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“….Anche in un periodo così duro e fisicamente isolati, passo dopo passo abbiamo rafforzato la nostra visione di far Musica insieme” Francesco e Mattia

 

Bando alle disquisizioni su COVID 19 o CORONAVIRUS che dir si voglia. Non scrivo i miei pensieri in tema, le paure, le speranze. Né mi lascio andare alle chiacchiere vuote: ora siamo “migliori” o “peggiori” di “prima”?

Personalmente ritengo che, in generale, siamo gli stessi, con  pregi e difetti, coraggio e viltà  immutati, ma ritengo pure che non manchino coloro in grado di cogliere le opportunità che simile terremoto ha portato (porta e porterà, siamo ben lungi dalla fine) per noi.

Mi limito ad osservare di come tale evento terribile abbia cambiato in notevole misura il nostro stile di vita: dal modo di pensare e di guardare agli altri e al mondo –ritenevamo che le pandemie le avessimo alle spalle e che la tristemente famosa influenza “spagnola” di cento anni fa fosse il canto del cigno dei tempi bui- alle conseguenti modalità pratiche cui attenersi nella nostra quotidianità.

Limitiamoci alla Musica, anche se questo vale per qualsivoglia attività culturale e, particolare, per gli spettacoli dal vivo, cui lo streaming può dare un aiuto -con tutte le riserve, anche tecniche, del caso-, ma dei quali non può costituire valida alternativa.

L’annullamento forzato dell’Orchestra Mozart Festival, edizione 2020, è stato doloroso quanto indispensabile.

Ora, superato il lockdown –nella speranza che non ne scatti un altro, disastro per tutti-, i nostri musicisti si trovano finalmente a “fare Musica insieme”.

L’occasione è venuta dal 64° Festival di Ravello, cui OM è stata invitata con grande gioia dei suoi membri e sostenitori. E’ il primo concerto con loro per il nuovo Direttore, Daniele Gatti.

Data: 5 Settembre 2020, ore 20:30.

Nemmeno la sorta forzata di tanti mesi ha allontanato i “ragazzi” della Mozart gli uni dagli altri; nemmeno ciò era accaduto, del resto, allorché l’Orchestra aveva sospeso la sua attività dieci giorni prima che Claudio Abbado ci lasciasse (20 gennaio 2014). Sono sempre rimasti vicini.

“Il legame tra noi vince ogni difficoltà e dramma” raccontano ai microfoni di RAI RADIO 3 Francesco Senese (violino) e Mattia Petrilli (flauto); due membri autorevoli del board dell’Orchestra, alla vigilia del primo concerto post pandemia. O meglio, intra pandemia, ma all’insegna del coraggio e colmi di fiducia nel presente e futuro.

“Siamo sempre rimasti in contatto… Anche in un periodo così duro e fisicamente isolati, passo dopo passo abbiamo rafforzato la nostra visione di far Musica insieme. Ora abbiamo finalmente la gioia di essere davvero gli uni accanto agli altri”.

Dà loro man forte il Direttore, orgoglioso di essere stato scelto, nel maggio dello scorso anno, a guidare questa compagine speciale, che ha un ruolo di primo piano nel panorama europeo.

Daniele Gatti è soddisfatto fin dalle prime ore di prove, orgoglioso di far parte di questo “club” -definisce proprio così la nostra Orchestra-. E annota felice di come emerga, da OM, anche la componente latina.

La serata non delude le aspettative. Concerto ben presto sold out, dato il numero limitato di spettatori ammessi per ovvie ragioni legate ai tempi attuali (200 posti occupati su 700 disponibili in tempo ordinario), è stato possibile seguirlo a distanza, ma con intatto entusiasmo. Non possiamo infatti essere con loro di persona perché appena ritornati dalla vacanza in Alto Adige, dove, per quattro giorni, ci hanno fatto compagnia Marco e Natalia, in dolce attesa di una bambina per metà febbraio.

All’ora stabilita gl’interpreti si accomodano su un palcoscenico d’eccezione: il Belvedere di Villa Ruffolo. Luogo meraviglioso, affacciato sul mare. Atmosfera da sogno, serata magica.

Ideale dedicataria del concerto è la Signora Maria Teresa Bubani Liguori, mancata il 21 agosto scorso. Maria Teresa, nel consiglio dell’Accademia  Filarmonica come “rappresentante del fondatore”  ha seguito le vicende dell’Orchestra fin dal suo nascere nel 2004, l’ha sempre sostenuta con passione e competenza (e senza far mancare sostegno economico).

Era una persona signorile, semplice ed affabile di modi. Sempre elegantissima senza ostentazione, l’avevo soprannominata “La dama in oro” perché mi ricordava il celebre quadro di Gustav Klimt. Una volta glielo dissi e lei ne sorrise, lusingata.

I musicisti sono meno di una trentina, poco più della metà dell’organico completo. Li passo in rassegna: tante care presenze, alcuni volti per me nuovi.

E le assenze: gli spagnoli, ad esempio, e non solo: Lucas Macias Navarro e Miriam Pastor Burgos. Forse la “quarantena” si è messa di traverso; inoltre, quanto a Lucas, c’è di sicuro un’altra motivazione per cui non è qua: lo so impegnato con la Filarmonica di Oviedo, dove miete calorosi successi come direttore / oboista.

Il Quartetto Mirus è presente al 50%:  Federica Vignoni (violino) e Luca Bacelli (violoncello); mentre Riccardo Savinelli (viola) e Massimiliano Canneto (violino) li vedremo la prossima volta. Così come Maria Francesca Latella (clarinetto); o Gisella Curtolo (violino e viola).

In compenso ecco Claudia Schmidt, bionda violinista tedesca che aveva aderito alla chiamata a raccolta per ricostituire la Mozart, quattro anni fa, senza peraltro partecipare ai concerti tenuti finora.

Tensione e gioia, dall’una e dall’altra parte.

Tradizionali attimi di suspence.

Il primo violino e Konzertmeister Raphael Christ richiama l’attenzione di tutti, supportato dall’alter ego Manuel Kastl.

Silenzio. Entra il Direttore. Passo svelto, aria decisa, fascinosa barba di ordinanza.

Posa lo sguardo su tutti e tutti guardano lui. Sorrisi d’intesa.

Caro virus, non ci fermerai. Noi ci siamo e non ci spostiamo di un millimetro, tiè!

Osservo con tenerezza Francesco Senese che esibisce una folta chioma di stampo beethoveniano.

Mattia Petrilli, sempre in palla, cioè in…flauto.

Giacomo Tesini, lo sguardo dolce e serio, è un tutt’uno col suo violino.

Come Gabrielle Shek, talentuosa che non tradisce mai.

Gabriele Geminiani, primo violoncello: una roccia, grande Gabri.

Le due viole, Behrang Rassekhi e Luigi Mazzucato, paiono gemelli; con la collega Francesca Piccioni, evviva!

E poi tutti gli altri, che non nomino per evitare spiacevoli discriminazioni.

 

Il programma

Franz Schubert

Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore, D485

 

Richard Wagner, che conobbe questi luoghi con la moglie Cosima, restandone incantato

Idillio di Sigfrido

 

Wolfgang Amadeus Mozart

Sinfonia n. 40 in sol minore, K550

 

Per il primo brano (la Quinta di Schubert) rimando a quanto ho scritto in occasione dell’ultima giornata dell’Orchestra Mozart Festival 2019. Aggiungo solo che questa sinfonia mi è particolarmente cara per la sua luminosità e  dolcezza.

Grazie ai miei musicisti –e Direttore, va da sé- confesso che sono riuscita ad amare l’Idillo di Sigfrido che, fino a questo momento, non mi aveva particolarmente affascinato, rispetto ad altre opere di Richard Wagner.

Come racconto sul mio diario di Viaggio 2017 nei giorni dedicati a Lucerna, il 25 agosto 1870 Wagner e Cosima si sposano nella Matthäuskirche di Lucerna, dove pure era stato battezzato il loro unico figlio maschio, nato nella casa di Tribschen, Siegfried (giugno 1869 / Bayreuth, 4.8.1930). Per festeggiare questo evento Wagner compone il Sigfried Idyll (l’Idillio di Sigfrido), eseguito per la prima volta a Tribschen sulla scalinata della casa.

Anzi, per essere esatti: la mattina del 25 dicembre 1870, giorno di Natale ma anche ricorrenza del compleanno di sua moglie, Wagner le prepara la sorpresa dell’esecuzione -affidata a quindici musicisti, nascosti in fondo alla scalinata della villa- di questo poema sinfonico, fresco di composizione, che intendeva celebrare sia il trentatreesimo genetliaco di lei, sia la nascita, poco tempo prima, del loro figlio.

La musica è intrisa di profondi sentimenti verso la consorte e la famiglia; la pace finalmente ritrovata dopo anni di relazione clandestina (in precedenza erano entrambi sposati) e la nascita di tre figli, le soddisfazioni professionali -Wagner era impegnato nella composizione del ciclo del Nibelungo-.

Così Cosima, la “tremenda”, antisemita Cosima, scrive nel suo Diario di quel Natale 1870: “Non posso raccontarvi niente di questa giornata, bambini miei, niente riguardo ai miei sentimenti, niente riguardo al mio stato d’animo, niente, niente. Posso solo informarvi, chiaramente e semplicemente, di cosa è successo. Quando mi sono svegliata ho sentito un suono che cresceva d’intensità, e non mi sembrava più di sognare, la musica mi avvolgeva, e che musica! Al termine, R. [Richard, ndr] mi raggiunse insieme ai nostri cinque figli e mise fra le mie mani la partitura del suo ‘regalo sinfonico di compleanno’. Ero in lacrime, ma lo era anche il capofamiglia: R. aveva disposto l’orchestra nelle scale e così aveva consacrato la nostra Tribschen per sempre! L’Idillio di Tribschen, così era intitolata la composizione”.

Annotazione legata a Ravello. Qui, a Villa Rufolo, giunse, come detto,  Richard Wagner nel 1880 e a questo sito paradisiaco si ispirò per l’ideazione del “magico giardino incantato di Klingsor” del secondo atto di Parsifal.
Il nostro concerto di stasera si conclude con una delle sinfonie di Mozart che amo di più: la n. 40, in Sol minore, K 550.

Composta a Vienna nel luglio 1788, è la seconda delle tre sinfonie (le altre sono la 39 e la 41, la celebre Jupiter) che videro la luce quell’estate e forse la più nota.

Robert Schumann la accosta nientemeno che ai criteri ideali della bellezza greca. E’ stata definita come un’opera di passione, violenza, dolore.

Molto ammirata ed eseguita, ha un incipit colmo di slancio (Molto Allegro), ma mi ha sempre emozionato il secondo movimento, l’Andante. Unico, di tutto il brano, in una tonalità maggiore -mi bemolle- esso sembra cullare dolcemente chi ascolta, ma, mentre procedi, ti rendi conto di esser coinvolto in una sorte di malinconica intima confessione.

Le viole introducono il primo tema abbracciato poi dalla melodia dei violini e ripreso dai bassi, con chiusura dei legni.

Improvviso e forte entra il secondo tema, che prosegue con un delicato motivo di flauto e oboi. Inizia così un episodio sereno ma transitorio, perché l’atmosfera s’incupisce e il primo tema ricompare tormentato da cromatismi, in un tragico do minore. La ripresa riporta al mi bemolle maggiore, senza che però il clima si rischiari veramente.

Il minuetto è un esempio di questa drammaticità e anticipa quelle atmosfere romantiche che si ritroveranno in Beethoven e che qui appaiono trattenute, quasi nascoste.

Conclude il quarto movimento (Allegro assai), che si riallaccia per spirito, struttura e dimensioni al tempo iniziale. Energia, quasi violenta, e profonda vitalità.

 

Perfetta unità del gruppo, degli interpreti tra loro e con Daniele Gatti. Basta osservare gli sguardi e i sorrisi che si scambiano: sono all’altezza della loro fama, perché sanno esprimere tutte le colorazioni e i sentimenti racchiusi nei diversi brani.

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Alla fine, applausi scroscianti e gioia infinita sul palco e tra le file degli spettatori. Concerto coi fiocchi.

In barba alle norme anti Covid Gatti stringe calorosamente la mano alle prime parti, scende la scaletta che lo porta al parterre, per la tradizionale “passeggiata”. La ripete tre, quattro volte, tra i battimani e i convinti BRAVI!!!!!!.

Ritorna sul palco e di nuovo le mani si stringono e i sorrisi abbondano coinvolgendo tutti i presenti, compresi noi da casa.

Incredibile. Non suonavano insieme da oltre un anno e sono al debutto con il nuovo Direttore; ma pare non abbiano fatto altro che respirare all’unisono per tutto questo tempo.

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Ritorno ad una riflessione di Mattia Petrilli che riportai in occasione del concerto cameristico, tenutosi a Bologna nel marzo 2016 e che segnò la rinascita della Mozart. Era ancora tutto incerto e confuso.

Se non “tutto”, “molto”. Ma i nostri erano certi che ce l’avrebbero fatta.

Con il sostegno, oltre che dell’Accademia Filarmonica di Bologna, del pubblico, di ogni singola persona del pubblico; ogni spettatore è prezioso per degli artisti, anche celebri: guai a non volerlo capire per eccesso di autoreferenzialità, superficialità,  narcisismo. Gli esempi purtroppo non mancano; ma non è il caso dei “nostri”, per fortuna.

Le parole di Mattia  sembrano proferite oggi: “Il desiderio è poter sentire e trasmettere ancora quella magia che si creava sul palco. Cambieranno i direttori, gl’interpreti, ma non cambierà il modo di lavorare per la musica e la bellezza. Il dopo Abbado riparte da noi musicisti, eredi del suo suono, della sua leggerezza, del suo entusiasmo”.

 

GRAZIE!

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