ospita la Mostra
Robert Capa Fotografie da Israele 1948-1950

L’esposizione, che si avvale della collaborazione con Magnum Photos e Contrasto e del patrocinio di Comune e Provincia di Bologna, Assemblea Legislativa e Giunta della Regione Emilia-Romagna, Quartiere San Vitale e Ambasciata di Israele a Roma, è stata inaugurata il 14 maggio scorso, nel 60° Anniversario della fondazione dello Stato di Israele, alla presenza delle Autorità locali e del Ministro Consigliere Ing. Elazar Cohen.

L’iniziativa intende ripercorrere, attraverso le immagini di un celeberrimo artista della fotografia, Robert Capa (1913-1954), il momento della nascita dello Stato d’Israele, in occasione del suo 60° anniversario.
Il 14 maggio 1948 Robert Capa è a Tel Aviv per documentare questo importante evento storico; fotografa la cerimonia di dichiarazione dello Stato, riprende il discorso del Primo Ministro, la prima sessione di Gabinetto d’Israele, la folla esultante lungo le strade, ma pure l’inizio della guerra fra Israele e gli stati arabi vicini. Nei due anni successivi egli (che era nato a Budapest da famiglia ebraica e si chiamava in realtà Endre Ernö Friedman; morto in Indocina nel 1954, ucciso da una mina) ritorna spesso nel Paese e, con lo scrittore Irwin Shaw, realizza il progetto del libro Report on Israel; segue con il fedele obiettivo le ondate migratorie e l’arrivo di migliaia di esuli al porto di Haifa, immortala i campi di transito dove le persone erano raccolte in attesa di abitazioni stabili, le ansie di uno Stato al suo nascere. Le immagini catturate e ricreate da Capa esprimono la sua capacità di immedesimarsi in un contesto, direi unico, ma, al tempo stesso, sanno raccontare un quotidiano semplice ed immediato.
Nella sua attività l’artista ha sempre realizzato fotografie in bianco e nero, utilizzando prevalentemente apparecchiature Contax e Leica; nella sua opera ha cercato un punto di vista il più vicino possibile alla realtà documentata, anche se a volte le sue fotografie sono state oggetto di controversia tra la veridicità storica e l’interpretazione più o meno velata dell’autore. Pensiamo, ad esempio, alla celeberrima immagine scattata nel 1936 a Cordova, in Spagna, durante la Guerra civile, che ritrae un soldato dell’esercito repubblicano colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti.
Nel soffermarmi davanti alle fotografie che la mostra ci presenta concordo in pieno con quanto affermato, all’inaugurazione, dal Sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, secondo il quale se è difficile scrivere un libro di storia, ancor più difficile è raccontare la storia per immagini: si tratta di saper cogliere ciò che , tramite la stessa immagine, può costituire l’anima, l’essenza di un racconto.
Il contesto, poi, è quanto di più insolito si possa concepire: un Paese appena nato, che tuttavia si fonda su una cultura antica alcune migliaia di anni, cui tutto l’Occidente è debitore.
Egli ritrae gli esponenti politici: da Sir Alan Cunningham, ultimo Alto Commissario britannico per la Palestina, immortalato nella sua formale, malinconica partenza da Haifa; a David Ben Gurion, come detto nel suo discorso di proclamazione dell’indipendenza, all’eterno rivale, un irriconoscibile (per noi) Menahem Begin, colto nella foga di un discorso politico, in Kikar Tzion a Gerusalemme, con un braccio alzato per dar maggior foga alle parole; all’anziano Haim Weizmann, il primo Presidente, accompagnato a votare (1950) nelle lezioni municipali, sotto lo sguardo carico di rispetto dei giovani scrutatori.
Ma è proprio nel fluire della vita quotidiana che l’arte di Capa si esprime al livello più alto.
La bambina che ci regala un sorriso con alcuni dentini mancanti, mentre, sulle spalle del papà, con una mano agita la bandiera di Israele e con l’altra accarezza la guancia del genitore….
La yeshiva all’aperto con il rabbino barbuto e gli allievi; insieme agl’immigrati appena giunti, subito impegnati ad imparare la lingua della nuova Patria, l’ebraico;
ancora, gli studenti di medicina del British Hospital di Gerusalemme intenti a lavorare in un improvvisato laboratorio, poiché la loro facoltà si trovava nella parte araba della città;
ma anche la sobria cerimonia, in memoria dei caduti in battaglia, tenuta, senza alcuna formalità, all’aperto nel deserto del Neghev….

E poi la celeberrima giovane madre, sbarcata da poco, giunta al campo di Rosh Hay’n, che regge sulle spalle la valigia (poiché il manico si è rotto), con il figlioletto, che le si attacca alla gonna, ma che ha lo sguardo deciso di un piccolo profeta biblico; e l’operaio di origine francese, colto al sole nella fatica del lavoro agricolo, esprimono tutta la tensione di un popolo in cammino, di una nazione consapevole di star costruendo il proprio futuro che, finalmente, ha nelle sue mani.