Questo sito ha sempre avuto, e avrà, un solo Autore e responsabile: la sottoscritta.
Infatti non ho mai gradito intromissioni o contributi di altri, neanche di cari amici; nemmeno se, per dire, tra costoro ci fosse un brillante giornalista o scrittore.
Ma….Ogni regola ha le sue eccezioni.
Alla fine dello scorso mese di luglio Marco, il nostro secondogenito, classe 1985, si è sposato.
Immensa gioia per tutta la Famiglia; un’occasione in onore della quale s’imponeva un “Diario di viaggio” ad hoc. Almeno per quanto riguarda l’evento principale; cioè la celebrazione del matrimonio e gli eventi che l’hanno preceduta e seguita.
Stavolta ho ceduto la penna, cioè la tastiera, al padre dello sposo, a colui che è, da circa un cinquantennio (caspita!), il mio compagno di vita, cioè Mauro.
Per me sarebbe stato troppo emozionante scriverne. Si tratta di vita vissuta nell’intimo, di esperienze troppo, per così dire, personali; assai di più di un racconto di viaggio, della recensione di un libro o di un film, della rivisitazione di un concerto cameristico interpretato da musicisti cui pure sono tanto legata, come comprende subito chi mi legge.
Mi sono limitata ad alcune aggiunte costituite da brevi precisazioni; veloci informazioni sui luoghi e fotografie.
Ogni regola dunque ha le sue eccezioni.
Jede Regel hat eine Ausnahme!
Così afferma, nell’amata lingua tedesca, l’Autore del brano che segue.
BUONA LETTURA.
A Varsavia, a fine luglio (Marco’s Wedding)
1. Ce l’aveva annunciato da tempo, il suo matrimonio, Marco; ma sembrava proprio che ci fosse tanto da aspettare.
Certo c’erano stati dei segni premonitori. Prima la conoscenza di Natalia -la bella, brava Natalia, la giovane polacca che ci ha presentato e ci è venuta in casa sorridente, mentre lui dice scherzosamente, pensando a certi precedenti, “il periodo polacco non è finito!”-.
Poi lo stabilimento di un comune ménage, quindi il partenariato e il suo fidanzamento con lei a Lussemburgo, infine la data del matrimonio.
I promessi sposi celebreranno le nozze a Varsavia, nella chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami, domenica 28 luglio; ma non di questo 2018, quando ce lo comunicano a voce, ma del (prossimo) 2019.
Il progetto non è semplice da realizzare e richiede accurata preparazione. Infatti, dice sempre Natalia, “in Polonia ci si sposa molto”; e quindi anche i più bravi wedding planners hanno il loro daffare e hanno bisogno di tempo. Ci si sposerà, quando matureranno le diverse condizioni volute.
Si va dalla ricerca della chiesa più adatta, nel luogo più accogliente, per familiari ed amici provenienti da due Paesi, alla scelta di una residenza per il ricevimento che, alla polacca, durerà due giorni(!); alla confezione e all’acquisto degli stessi abiti nuziali e a molte altre cose ancora.
Breve deviazione dal racconto in materia di abiti e fedi nuziali. Queste ultime vengono acquistate dai nostri ragazzi ad Anversa, dove ci sono ottime botteghe di orafi. Vedremo che non sono identiche: quella di lui, tradizionale, un po’ come le nostre; quella di lei, composta da tanti piccoli brillanti.
E gli abiti? Marco sceglie il suo a Bologna, in un negozio di Via Ugo Bassi; mentre Natalia si orienta verso un luogo di profonda suggestione evocante sia l’Impero austro-ungarico che le drammatiche vicende della Shoah : L’vov, in Ucraina; Leopoli per intenderci, a settanta chilometri dal confine polacco. Come mai?
Pare che da quelle parti prosperino sartorie specializzate nel settore, le quali vendono poi i loro “prodotti” a Londra o Parigi, con vantaggioso ricarico. Ma se riesci ad acquistare “alla fonte”, a chilometro zero verrebbe da dire, un ottimo affare è assicurato. Sappiamo che i due fidanzati hanno compiuto alcune spedizioni da quelle parti, due o tre mesi prima del giorno fatidico; senza peraltro che lo sposo, ritengo, sappia per quale modello lei abbia infine optato.
Ecco Natalia davanti all’Hotel Atlas de Luxe di Leopoli, dove anche noi andremo nel prosieguo del viaggio.
Ritorno alla mia narrazione.
Molto bene, intanto. Bella notizia. E’ fissata la data delle nozze e, soprattutto………c’è la sposa! Ma quanti giorni, quante stagioni sono ancora da passare.
Alla resa dei conti, però, scorrono l’una dopo l’altra. L’estate, poi l’autunno, poi l’inverno -a Natale ci sono consegnate le partecipazioni ufficiali- quindi la primavera -a Pasqua ci rechiamo in Lussemburgo, in aereo, a far gli auguri ai fidanzati e a conoscere Cecylia, la mamma di Natalia, con il compagno Artur e la sorella minore Carolina, tanto cari e simpatici- poi di nuovo l’estate; un’estate torrida, in cui ogni movimento è faticoso.
Ormai siamo a tiro. Anche questa scadenza matrimoniale, che sembrava tanto inoltrata, è alle porte.
Ma come andiamo in Polonia, in automobile o in aereo? Nel primo caso, certo più impegnativo, si può anche fare un viaggio nella regione, ove io sono stato solo in tempi remoti, e solo a Cracovia, e dove Mara – my wife, come dirò presentandola ai parenti polacchi, la dolce mamma di Marco- non è mai stata; e tutto, così, si regola a piacimento. Nel secondo caso, invece, occorre programmare ogni cosa.
A sciogliere il dilemma cornuto ci pensano mia sorella Ninì e mio cognato Maurizio – my sister and my brother in law, sempre in quelle presentazioni – i quali accettano l’invito di Marco e Natalia a partecipare alle loro nozze e mettono a disposizione anche mia e di Mara la loro auto e la loro guida.
Sono esperti viaggiatori, godono buona salute, danno il massimo affidamento. Si partirà il 26 luglio di buon’ora e si tornerà il 6 agosto.
In effetti il 26 luglio mattina, alle 7.30, Maurizio con Ninì, provenienti dalla loro Ravenna, sono sotto casa nostra, a Bologna, nella classica Via Castiglione 30.
Si parte. Prima tappa: Vienna. Sono ben 740 chilometri! Ma l’automobile è davvero confortevole e Maurizio si rivela non solo un ottimo guidatore, come del resto già sapevo, ma un guidatore instancabile.
“Via e via, via e via, valli e monti esso varcò”, come dice un nostro poeta a proposito del cavallo fatato di Teodorico; Maurizio passa la pianura padana, varcando il Po e giungendo ben presto a Padova; poi sfiora Venezia e si dirige verso Trieste.
Al bivio per Udine, piglia decisamente la strada del nord; entriamo in Friuli, verso Udine appunto, poi compaiono le Alpi Giulie e, attraverso svariate gallerie e verdi panorami montani, giungiamo al confine di Tarvisio.
E’ un confine che, come tutti quelli dell’Unione Europea, nemmeno si vede (fortunatamente); ma occorre ricordarsi di acquistare la Vignette perché i nostri vicini dell’Austria, a differenza di quelli della Germania, le loro autostrade non le mettono a disposizione proprio gratis. Del resto il sistema è molto pratico e, una volta muniti del contrassegno, non ci sono caselli da passare, come da noi.
Via dunque per la Carinzia, la Stiria e per la bassa Austria (Niederoesterreich), su su fino a Vienna.
Il viaggio scorre veloce, perché Maurizio e Ninì -e noi pure- sono del parere di non fare un vero e proprio pasto e il primo, come detto, non abbisogna di rincalzi alla guida, ma tira di lungo.
Poco dopo le cinque del pomeriggio siamo già a Vienna, nell’incantevole sobborgo di Schoenbrunn -proprio quello del “castello”, residenza estiva della corte imperiale- e prendiamo confortevole alloggio in un eccellente albergo sul posto, lo Schoenbrunn Park Hotel, appena restaurato e tutto riverniciato a nuovo. Sembra davvero l’Austria felix.
Tardo pomeriggio e sera nel centro della città, che raggiungiamo in metropolitana.
Visita della Cattedrale di S. Stefano, dentro e fuori, col suo stupendo fianco destro e l’alto campanile illuminati dal sole del tramonto; sono in corso lavori di restauro, che già fanno rivedere, nelle pietre, il bel colore bianco originario. Due passi verso il retrostante Graben e quindi cena in un piccolo locale abbastanza caratteristico, posto in una viuzza.
Ritorno in albergo, con una passeggiata, lungo l’elegante Kaerntenstrasse fino alla Staatsoper, che potrebbe giungere anche a Karlsplatz (con la Chiesa di S. Carlo), sol che la metropolitana funzionasse; sennonché ci sono dei lavori e dobbiamo prendere un autobus sostitutivo, che però ci riporta comodamente a Schoenbrunn.
Mattina dopo partenza per Varsavia, attraverso l’Austria e la Repubblica Ceca.
Sono altri 700 chilometri. Direzione Nord, verso Brno, città industriale della Moravia. Passato il confine ceco, anch’esso quasi invisibile, e munitici della Vignette ceca, al contrario molto evidenziata, giungiamo ai sobborghi di questa città e quindi pieghiamo un po’ verso nord-est, sfiorando alcune centri minori, tra cui Ostrava, ancora nella Repubblica Ceca, ma vicina al confine polacco.
Circa all’ora di pranzo -si fa per dire- lo superiamo. Non ci sono particolari segnali e nemmeno la Vignette.Ci dirigiamo verso Katowice in una nuova, bellissima autostrada (A1 – E 75) a tre corsie.
Una sosta si impone. In una (prima) area di servizio, in sé modesta e standardizzata, ci viene offerta la possibilità di gustare degli hot dogs caldi e confezionati espressamente; in opportuni panini cilindrici, vagamente tipo baguette francese, scavati al centro, vengono immessi dei wuerstel caldi, mentre lo stesso panino è pure riscaldato.
“Elementare, Watson”, direbbe Sherlock Holmes. Tuttavia la trovata del pane scavato e subito scaldato è per noi quasi una sorpresa, e una sorpresa piacevole, al momento giusto. I panini sono ottimi e noi ce li gustiamo seduti, dopo tanti chilometri. Hello Polonia!
Il resto del viaggio per Varsavia, però, non è altrettanto lieve. Presto le tre corsie finiscono e pure l’autostrada. Tra le vicinanze di Czestochowa e quelle di Lodz restiamo ingolfati in una strada ordinaria, peraltro a carreggiata ristrettissima per gli imponenti lavori a lato, evidentemente preparatori di una futura autostrada.
Cantieri e cantieri, terra smossa, escavatrici, ruspe, a tratti polverone; tutto rallenta la marcia. Forse, rispetto all’evoluzione dei lavori, siamo in anticipo di un paio d’anni, ma il matrimonio di Marco non ci lascia scelta. Bisogna andare avanti adesso. Torneremo in Polonia più avanti…………a lavori finiti!
Finalmente, avvicinandosi a Varsavia, si ripristina la normalità. La strada (ancora A1 e poi A2) riprende le caratteristiche di autostrada, moderna e finita; e, verso la capitale, si articola in molteplici corsie. Si può tornare a correre ad andatura sostenuta e Maurizio/Teodorico -è sempre lui alla guida- non si lascia scappare l’occasione.
Poco dopo le sei del pomeriggio entriamo in città, portandoci via via più vicino al centro.
Guidati dal navigatore ne percorriamo le grandi arterie fino a giungere alla Vistola, in prossimità del Castello. Qui, sempre così guidati, passiamo il fiume, sul ponte Dabrowski -leggo ora guardando sulla carta-, mantenendoci ad un certo livello; e poi lo ripassiamo in senso contrario, portandoci ad un punto più basso, utile per salire, attraverso una strada a tornanti, al livello superiore della Città Vecchia e quindi all’Hotel Bristol.
E’uno splendido albergo, il migliore di Varsavia, in caratteristico stile Sezession, l’avanguardia austriaca di inizio novecento, come meglio avremo modo di vedere soggiornandoci, sia pure per una sola notte. E’ la meta del nostro viaggio, iniziato a Bologna a quasi 1500 chilometri di distanza e siamo felici di essere arrivati a tempo, alla vigilia del matrimonio.
Poco dopo ci raggiungono, provenendo dalla vicina chiesa di S. Giuseppe, Marco e Natalia, con gli stretti parenti e alcuni testimoni di nozze, tra cui Mattia, nostro figlio maggiore, fratello di Marco (my eldest son, nelle presentazioni ai parenti); che è venuto in aereo, insieme alla sua fidanzata argentina, Melina, ed alloggia, a differenza di noi, in un bed and breakfast ; loro sono giovani e noi âgées ed è…… giusto così, come del resto ha programmato Marco.
Quest’ultimo mi fa riavere, per la terza volta, il brano della Prima Lettera di S. Paolo ai Corinzi, che dovrò leggere l’indomani durante la cerimonia; malgrado la sua bellezza e importanza, prima lo avevo perduto a casa e poi lasciato sbadatamente a Vienna nella partenza del mattino, concomitante una telefonata.
In albergo ce lo stampano in una dozzina di copie e così…..possiamo stare tranquilli!
Salutiamo i promessi sposi e passiamo la serata in un simpatico e caratteristico ristorante (Dawne Smacki)
lungo la Krakowskie Przedemiescie, la più importante via della Città Vecchia, completamente pedonalizzata, a parte il tram, in alcune parti e poche bici a passo d’uomo;
la via dove si trova anche il Bristol, la vicina chiesa di S. Giuseppe e tante altre belle e importanti mete turistiche, rinviate alla successiva mattinata.
Commensali Mara, Maurizio, Ninì, Mattia e Melina ; menu d’obbligo Pierogi, tipici , ottimi ravioli del luogo, suscettibili dei più vari e appetitosi ripieni, con birra polacca. Sui Pierogi ci fa da guida Melina, sempre a suo agio in ogni occasione. E’ chiaro che un’argentina, che ha messo piede in Polonia oggi per la prima volta, in materia ha la cultura di un esperto gourmet!
2. La notte in albergo è confortevole. La prima colazione ristoratrice. Fuori dei locali del Bristol, belli ma un po’ dispendiosi, lì vicino nella stessa Krakowskie, troviamo un ottimo bar/self service ov’è agevole soddisfarsi, all’aperto, con dolci e croissants di vario tipo. Da bere, invece, prendiamo il classico cappuccino, che però è signorilmente offerto in tre versioni a scelta: piccolo, medio o grande. Ma Ninì, se ben ricordo, preferisce il suo immancabile the.
Torniamo al Bristol. Lasciamo la nostra camera a Marco, che pure ha passato la notte in questo albergo, perché ne ha bisogno per abbigliamento e fotografie. Noi potremo tenere la sua, insieme a Ninì e Maurizio, per abbigliarci a nostra volta, fino a poco prima della cerimonia, che è fissata per le due pomeridiane.
La chiesa destinata è la vicina S. Giuseppe dei Falegnami; o anche, riletta la guida, S. Giuseppe della Visitazione, o Chiesa della Visitazione (Kosciol Wizytek), con annesso Convento delle suore dette “Visitandine”, che si volle qui collocare da parte della regina Maria Ludovica Gonzaga, moglie del re di Polonia Giovanni Casimiro Vasa, nel Seicento.
Dunque dei matrimoni italo-polacchi, come mille altri legami storici e artistici, ci sono sempre stati; anche se il matrimonio Vasa/Gonzaga era opposto a quello Bernardini/Zurawska (Zurawsky è il cognome della famiglia di Natalia). Lo sposo era polacco, la sposa italiana, mentre oggi è l’inverso.
Ma poco cambia; l’impressione è che quella sposa fosse importante e abbia contribuito a un ménage positivo –uno degli architetti della chiesa, bianca, di un gran bel barocco, semplice e sontuosa, ad es., è l’italiano Giacomo Fontana- così come questa sposa, ancora per poco solo promessa, sembra proprio importante, determinata, positiva.
In effetti, sull’altare maggiore della chiesa, come vedremo, domina un quadro della Visitazione della Vergine Maria a S. Elisabetta.
Siamo ancora solo al mattino. E ci scappa una piacevole passeggiata lungo la Krakowskie, con i suoi magnifici monumenti: la Chiesa di S. Anna, ad es., l’Università, la statua del poeta nazionale Adam Mickiewicz, la piazza del Castello Reale, dominata dalla seicentesca colonna del Re Sigismondo III Vasa, e poi la grande Piazza del Mercato della Città Vecchia.
Ci telefona Marco, che è bravissimo, pur in un impegno così grande, a non perdere alcun contatto; ci vediamo con lui sotto la colonna del Re, ma poi è rintracciato dai suoi amici, che pure non può trascurare, e va con loro a prendere un caffè.
Il tempo passa. Noi rientriamo in albergo e ci cambiamo per il matrimonio, lasciamo la stanza e, con qualche anticipo, ci avviamo in chiesa, nella calda giornata di fine luglio.
Ne rimiriamo ancora una volta la bella facciata, a doppio ordine di colonne bianche, e, davanti, sulla piazzetta, la statua moderna, in bronzo, del Cardinale Stefan Wiszynsky, primate di Polonia. Fotografo Mara con Ninì e Maurizio.
Wiszynsky: figura carismatica per quelli della nostra generazione, ben nota anche in Italia, nato nel 1901 (mia madre nel 1902). Alto e imponente, rappresenta, anche per noi, la Polonia che non si piega alle avversità e che non si inchina al dispotismo. La statua lo ritrae, pur suggestivamente, raccolto e seduto; ma io lo vedo sempre in piedi, indisponibile a piegarsi, vero principe della Chiesa cattolica. Averne oggi, di uomini di Chiesa così. Lo stampo si è perso; solo ridicole, grottesche -ma pericolose- caricature, dopo le dimissioni, più o meno forzate, di Papa Ratzinger. Con conseguenze, per i cattolici e per il mondo delle persone di buona volontà, facilmente intuibili da chiunque conservi un minimo di lucidità mentale.
E’ circa l’una e trenta, fa piuttosto caldo, specie con il nostro abbigliamento da cerimonia. Per fortuna, proprio di fianco alla chiesa, c’è un bel giardino con alberi ombrosi e panchine, adatte all’attesa.
All’ombra, con noi, si avvicina un altro gruppo di persone, guidate da un simpatico, autorevole signore -così ci appare istintivamente- anche lui, come noi, in giacca blu, camicia bianca e cravatta. Verosimilmente siamo sul posto per la stessa ragione; deve trattarsi di amici o parenti della sposa.
Poche battute, forse inizialmente in inglese, confermano subito la circostanza.
E, mentre io dichiaro di essere il padre dello sposo, il signore si presenta come zio della sposa, fratello del genitore (defunto).
“Ma è lo zio Krzysztof”, dico subito con entusiasmo, davanti alla combriccola italo-polacca ben presto formatasi. Ne avevo infatti sentito parlare più volte da Marco, con viva simpatia, in riferimento alle sue visite a Mława, il paese della famiglia di Natalia, a nord di Varsavia (sulla via di Danzica); ben felice del loro progetto matrimoniale, quasi un vice-padre.
Io gli presento Mara, Ninì e Maurizio; lui (il tipo dall’aria simpatica, sulla destra) mi presenta sua moglie e i loro tre figli -bei ragazzi, di cui la maggiore di 14 anni- nonché tutti gli altri ; una cugina della sposa, Violetta (bionda vestita di rosso), il marito, le loro due bambine, la sorella maggiore di Cecylia (in primo piano, a sinistra) e altri ancora.
Dopo poco ci mettiamo a parlare in francese perché Krzysztof, che adesso risiede a Mława, ha vissuto e lavorato in Belgio, credo a lungo, e quindi parla bene questa lingua, a me più congeniale, come del resto a Natalia; familiarizziamo, un po’ come se ci fossimo sempre conosciuti; ci scambiamo bacetti sulle guance -in Polonia se ne danno tre!- e fotografie. Siamo già felici. E, con noi, i numerosi invitati che sopraggiungono.
A questo punto, provenienti dalla Krakowskie a passo baldanzoso, vediamo arrivare due giovani alti, prestanti, molto ben vestiti. Sono Marco e il suo amico del cuore Matteo, oggi testimone alle nozze;
mentre l’altro testimone è Mattia, suo fratello maggiore, il quale, poco dopo, ci raggiunge a sua volta; in corretto abito blu gessato e papillon grigio d’ordinanza; ce l’ho anch’io, mentre lo sposo ha optato per un’ampia cravatta dello stesso colore. Tutto questo mi ispira profonda tenerezza.
Arrivano altri giovani e meno giovani. Entriamo in chiesa. Prendiamo posto fra i banchi, Mara ed io fra le prime file, Melina, Ninì, Maurizio, insieme a Cecylia ed Artur, pure in abito blu. Si presenta il Sacerdote polacco, che tuttavia, nell’ambito dell’unica Messa/Sacramento, si esprimerà pure in italiano, trattandosi di un matrimonio (felicemente) misto.
Ormai non manca che la sposa; la quale, come tutte le spose che si rispettino, in ogni parte del mondo, deve farsi attendere. Verrà? Non verrà? Non avrà trovato all’ultimo un’altra occasione migliore? E chi può saperlo….
Per ingannare l’attesa, e confidando che alla fine ella venga, oso chiedere a Marco chi la accompagnerà all’altare, in mancanza del padre. Ma Marco, che ama parlare il minimo e semmai fare sorprese, si limita a dire “Fra poco lo vedrai”.
Il Sacerdote si avvicina alla porta di ingresso della chiesa. Pur senza poter vedere, dalla nostra posizione, notiamo che qualcuno è arrivato sulla piazza, perché egli ritorna verso l’altare, come ad aprire la strada ad un piccolo corteo, che si accinge ad entrare in chiesa.
Lo seguono le due bambine, figlie di Violetta, agghindate in graziosi abiti bianchi quali “damigelle d’onore”.
Dopo di loro fa la sua entrée Natalia stessa, da sola. Radiosa, sfolgorante, in un magnifico abito bianco, scollato, dal lungo strascico, col velo sulla nuca che le ricade sulle spalle. Sembra a tutti una fantastica apparizione e introduce anche me, come Mara e tutti gli altri, in una bella favola.
Chiudono le sue testimoni, le due Caroline. La sorella minore e l’amica del cuore; alte, eleganti, aggraziate, la prima indubbiamente sgargiante nella sua giovanile bellezza.
La Messa, e con essa la cerimonia nuziale, ha inizio.
Tutta l’attenzione è attratta dagli sposi -lei, più minuta, bionda dai lunghi capelli, in abito bianco a strascico; lui, più alto, con una lieve, curata barbetta, in grigio irreprensibile, con panciotto e…cravattona-; attratta dalla loro eleganza e naturalezza -si sono preparati per mesi e oggi procedono consapevolmente risoluti-; attratta dal grande affetto che suscitano, che si respira nell’aria e che fin d’ora li salda in un’unica immagine di coppia.
A guardarli, un po’ sovrappensiero, si sogna ad occhi aperti; e, come in sogno, tante figure vengono alla nostra mente. Lo “Sposalizio della Vergine”, del Perugino, ad es., con l’imponente sacerdote ebreo che, davanti ad una loggetta rinascimentale, si frappone fra la Madonna e S. Giuseppe ancor giovane, benedicendo le loro nozze con movenze di danza.
Era il quadro che si trovava nella nostra Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Evangelista, S. Giovanni in Monte, a Bologna, nell’ultima cappella a sinistra, prima del transetto; mentre invece, nella successiva cappella nel transetto, si trovava l’ “Estasi di S. Cecilia”, il quadro della Musica, del più grande allievo del Perugino, il sommo Raffaello.
L’uno e l’altro rapiti, alla fine del Settecento, da Napoleone, che li requisì con i suoi commissari, indirizzati dai parrocchiani (come diceva, con una certa ironia, il nostro “antico” Parroco, Mons. Angelo Magagnoli, mancato poco più di dieci anni fa), e se li portò a Parigi; anche se, dopo la sua caduta, e per il continuo interessamento del Canova, fecero ritorno a Bologna, ma non più in chiesa, bensì alla Pinacoteca Nazionale, dove tutt’ora si trovano.
Paradossalmente, di sogno in sogno, le movenze di danza fanno venire in mente la scena del ballo del Gattopardo, il celebre film di Visconti, in cui il principe Fabrizio Salina (magistralmente interpretato da Burt Lancaster), fa piroettare nei giri di valzer Angelica Sedara (Claudia Cardinale), promessa sposa di suo nipote, Tancredi Falconieri (Alain Delon).
Sogni a parte, tutta l’attenzione è attratta dagli odierni sposi e dalla loro Messa nuziale. Nella quale, dopo l’introito, si giunge ben presto alle letture.
La prima è fatta da Carolina, sorella della sposa; in lingua polacca, con voce ferma e felice appoggio al leggio, talvolta guardando, con lieve sorriso, il pubblico dei parenti e degli amici, come per sincerarsi che ognuno di loro non si distragga.
La seconda lettura -“l’Epistola”- è affidata a me. Si era pensato a Mara, che aveva scelto questo brano, ma lei ha avuto timore di essere sopraffatta dall’emozione -con il “suo” Marco c’è sempre stato un rapporto particolare- e quindi ha passato la mano e mi ha lasciato il compito.
E io l’ho assunto volentieri, pensando a quante volte ho preso la parola in vita mia, pure nelle circostanze più avverse e sfavorevoli, mentre questa volta tutto è congeniale e favorevole. Si sposa nostro figlio Marco, con la bella e brava Natalia!
Il testo è quello della prima lettera di S. Paolo ai Corinzi, sul tema della Carità, cioè dell’Amore dell’essere umano verso gli altri esseri umani, o verso uno in particolare, che trascende ogni altra abilità o virtù.
E’ un testo bellissimo, di grande umanità, che naturalmente attinge il divino.
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla”.
Grande uomo, S. Paolo, grande santo; pieno di forza e di enfasi, costruttore della Chiesa, formidabile scrittore!
Questo testo lo notai particolarmente quando fu letto da Tony Blair, Primo Ministro britannico, a Westminster, in occasione dei funerali di Lady Diana, la sfortunata consorte del Principe Ereditario Charles, prematuramente scomparsa in un tragico incidente stradale a Parigi nell’estate 1997.
Blair lo leggeva in inglese, in una cerimonia teletrasmessa in tutto il mondo. “If I speak in the tongues of men and of angels, but have not love, I am only a resounding gong or a clanging cymbal” . Ma lo faceva con tale sentimento, che il senso del brano, con quella sua inequivocabile parola “love”, si capiva benissimo : un senso di amore e di partecipazione profonda, coralmente condiviso dal popolo, al di là delle convenzioni.
E così, quel brano, l’ho riletto io in italiano, in S. Giuseppe dei Falegnami, a Varsavia, in una circostanza infinitamente più felice; il matrimonio di nostro figlio Marco con Natalia Zurawska.
Spero di averlo fatto, a mia volta, con sentimento; forse trasmettendo a molti, al di là del senso preciso delle parole, il dolce suono della nostra lingua ed il senso di una profonda condivisione morale.
Dopo le letture, veniamo allo scambio delle promesse matrimoniali, fulcro della cerimonia; uno scambio pronunciato in entrambe le lingue, introdotto dalle formule del Sacerdote. Un cerimoniale in fondo ben noto, ma questa volta più coinvolgente e commovente che mai.
“Marco e Natalia, siete venuti a contrarre matrimonio in piena libertà, senza alcuna costrizione, pienamente consapevoli del significato della vostra decisione?”, Chiede il Sacerdote. “Si” rispondono gli sposi.
“Siete disposti, nella nuova via del matrimonio, ad amarvi e onorarvi l’un l’altro per tutta la vita?”, chiede ancora. “Si”, rispondono gli sposi
“Siete disposti ad accogliere responsabilmente con amore i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli secondo la legge di Cristo e della sua Chiesa?”. “Si”, rispondono gli sposi.
“Se dunque è vostra intenzione di unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso”.
“Io, Marco, accolgo te, Natalia, come mia sposa e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”
“Io, Natalia, accolgo te, Marco, come mio sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”
Allo scambio delle promesse, sentito dai più vicini testimoni, ma ben udito da tutti, perché pronunciato a voce alta e chiara, da questi giovani che si sono a lungo preparati ed appaiono ben determinati, segue lo scambio degli anelli o fedi.
“O Signore, dice il sacerdote, santifica l’amore di questi sposi: l’anello che porteranno come simbolo di fedeltà li richiami continuamente al vicendevole amore”
“Natalia, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”
“Marco, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
In una giornata simile, tutto è completato e reso armonico dalla Musica e dal Canto. La musica sacra, orgoglio e vanto dell’Occidente, apprezzata in tutto il mondo, prototipo e base di ogni altra musica; quella che vorremmo sempre ascoltare, anche nelle tensioni e nelle difficoltà quotidiane e che, a maggior ragione, non può mancare nei momenti alti della nostra vita.
Matrimonio in inglese è Wedding, ma in tedesco è Hochzeit. E qui siamo al Marco und Natalia’s Hochzeit ; il matrimonio è il momento alto per eccellenza e ci vuole la Musica.
In questa chiesa, del resto, soleva suonare l’organo lo stesso Chopin, soprattutto per gli allievi delle scuole; beati coloro che, forse inconsapevoli di avere davanti il più grande maestro di pianoforte dell’Ottocento, hanno potuto ascoltarlo dal vivo!
Ma anche noi siamo magicamente trasportati dal suono all’organo e dal canto, di voci maschili e femminili, dal vivo, ad ottimo livello. Prima viene eseguita la sognante Ave Maria di Franz Schubert, insostituibile complemento di ogni cerimonia nuziale; poi il Veni Sancte Spiritus e l’Ave Verum di Wolfgang Amadeus Mozart; infine la Marcia Nuziale, dal Sogno di una notte di mezza estate , di Felix Mendelssohn.
Franz, Wolfgang, Felix….Mara, tanto amante della Musica, li evoca spesso per nome come fossero vecchi amici.
Cosa si può chiedere di più? Chiesa barocca, latino liturgico, grandi musicisti, bei canti. A me, a Mara, ai nostri parenti, a Cecylia, ad Artur, a Krzysztof, e senz’altro anche a tutti gli altri, pareva proprio di sognare a occhi aperti.
Gli sposi sono stati davvero accurati, nella loro preparazione, e ci hanno consentito di partecipare ad una cerimonia di primissimo ordine.
3. Alcune fotografie sulla piazza della Chiesa
La famiglia (Rodzinnie, in polacco) allargata al completo.
e poi via per il luogo del ricevimento, il Mint Hill Residence, a circa 40 chilometri dal centro, verso ovest, in aperta campagna, località Zakcroczym; dove gli sposi hanno organizzato una “due giorni” per gli ospiti, munendoli di ogni conforto.
Ripartiamo dal Bristol, Mara ed io, saliamo in auto con Ninì e Maurizio, mentre Mattia, accompagnato da Melina, prende la guida dell’auto di Marco.
Sulla via in discesa verso il fiume, con cui l’albergo fa angolo, notiamo una elegantissima limousine bianca, lunga “da qui fin là”, da favola americana; su di essa, a far invidia ad un set cinematografico, prenderanno posto gli sposi
e, ciò che poi sapremo da Matteo, anche alcuni testimoni, tra cui lui stesso.
Si raggiunge così, prima attraverso una scorrevole superstrada, e poi per le vie di campagna, il luogo del ricevimento.
Il Residence Mint Hill è una piacevole costruzione bianca in stile neo-classico, munita di amplissimo salone, con annesse cucina e servizi, di un piano superiore con comode stanze -dove pernotteremo-, di un gran bel giardino e pure di una piscina, con tempietto; il giorno successivo, dato il caldo, non mancherà di far comodo.
Qualche tempo dopo il nostro arrivo, prima ancora degli sposi, incontriamo Matteo; il quale racconta del loro viaggio in limousine e di come la singolare vettura, giunti quasi alla meta, non abbia mancato di attirare l’attenzione di alcune persone, da lui scambiate per mendicanti, spuntate all’improvviso. Costoro, pur suscitando le sue peggiori apprensioni, com’egli dice con spirito, pare si siano limitati a chiedere un obolo. Matteo è così simpatico che, in bocca sua, pure gli episodi spiacevoli risultano buffi.
Ma insomma, cari sposi, quante ne dovete passare! Alla vigilia del matrimonio, ancora al Bristol, il furto della bella borsetta di Natalia, nell’indifferenza del personale alberghiero. Oggi i mendicanti molesti. Vorrà dire che è destino, ma ne uscirete temprati.
In realtà, non si tratta di mendicanti molesti, bensì di locali buontemponi i quali, gironzolando per la campagna, allorché si accorgono che è in corso in un luogo lì vicino un ricevimento di nozze, sono soliti appostarsi in prossimità dello stesso per raccogliere dai partecipanti qualche obolo in stile vecchia goliardia e magari farsi tra loro una sonora bevuta alla salute degli sposi. Così ci spiegherà più tardi Natalia.
Ed eccoli qua, Marco e Natalia. Fanno la loro entrata nella residenza, dal vialetto di onore, sullo sfondo del curato giardino e della verde campagna; belli, sereni, imperturbabili.
Cecylia li accoglie, insieme a loro riunendo Mara e me, con un vassoio, su cui stanno un caratteristico pane bruno e rotondo, con due bicchierini di vodka.
Assistiamo entusiasti al brindisi dei nostri figli, formulando i più cari auguri in italiano e in polacco. E loro, dopo avere bevuto, sorridenti e felici, scagliano i bicchieri al suolo, a infrangersi sul prato, dietro le loro spalle…… per così dire alla russa.
Che bel gesto! Che simpatia! Che felicità! Bacioni -e foto- con loro e con Cecylia.
Entriamo nell’edificio, per il banchetto, che durerà fino a sera.
Davanti al salone, in una bacheca, sono ricordati i principali viaggi compiuti da Marco e Natalia fino ad oggi. Con il nome delle città sono contrassegnati i tavoli. Il nostro, ad es., si chiama “Porto” (in italiano Oporto, la bella città iberica); e a ciascun tavolo, rigorosamente e piacevolmente rotondo, sono assegnate le persone.
Mara, Maurizio, Ninì ed io siamo vicini, ed abbiamo la compagnia di Carolina, l’amica di lunga data di Natalia, raggiunta più tardi dal marito (lussemburghese), della sua mamma e del suo babbo – Yerzy, cioè Giorgio, come subito ci dice – cui lei molto assomiglia.
Nei tavoli vicini lo zio Krzysztof, con i suoi familiari, lo zio Mirek, altro fratello del padre di Natalia, col figlio Matheus, altissimo e biondo, Cecylia stessa, sua sorella maggiore, sempre di ottimo umore e sempre in movimento, Artur, la cugina di Natalia, Violetta– figlia di una sorella del padre, residente in Belgio, purtroppo non potuta venire – madre delle damigelle, che naturalmente sono pure presenti, e tanti altri.
Notiamo che ci sono pure molti giovani italiani, amici ed ex colleghi di Marco. E infatti tra un tavolo e l’altro, nello sviluppo del banchetto, che dura non poco e richiede qualche passeggiatina e qualche piccola conversazione, si intrecciano con loro incontri e dialoghi.
Merita una menzione particolare Daniele, il primo compagno di camera, e collega di lavoro, di Marco, alla Ernst &Young di Lussemburgo. Daniele è davvero simpatico; veneto autentico, di un paesino vicino a Venezia, intraprendente, vivace. Attualmente risiede e lavora, sempre per la E & Y, a Dubai e, come ci dice, condivide la stanza e la vita con una ragazza russa; dev’essere assai carina, immagino, come lo è lui.
A dir la verità, senza che io prenda troppe iniziative, altri giovani colleghi di Marco a Lussemburgo, delle più varie parti d’Italia, alcuni del Mezzogiorno, mi vengono a parlare. Si vede che Marco (il quale, da circa un anno lavora, sempre a Lussemburgo, per un fondo di pensione canadese, Oxford Properties Group) ha lasciato in loro una gran buona impressione e sono attenti, quindi, anche al genitore e a comunicare a lui la loro gioia e partecipazione per il matrimonio di un amico.
Io sono pieno di gioia a mia volta, pensando a questo bravo figliolo che oggi si sposa, ma pure a tutti questi figlioli, che la nostra Italia -Nord e Sud- è ancora capace di esprimere; spesso apprezzati più all’estero che in patria.
Inizia il pranzo con un eccellente antipasto di salmone in pasta sfoglia -salmon in puff pastry, leggo oggi con più calma nel menu-
e cominciano dei brevi discorsi. Prima Marco in polacco -sì, non se la cava mica male, in questa difficile lingua!- poi Natalia in italiano.
Quest’ultima ci intrattiene su un concetto, sottile e profondo, che il Sacerdote, in chiesa, aveva soltanto accennato, dicendo con un sorriso: “Ve lo spiegherà meglio Natalia dopo”. E cioè sull’amore.
Lei, ci dice Natalia, aveva già un’esistenza positiva e realizzata, perché era sé stessa. Ma dopo l’incontro con Marco, pur restando sé stessa, è totalmente cambiata; la sua esistenza è divenuta più felice e più piena, come solo nell’incontro con l’altro essere, che uno ama, può avvenire.
Non male per una che, fino a poco fa, la nostra lingua nemmeno la conosceva!
Si passa alla Soup , costituita in realtà da una trippa tradizionale polacca (flaki, eccellente)
e quindi al Main Course , un’eccellente “guancia di bue” (beef cheek) con pregevoli contorni.
Ottimi vini italiani, bianchi e rossi, portati direttamente dagli sposi. I ragazzi avevano stipato di bottiglie la loro automobile ed erano partiti da Mława per Varsavia cinque giorni prima della cerimonia, sì che tutto filasse liscio. “Siamo andati a prendere il vino per il matrimonio!” aveva annunciato Natalia nell’ultima telefonata prima della nostra partenza. Immagini di sapore evangelico.
Sui tavoli però, anche notevole abbondanza di bevande analcoliche, a base di frutta, in eleganti caraffe.
E’ durante il Main course, credo, che un gentile membro dello staff mi porge un microfono perché io, come padre dello sposo, dica qualcosa a mia volta. Del resto Marco aveva saggiato la mia disponibilità ed io -guardate un po’!- gliela avevo data. Si sa, sono un chiacchierone e non mi sembrava questa la circostanza in cui negarmi.
L’unica cosa che ricordo di preciso è che ho parlato in italiano e che, qualunque cosa dicano i miei “detrattori”, l’ho tenuta corta ed essenziale, l’orazione.
Sono certo però che ho inneggiato agli sposi, alla nuova famiglia italo-polacca, più in generale all’amicizia storica italo-polacca – due Paesi che ne hanno viste molte, ma che hanno sempre avuto reciproca simpatia e non si sono mai fatti la guerra; anzi, il 21 aprile 1945 furono le truppe polacche, del generale Anders, le prime ad entrare a Bologna, liberata dai Tedeschi (questo forse non l’ho detto, ma l’ho pensato).
Ho concluso con la formula più tradizionale e popolare, in uso dai tempi antichi fino alla mia giovinezza, “Auguri e figli maschi!”. Ma oggi, visti gli sviluppi, vanno molto bene anche le femmine, ho pensato fra me e me.
Maschi o femmine, spero che ci diate presto un nipotino, cari sposi; come si studia nei primi rudimenti di tedesco, die Zeit vergeht schnell (il tempo passa veloce).
I pasti caldi si sono rinnovati a sera, alle 9, ma poi anche più tardi, alle 11, debitamente serviti ai tavoli. Verso sera è entrato in scena un valido complesso musicale, con cantanti efficaci e moderni, che ha mostrato di padroneggiare un vasto repertorio. Hanno risuonato tantissime, varie canzoni, molte italiane e melodiche, molte inglesi e americane, essenzialmente ritmiche, accompagnate da balli, in cui Natalia e Marco, ma soprattutto la prima -che a questo fine si era cambiata d’abito, sempre in bianco, ma senza strascico- hanno dato l’esempio, trascinando un po’ tutti, inclusi me e Mara, con gli zii della sposa e quant’altri, nel vortice delle danze.
Natalia, quando la musica lo consentiva ed era congeniale, impartiva ordini in inglese, che, per una sua autorità naturale, suonavano esecutivi ed esecutori (enforceable, direi); e ai quali, quindi, non restava che dar seguito. Tutti, o quasi, ci siamo dati ai vari shake, twist e anche rock and roll, muovendoci in libertà e spaziando con la fantasia nei più vari gesti, che questi balli consentono.
Natalia e Marco, in apertura, hanno eseguito mosse di Tango, contorcendosi magistralmente sul torso, piegandosi, abbracciandosi piegati e giungendo fin quasi a toccare terra; facendosi notare e così mostrando, ancora una volta, di essersi ben preparati!
Anche nel seguito si sono fatti notare. Marco in particolare ha affrontato alcune ballate rock con vero impegno e adeguato stile; talvolta dinoccolandosi fino a toccare terra lungo disteso sulla schiena, con la massima indifferenza, pur ancora avvolto nel suo abito nuziale, giacca, panciotto e papillon inclusi.
Ninì ride divertita e sento che dice a Mara: “Scommetto che questo aspetto di Marco, sempre così…contegnoso e di poche parole, non lo conoscevi. E nemmeno io, del resto”. Entrambi le diamo ragione.
Felicità condivisa. Ecco la raggiante mamma della sposa con le figlie.
A mezzanotte, nel tempietto davanti alla piscina, taglio e distribuzione della torta nuziale (wedding cake)– ottima anch’essa, molto leggera – nel tripudio generale, contornato dai brindisi.
Poco dopo Ninì e Maurizio si sono ritirati a dormire; qualche tempo dopo anche Mara e io. Ma i più giovani, capitanati dagli sposi, hanno continuato con le loro danze e le loro musiche fino a notte inoltrata. “Viva la gioventù, che regala notti bianche”, diceva una canzone della mia giovinezza, meno banale di altre.
Poco prima del nostro ritiro anche una giovane signora, col marito ingegnere, capitano dell’Esercito Italiano nei servizi tecnici, ha tenuto a interloquire con noi; e a dire a sua volta, come ex-collega ed amica, che Marco è una persona davvero speciale, positiva, affettuosa. E che lei, prima di andare, ci teneva a dirlo alle persone a lui più care, a cominciare dal padre…….. Lo ha detto con tanto, sincero trasporto, da suscitare davvero i più bei sentimenti!
Si chiama Laura e ora vive in Emilia col marito, che ci ha simpaticamente presentato; ma è originaria di Oderzo, nel Veneto, “Certo, gli sposi di Oderzo”, sono riuscito a spiccicare, ricordandomi che Marco e Natalia, recentemente, erano venuti a trovarci a Bologna, proprio per andare poi al matrimonio di questa amica, nella cittadina veneta.
Brava Laura, anche la tua interlocuzione mi ha fatto proprio piacere! Come pure sapere che ci sono ancora ufficiali dell’Esercito Italiano, necessariamente più ristretto di un tempo, motivati e preparati.
L’indomani, giornata distensiva.
Abiti liberi, non più da cerimonia, prima colazione assolutamente libera.
Una buona occasione per parlare con le due “damigelle”, che si scoprono chiamarsi Iulia e Maia
(eccole ieri)
e parlano correntemente il francese, sempre a me più congeniale ; certo, sono polacche, ma vivono in Belgio.
Per godere del sole e della piscina: ci faccio un tuffo anch’io, con due bracciate, perché mi sono portato il costume da bagno .
Colloqui con Daniele, Matteo e altri giovani. Ancora un ottimo pranzo debitamente servito al tavolo. Un piacevole pomeriggio perlopiù al sole, accompagnato da tante foto; con gli sposi, Cecylia, Artur, i parenti, gli amici. Le vedremo con calma quando i novelli coniugi verranno da noi a Bologna.
Vien sera e con essa gli addii. Tutte le cose finiscono, anche le più belle. Però gli addii non sono veri addii, ma “arrivederci”. Torneremo presto in Polonia. Do widzenia, perbacco!
Bologna, 16-20 agosto 2019 Babbo Mauro