Museo Ebraico di Bologna, 12 Aprile / 22 Maggio 2011

 
“Quando sono giunta in Israele, mi sono sentita a casa mia”.
 Confessa Bruna Biamino donandoci un luminoso sorriso.
Nativa di Torino, dove vive e lavora, è una delle più affermate fotografe professioniste nell’ambito dell’architettura e della fotografia industriale. 

               
                Il suo percorso inizia nel 1984 con una borsa di studio per il Visual Studies Workshop di Rochester, New York, che le consentì di studiare con l’illustre fotografo (anche se il termine è riduttivo) Nathan Lyons frequentando sia il Corso di Tecnica Fotografica di stampa in bianco e nero, sia il Corso di Psicanalisi e Fotografia. Ha insegnato all’Istituto Europeo di Design -istituzione costituita nel 1966 ad opera di Franco Morelli e collaboratori, che vanta diverse sedi in Italia e all’estero, Brasile compreso- e alla Scuola Holden, l’originale scuola di scrittura e “narrazione”, nata a Torino nel 1994 ad opera di un gruppo di giovani scrittori, così chiamata in omaggio al protagonista del celebre romanzo di J.D. Salinger.

Da diversi anni Biamino svolge attività di ricerca sul paesaggio urbano ed ha esposto in numerose mostre, sia individuali che collettive, in Patria e all’estero.
Vanta numerose pubblicazioni in tema e le sue fotografie sono conservate in Musei e Fondazioni in Italia e negli USA.
L’odierna Esposizione, nata dalla collaborazione tra il Museo Ebraico di Bologna, la locale Comunità Ebraica e la Ermanno Tedeschi Gallery (prossima ad aprire i battenti anche a Tel Aviv), trae la sua origine da un viaggio compiuto da Bruna a Gerusalemme, alcuni anni or sono, per motivi professionali.
“A Gerusalemme mi sono lasciata catturare da quell’atmosfera magica: le mura, le case, il Santo Sepolcro, la colline, la luce, la Chiesa di S. Pietro in Gallicantu….”.
Ella si lascia rapire -parla di ”folgorazione”, la comprendo bene- dai luoghi del Paese: è quindi particolarmente attratta dal Deserto, quello di Giudea e il Neghev, pur così diversi tra loro.
Luoghi essenziali dove il cielo, l’acqua, la terra paiono toccarsi in un manto azzurro dalle infinite sfumature…e così quel marrone dorato e il bianco quasi lunare, rarefatto. Tenta un accostamento, all’apparenza assurdo: “Sono torinese, conosco bene la Pianura Padana e i cieli lattiginosi….beh, laggiù vi ho trovato qualcosa di domestico “.
Ritorna a più riprese nei Deserti, osserva, riflette, scatta e medita.
Una fotografia autentica non ha nulla di copiato, è rivivere, interpretare.
Bruna ci dona una serie di immagini di Mar Morto e Neghev che mi trasportano subito in un sogno familiare dove la Natura allo stato puro regna sovrana. Solitudine ed Essenzialità.
Bereshit barà……” L’inizio di tutto. Lo senti vicino, qui più che dovunque. L’essere umano, la Vita e il suo Creatore.
Ecco avvicinarsi la mitica rocca di Masada, questo sito simbolo dove si concentra l’immaginario collettivo: mai più un’altra Masada poiché Ham Israel Hai! Lo ricordino i suoi Nemici.
I resti degli accampamenti romani, ben visibili man mano che sali con la funivia…Anzi non puoi chiamarli “resti”, sono realtà palpabile, viva….nel silenzio ti pare di udire le voci lontane nei secoli. Il potere della Parola, che ti dà il senso dello Spazio. Assenza di ombre.
Laggiù, le montagne della Giordania… Le vedi bene, no?
Osserva la presenza umana, qua e là…Le cabine e le installazioni della funivia, appunto, lontanissime, ma percepibili, i veicoli di coloro che lavorano agli scavi…
A Tel Arad la nostra artista ci regala dall’alto una lezione all’aria aperta dell’Università Ben Gurion: le severe montagne del deserto, immense, e le figure umane di studenti e docenti assai rimpicciolite. Peccato non poter riprodurre qui l’immagine in modo adeguato: è la più bella di tutta la Mostra.
Neveh Zohar: sabbia e roccia scolpite. La natura sa insegnare all’uomo -a parte l’intrusione di due…”ecomostri”, un po’ in lontananza, che non sfuggono all’obiettivo-.
Giù, giù, fino al gigantesco fungo di Timna, insolita roccia formatasi grazie all’erosione dovuta, nei millenni, a venti e temporali. Ovunque, tracce di insediamenti umani, sepolti dal tempo. E Le miniere di Re Salomone.
E poi si risale fino a Ein Ghedi, la biblica Fonte del Capretto, alle installazioni balneari, eleganti perché semplici, valorizzate dalle palme. Natura serena.
E le grotte attorno a Qumran, rievocanti l’avventura dei Rotoli del Mar Morto, vita lontana e presente…
Realtà intensa in una Terra amata e vissuta.