(Titolo originale Zero Dark Thirty; USA, 2012; Genere: Drammatico)
“C’è un 60% di possibilità che sia lì”
“100% che è lì….95%…. perché la certezza vi fa perdere la testa. Ma è il 100%”
Una giovane donna determinata contro l’uomo introvabile per eccellenza: Osama Bin Laden.
Un’altra pellicola emozionante e ricca d’azione di Kathryn Bigelow, la regista americana conosciuta, tra l’altro, per il memorabile The Hurt Locker (nel gergo dei soldati: un luogo rischioso in cui può succedere di tutto): vincitore di ben 6 premi Oscar nel 2010, imperniato sulle drammatiche parabole esistenziali di alcuni artificieri statunitensi impegnati nella guerra in Iraq.
Zero Dark Thirty nello slang militare americano sta ad indicare una qualsiasi ora tra mezzanotte e le quattro del mattino; il lasso di tempo durante il quale di preferenza si compiono missioni speciali. Una…levataccia, ma ne vale la pena.
La storia inizia l’11 Settembre 2001. Udiamo solo le voci -autentiche- delle persone intrappolate nelle Torri Gemelle e sugli aerei dirottati, via via sempre più consapevoli di dover morire, leggiamo, sullo schermo nero, spezzoni di dialoghi da far rabbrividire.
Gli Stati Uniti iniziano la caccia al responsabile dell’uccisione di circa tremila civili innocenti; un’attività durata oltre dieci anni, svoltasi sotto due Presidenti assai diversi tra loro quanto a carattere e formazione politica, al cospetto del mondo intero, talora solidale, più spesso aspramente critico; o peggio.
E’ la storia di Maya, giovane ufficiale della CIA, la quale, armata di intelligenza e determinazione, riesce a prevalere sulle incertezze dei superiori, sui giochi di potere washingtoniani, oltre che sulla diffidenza altrui per la sua età: “Non è un po’ giovane per ‘la roba pesante’? ” domanda, ad un certo punto, qualcuno al suo indirizzo.
Ma lei non si lascia scoraggiare, nonostante le prove severe alle quali è sottoposta.
Dapprima assiste a duri interrogatori di soggetti, catturati dalle forze speciali e sospettati di legami con al Qaida, condotti da un collega, che non ha problemi a sottoporre ad incredibili torture fisiche e psicologiche i prigionieri; indi scampa per miracolo a due attentati. Ma soprattutto deve vedersela sia con modalità di approccio al “problema terrorismo” buone negli anni della Guerra Fredda con l’Unione Sovietica, ma che non valgono per l’integralismo islamico -gli elementi “corruzione” e “danaro” nel nostro caso non contano più di tanto-; sia con le rivalità e l’inerzia burocratica di chi conduce il gioco nei palazzi del potere. Dieci anni impiega Maya per riuscire nel suo intento, dieci anni durante i quali possiamo immaginare che ella rinunci ad uno…straccio di vita privata. Un pregio del film è pure quello di aver evitato intrecci amorosi in stile fotoromanzo o simili.
Nemmeno la fa indietreggiare l’uccisione di una collega ed amica, Jessica (madre di tre figli), in un attentato suicida, messo a punto proprio dall’uomo che quest’ultima aveva ottenuto di interrogare seguendo metodi non discutibili.
La costante attività di intelligence e di ricerca da parte della protagonista conduce all’individuazione della pista giusta e al luogo nel quale Osama bin Laden si nasconde, ben protetto dai seguaci fedeli.
Dubbi e diffidenze, ancora; nonostante la missione sia stata programmata.
Finché finalmente, il 2 maggio 2011 -di notte, ad Abottabad (Pakistan)- l’uccisione dello Sceicco del Terrore, da parte del DEVGRU, una delle più segrete forze speciali statunitensi.
Consiglio, a chi non lo avesse ancora fatto, la visione di questo film, che si è guadagnato già prestigiosi riconoscimenti ed è in corsa per 5 Premi Oscar.
Un’opera documentata con grande rigore (lo sceneggiatore è Mark Boal, il medesimo di The Hurt Locker, che gli valse uno degli Academy Awards), diretta con passione da una regista dotata di personalità e carisma da vendere; specializzata in pellicole d’azione che un tradizionalista (non chi scrive!) definirebbe “da uomo”.
Il ritmo è coinvolgente, sia nelle scene di guerra- come quelle finali dell’incursione nella fortezza segreta, per stanare ed uccidere la “preda”-, che nel convulso susseguirsi di ricerche, appostamenti, agguati; o anche nelle pause, prima della battaglia, allorché i militari si concedono momenti di relax domandandosi l’un l’altro: Ma tu ci credi a questa storia? Osama Bin Laden…..!!!!! Non una parola, dopo, sugli elicotteri da combattimento, nella notte buia. Tra le ombre s’intravvede pure un cane lupo addestrato.
Ma è Maya il perno di tutta la vicenda.
A darle volto e anima un’attrice di eccezionale talento: Jessica Chastain, 30 anni, statunitense, che ricordo nel suggestivo Il debito (2011) di John Madden, nella parte di Rachel giovane [1]. Ella sa valorizzare in pieno il contrasto tra un aspetto dolce, quasi fragile, carnagione pallida, e la fermezza adamantina nel perseguire l’obiettivo.
E’davvero intrigante che sia proprio una giovane donna a sconfiggere un uomo portatore di un’ideologia disumana sotto tutti gli aspetti, cominciare dall’odio ginofobico.
Spetta a lei identificare l’Eterno Nemico in quel cadavere avvolto in un sacco di plastica, chiuso da una cerniera lampo, che le viene presentato a missione compiuta.
Si avvicina, abbassa la cerniera e…..Sì signore, al 100%.
Magari alla CIA altri si prenderanno il merito di questo successo, ma Maya, con la quale nessuno sembra, alla fine della storia, complimentarsi, la sua Guerra l’ha vinta.
Ecco un trailer