteggiamento che, per la verità, in Italia non ho mai riscontrato, se non in località molto piccole.

Ci mettiamo a chiacchierare; o meglio: a parlare con questi piacevoli personaggi è soprattutto Mauro. Il mio tedesco infatti è piuttosto elementare e non brilla come conversazione;  me la cavo meglio nell’ascolto e nella scrittura. Accontentiamoci!

I due sono molto orgogliosi della loro città: ce ne illustrano le meraviglie, a cominciare dalla Biblioteca.

La Stiftsbibliothek di San Gallo infatti, è considerata una tra le più importanti biblioteche al mondo di manoscritti medievali; custodisce i tesori dell’antica Abbazia benedettina.

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La sala della Biblioteca dovete assolutamente visitarla: è infatti considerata il più bell’ambiente rococò di tutta la Svizzera, insistono orgogliosi. Non osiamo confessare che domattina dobbiamo ripartire per rispettare il nostro impegnativo piano di viaggio.

Attualmente la Stiftsbibliothek conta circa 150mila volumi; ma la sua vera ricchezza è costituita dai 2100 codici, la metà dei quali di epoca medioevale. Parecchie centinaia sono i manoscritti databili al periodo compreso tra i secoli 9° e 11° . Una meraviglia a quattro passi da casa nostra.

Manoscritti tardo antichi, irlandesi, carolingi, ottoniani e in antico alto tedesco (Hochdeutsch), di incredibile pregio e splendidamente miniati.

Il patrimonio librario della Biblioteca è stato incrementato in tutte le epoche, Rinascimento compreso. Databili a fine 1700 le ultime acquisizioni.

Quali le tematiche? Si va dalla scienza biblica, alla liturgia, alla storia dell’arte, della musica e della letteratura; dalla filologia latina e germanica alla storia del diritto e della medicina.

Nonostante la parziale soppressione dell’Abbazia, avvenuta come detto nel 1805, la Biblioteca ha conservato la sua originaria ubicazione.

Ancora oggi utilizzata per consultazioni scientifiche, essa è diventata anche un museo.

Ubicato nella sala rococò, il Museo allestisce esposizioni temporanee e una mostra permanente che presenta al pubblico, oltre alla pianta dell’abbazia del 9° secolo, anche tavole e quadri sulla storia del monastero.

I manoscritti sono stati oggetti di un’opera rilevante di digitalizzazione; forse conclusa, ipotizzano sorridenti i nostri nuovi amici.

Un tesoro della Cultura Europea, da conservare, incrementare e tramandare.

Ci spiegano poi che S. Gallo è città, per così dire, a confessione mista: il centro della città è in maggioranza luterano, mentre nei dintorni prevale il cattolicesimo.

Rilevano con noi come le librerie cittadine espongano molti testi su Martin Lutero.

Il 2017 è infatti il cinquecentesimo anniversario dell’affissione delle celebri cosiddette 95 tesi (contro l’abuso delle indulgenze) sulla porta della Cattedrale di Wittemberg (Sassonia Anhalt), da parte di Lutero; vicenda che diede l’avvio alla Rifoma.

Accenniamo alla nostra settimana di Novacella: i loro sguardi si illuminano, in particolare alla parola “Musica”.

Lietissimi di averVi conosciuti! Chissà che non ci si ritrovi…

Compiamo un’ultima passeggiata e fissiamo l’immagine di un bell’albergo dal nome suggestivo: Einstein St. Gallen.

Ricordo immediato: il grande fisico ebreo, nato a Ulm nel 1879, era naturalizzato svizzero e statunitense.

 

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30 LUGLIO, DOMENICA

Il mattino dopo perlustriamo ancora le strade percorse la sera

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e giungiamo in Cattedrale per assistere alla Messa.

Ecco alcune notizie su questo luogo stupendo.

Nel nono secolo, il Monastero benedettino, dal quale essa trae origine, raggiunge, come sappiamo, la piena fioritura religiosa, spirituale ed economica. Lo attestano la costruzione di una nuova basilica e i lavori di ampliamento del complesso abbaziale, avviati dall’abate Gozberto nell’830.

Le costruzioni sembrano essere ispirate al progetto disegnato nella celebre pianta su carta pergamena, nota come “Pianta di San Gallo”: si tratta della più antica fonte scritta sull’architettura carolingia che si sia conservata a tutt’oggi ed è ospitata proprio nella nostra Stiftsbibliothek [6].

Corredata da 341 annotazioni, dopo il concilio d’Aix-la-Chapelle, la pianta fu considerata la struttura ideale di un’abbazia benedettina e venne presa a modello da molti monasteri.

 

Del complesso carolingio rimangono solo le fondamenta e qualche elemento architettonico isolato. L’Abbazia, infatti, viene distrutta e ricostruita a più riprese; la struttura attuale, in stile barocco, è realizzata fra il 1758 e il 1767. A questa chiesa hanno lavorato notevoli artisti di tutta Europa. L’interno, tutto dipinto e ricco di stucchi bianchi, è certamente piuttosto “carico”, ma non pesante nel complesso.

Partecipiamo alla Messa insieme ad un certo numero di fedeli, tutti assai coinvolti.

Il celebrante è un sacerdote abbastanza giovane, assistito da un bel gruppo di “chierici”, tra cui alcune donne che leggono i testi sacri e distribuiscono la comunione.

Una certa novità, almeno per noi, abituati -ahimé- ad una chiesa in prevalenza maschile, a cominciare dai ruoli assegnati a priori, specie per le  manifestazioni esterne.

Suggestivi canti, anche moderni, si alternano alla musica di Bach suonata dall’imponente organo troneggiante nella cantoria.

Al termine il sacerdote, ritengo sia pure il Parroco, saluta sulla porta i partecipanti uno ad uno con molta cordialità.

S’intrattiene anche con noi; in italiano perché, spiega, ha studiato a lungo in Italia, a Roma.

Saputo che veniamo da Bologna esclama: “Mi piace molto il vostro Arcivescovo, Don Matteo” (Matteo Maria Zuppi).

Il mondo è piccolo e affascinante.

 

Fa piuttosto caldo, ma, per fortuna, il clima è secco.

Lasciamo per alcuni giorni la Svizzera ed entriamo, dopo poco più di 200 chilometri, in Francia: Alsazia, per l’esattezza. Terra di confine, a lungo contesa, che tanta parte ha avuto nella storia della Francia e della Germania.

Ricca di fascino; ma pure, per alcuni aspetti inquietante, perché perfino in questi luoghi, che diresti ricchi di gioia di vivere, colore, spiritualità, accoglienza autentica, si annidano gruppi di integralisti musulmani (salafiti), nero islamici sempre pronti a colpire; come non hanno già mancato di fare.

Addirittura, anni fa, fu fortunatamente sventato un piano, ben articolato, per far saltare in aria nientemeno che la meravigliosa Cattedrale di Strasburgo. Monumento insigne per tutte le persone di buona volontà, carico di Storia, simbolo dell’odiato Cristianesimo.

Sono purtroppo i tempi attuali, resi possibili dall’insipienza affaristica anzitutto dei governi e pure , spiace dirlo, dei cittadini: superficiali, sensibili alla moda del momento, troppo distratti e fuorviati a qualunque livello dalle sirene mefitiche del multiculturalismo / politicamente corretto che non crede in nulla, men che mai nella dignità dell’essere umano.

Verso il tramonto eccoci a Eguisheim, nostro obiettivo odierno.

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Tipico paesino a pianta circolare, con abitazioni a graticcio, sovente dai colori incredibili, balconi traboccanti di fiori. Ovunque cantine ed enoteche dove i locali vignerons propongono i loro nobili prodotti.

Sistemiamo l’autovettura in un parcheggio a buon mercato -qui non si entra con i veicoli a motore!- e, con le valigie, per fortuna non pesanti più di tanto, ci dirigiamo a piedi verso il nostro albergo, prenotato dall’Italia: ha un nome suggestivo “Hotellerie du Chateau”.

E’ situato in una bella piazzetta, al centro del paese, impreziosita da una fontana (e ve ne sono altre, qua attorno!) con statua di Papa S. Leone IX. [7]

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Confortevole e di una rustica eleganza, si presenta a noi tramite la figura del proprietario: un signore affabile, il quale tiene a dirci che questo piccolo centro è molto amato sia dai francesi che dagli stranieri, anzitutto tedeschi. Grazie tante! Sembra di essere in Germania meridionale.

Va ricordato che la cittadina, fino al 1646, fu sotto dominazione tedesca.

Graziosa la cameretta; unico inconveniente: un gigantesco “pinguino” per rinfrescare l’ambiente che occupa metà della stessa; per di più assai rumoroso. Decidiamo di lasciarlo acceso e di spegnerlo al nostro ritorno. Finestre chiuse.

Prendiamo confidenza col luogo, come di consueto.

Nel 2003 Eguisheim è entrata a far parte dei Plus Beaux Villages de France e nel 2013 è stata dichiarata “il villaggio francese preferito”, il suo fascino è subito percepibile non appena vi metti piede.

Ad un tiro di schioppo da luoghi illustri, tra cui Colmar, dove ci recammo nell’estate 2003 per ammirare, tra l’altro, il magnifico Museo Unterlinden [8], si trova in zona collinare a poco più di 200 metri, ideale per la cultura dell’uva (vanta 339 ettari di vigneti).

Un luogo da favola, ricco e spensierato per i suoi 1500 abitanti che godono di un turismo culturale e gastronomico molto sviluppato.

E’ una sorta di cittadella fortificata con una doppia cerchia di mura che racchiudono stradine concentriche sulle quali prospettano stupende case a graticcio.

Le abitazioni tradizionali si caratterizzano dal pianterreno in pietra che sostiene l’intelaiatura in legno. Fino al 1500 la struttura è sobria: poiché pigmenti e colori per dipingere le facciate sarebbero troppo costosi, viene utilizzata una miscela di paglia e fango chiamato tochis o, in alternativa, una copertura in calce bianca. Successivamente le finestra si ingrandiscono, le travi di legno sulle facciate vengono adornate da decorazioni e le dimore delle persone più facoltose sono dipinte con colori pastello.

Negli ultimi due secoli, per protezione contro le intemperie, le facciate vengono ricoperte da cemento; ma, negli ultimi tempi, i colori tradizionali alsaziani e il legno originario hanno avuto la loro rivincita.

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Consumiamo una cena leggera all’aperto, sotto gli alberi, in un simpatico locale dove l’ottima  cucina è valorizzata dall’efficienza di un giovane cameriere d’origine italiana.

Due passi prima di ritirarci.

All’interno della cittadina ecco un primo giro di mura denominato Allmand e poi l’altro, più esterno, (Rue de) Remparts.

C’è ancora luce per fotografare rilevanti protagoniste della vita locale: le Cicogne!

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Questi simpatici uccelli migratori fanno i loro nidi sui tetti delle case o in cima ai campanili.

Fermiamo istanti di divertimento e chiacchiere, allietati dal buon vino locale.

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E la pace, prima del riposo notturno.

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Con un’allegra compagnia di piante grasse

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Giretto di prammatica per operare una prima scelta (tra le tante) di case vinicole, spesso ospitate in vasti cortili interni, dove acquistare domattina bottiglie di vino per noi e per Marco e Natalia che ci aspettano a Lussemburgo.

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31 LUGLIO, Mattina, LUNEDI’

E’ un grande piacere ammirare i graticci delle abitazioni tradizionali arricchiti con iscrizioni d’ispirazione religiosa. Era d’uso comune che una coppia apponesse le proprie iniziali e la data di costruzione dell’edificio.

Immancabile il riferimento a Gesù, con il simbolo IHS, cioè IESUS HOMINUM SALVATOR.

Beneaugurante era pure il “Veni Creator Spiritus”, cioè proteggi questa casa contro la cattiva sorte, le malattie e gli incendi, rischio, quest’ultimo, sempre molto alto, dato il largo impiego del legno.

I frontoni delle porte poi sono sovente ornati di blasoni, secondo l’uso alsaziano.

E certi stemmi indicano le diverse corporazioni; ad esempio i bottai, cioè i fabbricatori di botti, simboleggiati da due pinze e un martelletto.

La piazza principale di quella che diverrà Eguisheim era probabilmente occupata, in epoca romana, da una costruzione in legno posta su una piccola altura artificiale, detta motte castrale (il termine “motta” significa, com’è noto, collina artificiale).

In quello stesso luogo, nel secolo VIII, sarebbe stata eretta una prima residenza merovingia ad opera di un proprietario terriero di nome Egino. Questo può essere stato l’inizio della città che prenderebbe il nome da tale personaggio (Eguisheim, casa di Egino).

Successivamente viene costruito un piccolo castello fortificato a pianta ottagonale attorno ad un cortile interno.

Si tratta del castello di San Leone risalente al VIII secolo, che si affaccia sull’omonima piazza ed è attorniato da una cinta muraria di forma ottagonale, eretta nel XIII secolo. Sulla vicina collina di Schlossberg si ergono eleganti altri tre manieri, quelli di Weckmund e Wahlenbourg, costruiti nel XI secolo, e quello di Dagsbourg, del XII secolo.

In questo castello nasce, il 21 giugno 1002, Bruno d’Equisheim, che diverrà, come sappiamo, Papa Leone IX. Molto attivo e viaggiatore, nei cinque anni del suo pontificato s’impegna molto per il risanamento della Chiesa dalla dilagante corruzione.

Scattiamo alcune foto nel cortile interno.

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Percorriamo la grande rue che attraversa il paese ed ecco la Chiesa parrocchiale dedicata a Saint-Pierre e Saint-Paul costruita in stile romanico, poi restaurata, nel 1220, seguendo il gusto gotico. Successivamente distrutta, viene ricostruita nel 1807.

Della costruzione originale rimane il campanile, che vanta quattro campane di cui una proveniente dall’Abbazia di Marbach.

Ecco il campanile

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Il portale interno policromo illustra la parabola delle vergini savie e delle vergini stolte.

Sotto lo sguardo di Cristo le prime illuminano con sicurezza il loro cammino verso il Paradiso; mentre le seconde, negligenti,  tengono le loro lampade verso il basso.

Assai originale è la bella statua di una Vergine Ouvrante (che apre), in legno di tiglio policromo del secolo XIV.

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Non sia mai che dimentichiamo i nostri acquisti di vino!

Scegliamo l’Enoteca Leon Baur, vista ieri sera dall’esterno.

Sito web per chi fosse interessato.

www.leon-baur.com

Come si può leggere, Léon Baur è una “ditta” di viticultori in Eguisheim da ben nove generazioni.

Fu fondata nel lontano 1738 ed è attualmente diretta da Jean-Louis Baur e da sua figlia Carolina.

Il vino destinato a lunga durata viene conservato in botti di legno poste in antiche cantine situate sotto i bastioni della città.

Facciamo una bella incetta di “bianchi” e “rossi” locali davvero suggestivi; compreso un paio di bottiglie di “bollicine” per festeggiare. Per noi, una volta tornati a Bologna, e per i “ragazzi”.

In un altro negozio delle meraviglie posto sulla piazza principale completo la tradizionale riserva di vasetti in vetro di miele e marmellate di vari tipi.

Prima di partire pranziamo all’aperto in un locale caratteristico, chiamato Caveau Heuhaus:

www.caveauheuhaus.com

proprio lì accanto, ai piedi del castello; visibile sulla destra, in questa immagine.

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Menù locale: Tarte Flambée au Munster (Formaggio di queste parti, strepitoso) per me e Tourte vigneronne (torta salata con ripieno di carne: va giù che è un piacere) per Mauro.

Eccole qua:

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Resistiamo alla tentazione di un bicchiere di vino; Mauro si limita ad una birra: Petite, s’il Vous plaît. Bien sür, Monsieur!

Ci attende un discreto viaggetto pomeridiano.

[1] Brigiani è il nome di un popolo dell’antica Gallia narbonese (corrispondente alle odierne regioni amministrative di Linguadoca-Rossiglione e Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Francia meridionale), di stirpe celtico/ ligure, abitante l’alta valle del fiume Durance (affluente del Rodano), sulle Alpi francesi. Il nome nasce dall’appellativo dato loro dai Romani, derivante dalla radice celtica brig, cioè luogo elevato. Termine da cui nascono Briançon (la loro capitale) e Briançonnais, il loro territorio.

 

[2] Gli Alemanni, anche conosciuti come Allemanni o Alamanni, erano originariamente un’alleanza di tribù germaniche stanziate attorno alla parte superiore del fiume Meno, regione che oggi corrisponde al sud-ovest della Germania.

 

[3] Per utilizzare le autostrade e le superstrade svizzere tutti i veicoli devono essere provvisti di un contrassegno prepagato, appunto la vignette, da esporre sul paraprezza della vettura.

[4] L’Erker è uno spazio destinato a proiettare all’esterno di un edificio alcune sue finestre. Se è esagonale o rettangolare e sostenuto da una grossa mensola, è detto anche oriel.. Questa struttura è tipica delle case diffuse nei territori di lingua tedesca.

[5] San Gallo, che secondo alcune fonti nasce tra il 532 e il 560 e muore nel 627 (o fra il 646 e il 650), è un monaco e scrittore irlandese, discepolo di S. Colombano, attivo soprattutto nei dintorni del lago di Costanza. La tradizione lo vuole fondatore dell’omonimo monastero, ma più probabilmente esso fu eretto dopo la morte, sopra la sua tomba.

[6] La pianta di San Gallo è una famosa pianta medievale di un’abbazia, risalente al IX secolo. È l’unico disegno architettonico di rilievo sopravvissuto per il periodo di circa 700 anni che va dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente al secolo XIII. È considerata tesoro nazionale della Svizzera ed è un oggetto di elevato interesse per studiosi moderni, architetti, artisti e disegnatori per la sua unicità, bellezza, e per la possibilità di entrare strettamente in contatto con alcuni aspetti della cultura medievale. La piante fu disegnata in uno scriptorium a Reichenau, sul Bodensee, nel terzo decennio del IX secolo, e dedicata all’abate Gozberto (abate dall’816 all’836).

 

[7] Leone IX, nato Brunone dei conti di Eguisheim-Dagsburg (Eguisheim, 21.6.2002 / Roma, 19 aprile 1054), è stato il 152º Papa della Chiesa cattolica, dal 1049; venerato come santo, la sua memoria liturgica è il 19 aprile e l’8 maggio.

 

 

[8] Il Museo, situato in un monastero del XIII secolo, propone un percorso che copre circa 7000 anni di Storia: dalla Preistoria all’Arte del XX secolo. Nel chiostro sono presenti l’Arte medievale e l’Arte rinascimentale, con le opere di Martin Schongauer, Hans Holbein, Lucas Cranach e quella meraviglia chiamata Altare di Issenheim (1512/16) di Mathias Gruenevald. Luogo che merita una visita www.musee-unterlinden.com