(Titolo originale The Book Thief; U.S.A. / Germania, 2013; Genere: Drammatico)
“Se la vita ti ruba qualcosa, a volte devi riprendertela”
Un film bellissimo, in grado di coinvolgere sul serio i ragazzi ed emozionare nel profondo gli adulti.
Storia di una ladra di libri, diretto dal britannico Brian Percival (regista dell’arcifamosa serie televisiva Dowtown Abbey) è in questi giorni nelle nostre sale cinematografiche.
La pellicola è tratta dal best seller La bambina che salvava i libri di Markus Zusak, australiano (classe 1975) www.markuszusak.com, ottimo scrittore di volumi per giovanissimi, il quale, con quest’opera, ha compiuto un autentico salto di qualità. Il romanzo, uscito nel 2005, è ispirato ai racconti fattigli da genitori e nonni, originari dell’Austria e della Germania.
In Italia lo abbiamo conosciuto nel 2007 grazie a Frassinelli, che lo ha di nuovo pubblicato a gennaio, in prossimità dell’uscita del film, col medesimo titolo di quest’ultimo.
La storia è ambientata a Molching, piccolo centro della Germania vicino a Monaco, negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Liesel Meminger è una dodicenne che la madre, militante comunista in fuga dai nazisti, è costretta a dare in adozione, insieme al fratello più piccolo. Nel viaggio in treno con la mamma verso la località in cui i ragazzi saranno accolti dall’assistente sociale che li condurrà nella nuova famiglia, il piccolo muore.
Liesel deve quindi affrontare da sola la situazione. I genitori acquisiti sono una coppia matura, Hans Hubermann, uomo buono e comunicativo, e sua moglie Rosa, tipica burberona-cuore d’oro.
All’inizio la ragazzina fa fatica ad adattarsi alla situazione: è traumatizzata, annichilita per la perdita dei congiunti, e, per sovrammercato, a scuola è presa in giro dai compagni perché non sa leggere. Ella però non si rassegna: la sua ferrea determinazione commuove Hans, pittore di insegne commerciali che non si fida della propaganda nazista, né è iscritto al partito, con tutto ciò che ne consegue in termini di tenore di vita.
Egli, durante lunghe notti insonni, introduce la figlia adottiva nel mondo della lettura, cominciando dal primo libro, il Manuale del becchino, da lei trovato per caso al cimitero, sulla neve, accanto alla tomba in cui il fratello era stato appena sepolto.
Egli, durante lunghe notti insonni, introduce la figlia adottiva nel mondo della lettura, cominciando dal primo libro, il Manuale del becchino, da lei trovato per caso al cimitero, sulla neve, accanto alla tomba in cui il fratello era stato appena sepolto.
L’aveva portato con sé, quel libro, senza rendersi conto del perché; forse come ricordo di un giorno dolorosissimo, chissà. O magari quale simbolo paradossale di rinascita.
Il nazismo stringe sempre di più il cappio intorno alla Germania, rafforzato dal vasto consenso di cui parrebbe godere. A somiglianza di quanto era successo a Berlino, sull’(allora) Opern Platz, quando, nel maggio del 1933, erano stati buttati alle fiamme migliaia di opere di autori invisi al regime (la Bücherverbrennung), anche nella cittadina in cui vive ora Liesel le autorità, capitanate dal borgomastro, esponente nazista e fanatico antisemita, danno vita ad un identico, lugubre spettacolo, presente tutta la popolazione.
Al termine, Liesel si avvicina alle ceneri e, ritenendosi non vista, raccoglie a caso un libro -appena bruciacchiato, ancora fumante-, lo nasconde con affetto nel cappotto, quasi fosse un cucciolo ferito, e lo porta a casa; salvandolo. E’ il secondo.
Intanto la persecuzione contro gli Ebrei si fa ogni giorno più feroce. Arresti, deportazioni, uccisioni, incendi di sinagoghe, la trucemente famosa Kristallnacht del novembre 1938.
Una sera, Max Vandenburg, giovanissimo ebreo in fuga, bussa alla porta di casa Hubermann. Hans lo accoglie con trepidazione, ma sa bene che cosa deve fare. Il padre del ragazzo gli aveva salvato la vita nella Prima Guerra Mondiale ed ora egli deve ricambiare quell’atto di coraggio. Dopo qualche dubbio iniziale, Rosa accetta la situazione e Max viene nascosto lontano da occhi indiscreti, nello scantinato. Qui c’è pure il “regno” di Liesel, la quale usa le pareti del luogo come abbecedario per scrivervi i vocaboli nuovi imparati ogni giorno.
Tra i due nasce una forte solidarietà; anzi Max incoraggia la sua amica alla lettura e ad approfondire l’osservazione di ciò che la circonda. “Le Parole sono Vita… Se i tuoi occhi potessero parlare, che cosa direbbero?” Così lei, ogni giorno, descrive il cielo, il sole, la neve, gli alberi, le persone a lui che deve stare nell’oscurità per non farsi scovare dai persecutori, ed è pure gravemente malato a causa delle privazioni subite e del dolore per aver dovuto abbandonare la propria madre ad un destino di morte. Fare rivivere Max dà la certezza a Liesel di essere, a sua volta, viva.
Ci sono altre figure positive nella vita della protagonista.
La moglie del borgomastro, Ilsa, è molto diversa dal marito: donna colta e sensibile, vive nel ricordo del figlio caduto in guerra. Nella loro grande casa, dove Liesel riporta la biancheria per la famiglia stirata da Rosa, c’è una vastissima biblioteca che il giovane aveva costituito prima di partire militare. Ilsa aveva visto la biondina sconosciuta raccogliere con premura quel libro, la notte del rogo, e le consente di leggere in sua presenza i volumi che preferisce. Liesel però si spinge più in là, nel suo amore per i libri. Di soppiatto entra nella casa e…ne sottrae uno o due. Non rubati…presi a prestito!
Così si giustifica con Rudy (Steiner), compagno di scuola e vicino di casa in Via del Paradiso, la Himmelstrasse: il dolcissimo ragazzo dai “capelli color limone”, l’amico del cuore che la difende dalle angherie di un coetaneo prepotente, la prende affettuosamente in giro per la sua abitudine di rubare libri, ma pure s’innamora di lei.
Intanto altri gravi eventi incombono: la guerra, i bombardamenti alleati, la caccia, sempre più spietata, agli Ebrei…
Il paesino non viene risparmiato da lutti e tragedie.
Lascio ai lettori il piacere di conoscere in modo diretto la vicenda, appassionandosi al film e magari al romanzo.
Una storia adatta a sensibilizzare i ragazzi sul tema, inesauribile, della Shoah, sul valore dell’amore, dell’amicizia, della solidarietà, dei crudeli paradossi di tutte le guerre, nessuna esclusa. Ma soprattutto sul potere evocativo della Parola, scritta e proclamata. Parole foriere di morte, come le urla di guerra e le pagine di odio dei nazisti. Parole in grado di sfregiare mente e cuore delle persone, specie dei più giovani.
Ma, a contrastarle, ci sono parole in grado di dare gioia, di riparare il mondo. Il Logos creatore, che dà Luce, Ordine e Vita. “Mi hai tenuto in vita, ricordalo sempre, Liesel” le dice Max quando, ad un certo punto, i due debbono giocoforza separarsi. Ma…..
Davvero all’altezza gl’interpreti.
La giovanissima canadese Sophie Nélisse (già conosciuta per il film Monsieur Lazhar, 2012) ci incanta con i suoi grandi occhi chiari e la capacità di passare dal pianto al riso. Autentico talento naturale, in grado di interagire con professionisti di alto valore come Emily Watson, stupenda Rosa “vestita di fulmini”, e il premio Oscar, australiano come Markus Zusak, Geoffrey Rush [1] , ideale Hans, serio e generoso, uomo dal “cuore fisarmonica”. Lo strumento, che egli ama suonare nei momenti di gioia, ma anche per alleggerire la tensione in quelli bui, gli era stata donata, anni prima, proprio dal padre di Max.
Completano il quadro l’evocativo Ben Schnetzer (Max), il tenerissimo Nico Liersch (Rudy) e Barbara Auer la dolce, dolente Ilsa.
In perfetta sintonia è la colonna sonora di John Williams.
La storia mantiene un tono intimo, domestico, di chi vuole parlare al cuore di ciascuno, anche nei momenti più corali e drammatici.
C’è infine un personaggio sovrastante tutti, con il quale, ognuno di noi, al “tempo fissato”, dovrà fare i conti. E’ la voce narrante della vicenda: la Morte.
Morte che ha una voce maschile (nell’originale è l’attore teatrale inglese Roger Allam), ma che parla di sé al femminile, almeno nell’edizione italiana.
A parte queste piccole contraddizioni -come le parole dell’abbecedario scritte in inglese e non in tedesco-, la scelta è originale ed indovinata, specie tenuto conto degli anni lungo i quali la vicenda si dipana.
E’ una Morte tutto sommato benevola, le cui ironiche riflessioni sulla condizione umana sono assai condivisibili. Si premura di mettere in guardia sui rischi corsi da ognuno di noi al momento di incontrarla. In primo luogo: guai cadere in preda al panico, potrebbe essere controproducente, consiglia.
E’ raro che la Morte si prenda cura delle vite che sta per troncare: “….la mia politica è di evitare gli esseri viventi” di interessarsi a loro, cioè. Ma talvolta è assalita dalla curiosità.
“Liesel Meminger mi ha intrigato…e mi sono interessata a lei”.
Al punto di raccontarcene le affascinanti avventure.Ecco un di trailer:
[1] A proposito di Geoffrey Rush, magistrale interprete (avete presente, da ultimo, La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, 2012?), v. il mio commento a Il discorso del re, su questo sito (Febbraio 2011).