MUSEO EBRAICO DI BOLOGNA
24 Novembre 2013 / 12 Gennaio 2014
In collaborazione con la Comunità Ebraica di Bologna
24 Novembre 2013 / 12 Gennaio 2014
In collaborazione con la Comunità Ebraica di Bologna
“Circa alle cinque del pomeriggio [del 31 marzo 1944] un uomo sui trent’anni, nero di capelli e magro, malvestito come la maggior parte dei bolognesi di quei giorni, usciva guardingo dal cancello di Viale Panzacchi 13, svoltava in Via Savenella. Alcuni uomini in uniforme, armi alla mano, comparvero da Via Solferino e sbarrarono la strada. Qualcuno, ad un ultimo piano, avvicinatosi…a una finestra, vide l’uomo fermarsi, mentre altri armati si materializzavano sul Viale e con determinazione scendevano Via Savenella. Per l’uomo non c’era scampo……
Nella vicina caserma della Brigata Nera l’interrogatorio dette i risultati che la polizia fascista s’aspettava. Cognome: Finzi. Nome: Mario……Data di nascita: 15 luglio 1913. Razza: Ebraica”
Così Renato Peri, nel bellissimo volume Mario Finzi o del buon impiego della propria vita [1] descrive l’arresto, da parte dei fascisti, di questo illustre cittadino bolognese, Mario Finzi, del quale ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Il Museo Ebraico di Bologna, in collaborazione con la locale Comunità Ebraica, ha inteso ricordare l’insigne figlio della nostra città -una ricchezza che appartiene a tutte le persone di alto sentire- Domenica 24 novembre 2013 con una doppia iniziativa:
– CONCERTO IN MEMORIA e
– MOSTRA sulla figura del coraggioso giovane (morto ad Auschwitz nel febbraio 1945), presso il Museo e visitabile fino al prossimo 12 Gennaio
IL CONCERTO
Negli accoglienti locali della Sinagoga, il cui edificio si affaccia sulla strada -già Via Tintinaga- dedicata nel 1953 al nostro protagonista, il Direttore del Museo Ebraico, Prof. Franco Bonilauri, ha introdotto l’incontro presentando al pubblico la figura di Mario.
Nato a Bologna il 15 luglio 1913 da una famiglia ebraica di insegnanti originaria di Correggio, Ebe Castelfranchi e Amerigo Finzi (già allievo di Giosuè Carducci), è ragazzo precocissimo: a sedici anni infatti consegue a pieni voti la maturità classica al Liceo Ginnasio Marco Minghetti della sua città e a diciassette il diploma in pianoforte presso il Conservatorio. Si iscrive, per far contento suo padre, alla Facoltà di Giurisprudenza e si laurea nel 1933, cioè ventenne. Per qualche tempo fa pratica in uno studio legale milanese, poi partecipa con successo al concorso nazionale per la Magistratura.
Purtroppo non gli è consentito esercitare questa funzione a causa delle, appena promulgate, infami leggi razziali del 1938.
Si trasferisce quindi a Parigi dove si dedica all’attività di pianista; riceve pure un contratto alla Radio francese.
Nell’agosto 1939, per il rinnovo del passaporto, rientra in Italia dov’è bloccato dallo scoppio della guerra.
Nel 1940 diviene delegato per Bologna della DELASEM (Delegazione Assistenza Emigranti Ebrei) -Presidente era il Rabbino Orvieto, ucciso a Auschwitz nel febbraio 1944-, un’organizzazione di mutuo soccorso istituita, nel 1939, dall’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane (UCII) e autorizzata in un primo periodo dal regime, che soccorreva i profughi ebrei e li aiutava ad emigrare, soprattutto verso la Palestina mandataria.
Occorre precisare che, fin dal 1921, l’UCII aveva istituito un Comitato volto ad assistere i gli Ebrei che la Prima Guerra mondiale aveva sradicato dai luoghi di residenza; detto Comitato era divenuto poi la DELASEM. L’attività era quindi continuata lungo gli anni Trenta con numerose iniziative: ad esempio a Milano, nel 1933, dopo l’andata al potere di Adolf Hitler, era nato, ad opera di Federico Jarach, un Comitato per l’assistenza agli Ebrei profughi dalla Germania.
Mario Finzi partecipa, con Don Arrigo Beccari e il Dr. Giuseppe Moreali, all’esperienza di Villa Emma a Nonantola (Modena), dove trovano rifugio un centinaio di ragazzi ebrei orfani, provenienti dalla Germania e dai Balcani. Diverse volte egli compie il tragitto da Bologna a Modena in bicicletta per incontrare i ragazzi, giocare con loro ed intrattenerli al pianoforte. E con l’occupazione tedesca del nostro Paese continuerà con coraggio, come vedremo, l’opera di soccorso e procurerà ai correligionari carte di identità false che consentiranno l’espatrio in Svizzera. Collabora con altri benemeriti -tra i quali diversi sacerdoti cattolici- e col comitato DELASEM di Firenze. Le persone che l’associazione riuscirà a salvare, facilitandone la fuga, saranno circa 4.000. Sulla base delle testimonianze portate dai sopravvissuti, Mario aiuterà circa 20-25 ebrei a salvarsi e ne assisterà alcune centinaia.
Nel 1943 entra in contatto con membri del Partito d’Azione -quali Carlo Ludovico Ragghianti, i fratelli Arcangeli, Cesare Gnudi, i Telmon e altri valorosi, ben noti a Bologna e fuori-, convinto che lottare per la Giustizia del Popolo Ebraico e lottare per la Giustizia tout court siano un tutt’uno. Viene arrestato, con alcuni suoi compagni, nel mese di maggio e liberato il 25 luglio, alla caduta di Mussolini. Dopo l’8 settembre riprende l’attività di sostegno agli Ebrei braccati dai connazionali della RSI e dai tedeschi.
E’ di nuovo arrestato, come detto, il 31 marzo 1944, nella sua città, mentre si reca a pagare il ricovero di un ragazzo ebreo croato, spedalizzato, sotto falso nome, presso la Casa di Cura Villa Rosa.
E’ trattenuto per circa un mese a Bologna, nel carcere di S. Giovanni in Monte, prima di essere trasferito al campo di concentramento di Fossoli (Modena), da dove riuscirà a scrivere alla famiglia. “Il 16 maggio 1944 viene deportato ad Auschwitz con il convoglio n. 10, insieme ad altri 580 Ebrei. Là giunto, superata la “selezione”, è destinato al campo di Birkenau (Auschwitz II) e al Kanada Kommando, il luogo destinato alla cernita, al recupero e al riciclaggio dei beni confiscati ai prigionieri e ritenuti utili per il Reich.
Non si hanno più notizie di lui a far tempo da ottobre.
Ad Auschwitz, stando alla testimonianza di un ebreo di Rodi che lo assiste, e che, sopravvissuto, incontrerà Ebe Castelfranchi Finzi, muore per una grave infezione intestinale il 22 febbraio 1945, a circa un mese -sorte crudele!- dalla liberazione del campo ad opera dell’Armata Rossa.
Di alto valore morale e di intensa spiritualità è stata, a seguire, la testimonianza dell’Avv. Francesco Berti Arnoaldi Veli [2], che fu militante nel Partito d’Azione, come Mario Finzi, e partigiano nella Brigata “Giustizia e Libertà” – Divisione Bologna.
Egli non ha conosciuto direttamente Mario, ma lo considera un Amico, per la forte affinità spirituale e politico-esistenziale che lo lega a lui; quella limpida intransigenza morale, che si realizza in una “condotta concreta”, in un “amore operante”, come sottolinea anche ripercorrendo il carteggio tra Mario Finzi e Fabio Fano, un tesoro che si è salvato. Un tesoro perché scrivere agli amici è davvero un “grande dono”.
Francesco ripensa alle frequentazioni comuni, come quelle con i già citati Cesare Gnudi e Carlo Ludovico Ragghianti (lucchese, che fu a Bologna dal 1938 al 1940); all’amore di entrambi per l’arte -“Mario pensava allo studio pianistico come ad una impellente necessità dello spirito”- e per la cultura: la poesia, in primo luogo, e quella di Rainer Maria Rilke in particolare. Arte, Filosofia, Musica sono in grado di ridimensionare il nostro piccolo io individuale e farci vivere un’esistenza che lo trascende. E a far nostro quel principio secondo il quale il “Dovere” non è un astratto precetto, ma si concretizza nell’agire insieme, in una resistenza al Male che ha un alto valore religioso.
Religiosità che Mario, pur non essendo praticante in senso tradizionale, vive in modo pieno e che lo avvicina -come accade sovente tra spiriti eletti, uniti in un legame magico ed indissolubile – ai grandi moderni spiriti cristiani, primo luogo Dietrich Bonhöffer.
L’omaggio al Protagonista prosegue con il Concerto, tenuto dal pianista Carlo Mazzoli, il quale, con professionalità e partecipazione davvero fantastiche, ci ha condotti per mano nel repertorio di Mario. Abbiamo ascoltato il Notturno di Ottorino Respighi in sol bemolle maggiore (1903); la Novellettadi Robert Schumann Op. 21 in re magg. (1838); la verdiana Fantasia di concerto Op. 1 sulla Forza del Destino, di Giuseppe Martucci (1871); alcune autentiche meraviglie di Fryderyk Chopin, come, ad esempio, una suggestiva Mazurka riecheggiante i motivi delle orchestrine ebraiche incontrate dall’illustre musicista nella nativa Polonia o la travolgente Ballata n. 1 in sol min. Op. 23 (1831-35). Ma ci ha davvero incantati il Notturno in sol min. che Mario Finzi compose nel 1928, a soli quindici anni, espressione della sua personalità appassionata e romantica.
Uno spirito eletto sempre vivo, presente ogni istante con noi, in una serata di fine autunno, limpida e lucente di stelle.
LA MOSTRA presso il Museo Ebraico
L’esposizione a pannelli, posti su due pareti nella sala principale del Museo, si sofferma sulle tappe principali della vita di Mario Finzi: è una rassegna caratterizzata da un’esaustiva essenzialità; per questo è efficacissima e dunque formativa per i giovani che, mi auguro, la visiteranno.
Ecco i genitori Amerigo ed Ebe (già allieva del futuro marito, dal 1907 al 1909, nel Liceo Ginnasio bolognese Marco Minghetti). Dopo il matrimonio, celebrato nel 1912, la coppia si stabilisce in Viale XII Giugno, una strada alberata, fiancheggiata da ville in stile liberty con giardini rigogliosi. Nel periodo vicino alla prima Guerra Mondiale era ancora viva quell’atmosfera da Belle Époque caratterizzante gli anni precedenti. La quiete prima della tempesta.
Lo stesso quartiere che, venticinque anni più tardi, i fascisti denomineranno con apparente bonomia celante il consueto disprezzo (per usare un eufemismo): “un angolino di Tel Aviv a Bologna”, cioè di stranieri nella nostra città, poiché vi abitavano diverse famiglie ebraiche.
La precocità del giovanissimo Mario, come sappiamo, sia negli studi classici che nel pianoforte: “Egli sentì subito la funzione educatrice, e perciò morale e sociale, dell’arte” così sottolinea Cesare Gnudi nella commemorazione, indetta dal Comune di Bologna per i Martiri di Auschwitz (1959).
L’iscrizione alla locale Facoltà di Giurisprudenza per tranquillizzare papà Amerigo, al quale una carriera di concertista appariva troppo precaria; la laurea e la breve permanenza nello studio legale Pesenti di Milano; la vittoria concorsuale per divenire magistrato; l’incontro, nell’estate 1936, e l’affettuoso legame con Nene, una ragazza appartenente ad una famiglia ebraica genovese.
Le famigerate leggi razziali.
Le vicende successive che abbiamo ben presenti: l’attività nella DELASEM, l’instancabile coraggio per salvare ed assistere i correligionari…..
Il primo arresto nel maggio 1943, la ritrovata libertà e la ripresa della preziosa opera, davvero con sprezzo del pericolo…il secondo, e definitivo, da parte di alcuni italiani che, immagino, la giustizia umana non ha mai raggiunto, liberi di morire nei loro letti; come in tanti, troppi, casi.
Nel campo di Fossoli incontra Nedo Fiano, uno dei pochi sopravvissuti alla Shoah tuttora viventi, il quale racconterà in seguito alcuni particolari della prigionia dell’amico bolognese.
Nedo, al quale la Shoah ha ucciso l’intera famiglia, era allora un diciannovenne esperto di canto, con una bella voce, che gli salvò la vita -l’aveva ancora intatta quando lo incontrai, proprio al Museo Ebraico, circa un decennio fa: una persona cordiale ed affettuosa-, e forse proprio per questo aveva avuto occasione di parlare con Mario. I due condivisero per qualche settimana la stessa baracca a Birkenau, poi si persero di vista; Fiano non ne rammenta il motivo.
Lo stesso Nedo ricorda poi che una sera, allorché uno degl’interminabili appelli dei prigionieri terminò e “ciascuno poté avviarsi alla broda quotidiana e al pagliericcio, egli [Mario] mi disse sorridendo…: ‘Ho avuto il tempo di suonarmi tutta una sinfonia’ ” [3].
Nel 1954, per iniziativa della storica Gemma Volli, il nome di Mario Finzi è inserito nel Libro d’Oro del KKL.
Nel 1960 è riconosciuto il suo contributo alla Resistenza; mentre nel 1965 il Comitato regionale “Premio ai Buoni” gli conferisce la Stella d’Oro alla memoria.
Mamma Ebe non si stancò di ricercare suo figlio e di aspettarlo nella casa di Via del Cestello, a Bologna.
Alla fine del 1950 egli fu considerato “disperso”, ma lei ne tenne viva la memoria raccogliendo testimonianze e documenti, riuniti poi nell’archivio Finzi-Castelfranchi. L’archivio, costituito da circa 1500 preziosi documenti, è quindi pervenuto in eredità a Renato Peri, che lo ha donato, nel 2001, al Museo Ebraico di Bologna.
L’archivio è una rilevantissima fonte storica: la storia di Mario corre in parallelo con le drammatiche vicende del periodo in cui egli è vissuto.
Significative sono le frasi con cui Peri chiude il suo volume, scritte nell’ormai lontano 1995, ma oggi ancor più attuali di allora, se possibile.
“La liberazione dell’Italia dal fascismo e dal nazismo è un evento che Mario desiderò e promosse, e non vide.. Ma quello di cui noi abbiamo avuto esperienza non è precisamente l’evento che Mario volle a prezzo della vita…E noi che vediamo la Liberazione….ci rendiamo conto che essa fu…incompleta. Ovviamente le strutture fasciste sono scomparse dall’Italia; ma l’animus fascista vi resta, nel culto e nella gestione assolutistica del potere, nel procurato aumento dell’infantilismo popolare, nell’intollerante arroganza della corporazione degl’imbecilli verso chi proponga un operare e un vivere più umani; e inoltre la Liberazione attesa da Mario….doveva favorire negli italiani un aumento della consapevolezza…un più cordiale [!] impegno nel lavoro e nella politica, una dedizione a quel Governo di Sé che è il solo vero presupposto dell’Autogoverno, senza il quale la riconquistata democrazia si riduce ad un’ottusa delega di responsabilità e ad una giustapposizione di egoismi” [4].
[1] G. Barghigiani Editore, Bologna, 1995, pp. 437, con prefazione di Vittorio Telmon.
[2] In proposito v. la mia recensione a BERTI ARNOALDI VELI Francesco, Viaggio con l’amico Morte e Vita di Giuliano Benassi, Ed. Sellerio, Palermo, Quarta edizione 2007, pp. 133 (su questo sito, Agosto 2007), del quale è appena uscita, con Gallimard, l’edizione francese; nonché il commento al volume, donatomi dallo stesso Avv. Berti Arnoaldi Veli, LAGRANGE Simone, Colpevole di essere nata – Un’adolescente ad Auschwitz, Ed. L’Harmattan, Italia S.r.l., Aosta, 2008, pp. 178 (su questo sito, Febbraio 2008).
[3] PERI Renato, op. cit., alle pp. 385 e 394.
[4] PERI Renato, op. cit., p. 423.