In occasione del 60° Anniversario della Fondazione dello Stato di Israele, il KEREN KAYEMETH LEISRAEL ha voluto conferire una veste tipografica e di contenuti particolarmente ricca e festosa
al numero di Maggio 2008 della propria Rivista KARNENU.
La pubblicazione (che porta il significativo titolo “Per sempre Israele”) si apre con l’intervista del Direttore Daniel Della Seta all’Ambasciatore di Israele a Roma, Gideon MEIR, il quale confessa, con un sorriso compiaciuto, lo stretto rapporto anagrafico tra se stesso e lo Stato di Israele. Racconta di come suo nonno, Ludwig Meier giunse nel 1908 a Gerusalemme dove aprì un negozio di libri (“…che oggi, purtroppo, non abbiamo più”). Più tardi, nel 1933, a seguito dell’andata al potere di Adolf Hitler, tutti i suoi parenti arrivarono dalla Germania. I Meier, che mutarono il loro nome in Meir, furono sempre sinceramente sionisti e in questo clima crebbe il giovane Gideon. Nel 1962, insieme alla vendita, si decise di sperimentare anche il prestito di volumi. A tale proposito viene raccontato un aneddoto, che appassionerebbe la fantasia di uno scrittore.
Nel corso del colloquio l’Ambasciatore ha messo in luce, accanto alle gravi minacce cui il Paese deve far fronte, insieme peraltro a tutto l’Occidente -oltre al terrorismo, presente prima ancora del 1948, il gravissimo pericolo rappresentato dall’Iran-, la realtà multiculturale senza precedenti di Israele: un Paese che è riuscito, pur con limiti, difficoltà e sacrifici, a far integrare nel proprio tessuto democratico individui provenienti da Paesi molto diversi, quanto a storia e tradizioni, in molti dei quali non si conosceva la democrazia -e men che mai il mondo moderno-.
Nello sfogliare Karnenu possiamo leggere altri interventi rilevanti, come quello di Efi STENZLER, Presidente mondiale del KKL, che ha posto in luce l’importanza di questo organismo che, fondato nel lontano 1901, è la più antica organizzazione non profit al mondo impegnata in progetti di tutela dell’ambiente e nell’educazione al sionismo, in Patria e presso gli Ebrei ovunque essi risiedano; o di Raffaele SASSUN, Presidente del KKL Italia, il quale, nel ricordare la rilevanza dello stretto legame tra Israele e la Golah, ha fatto riferimento alle importanti sfide che l’organismo stesso sta affrontando per la sopravvivenza dell’intero pianeta e delle future generazioni: lo sviluppo di fonti di energia alternative rispetto al petrolio e il problema dell’acqua. Solo il 2,5% dell’acqua è dolce e solo l’1% è accessibile senza difficoltà perché si trova in fiumi, laghi o bacini. In Israele sono stati realizzati, per lo sfruttamento delle acque, importanti impianti di rilevanza strategica, anche per i Paesi vicini, al fine di migliorare il “bilancio” d’acqua dell’intera area, a testimonianza della capacità israeliana di intervenire sui cronici problemi del Medio Oriente, con vantaggi notevoli per tutti.
Sarah MOSCATI con Le eccellenze di Israele ci conduce nel popolato universo dei Premi Nobel israeliani (di nascita o per immigrazione): dal celeberrimo Shmuel Yosef Agnon (Letteratura, 1966; non ha bisogno di presentazioni) a Aaron Ciechanover e Avram Hershko (Chimica, 2004, insieme a Irwin Rose; gli studi dei quali rivestono notevole importanza pratica in medicina) a Daniel Kahneman (Economia, 2002; uno psicologo, che ha “integrato i risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni di incertezza”), a Yisrael Robert John Auman (Economia, 2005. Si tratta di un matematico, nato a Francoforte nel 1930, tra i fondatori del Centro per la Teoria dei Giochi in Economia, assai apprezzato in Italia per aver partecipato a numerosi congressi del settore e premiato per “avere accresciuto la nostra comprensione del conflitto e della cooperazione attraverso l’analisi della teoria dei giochi”); senza dimenticare tre leaders politici, assai diversi tra loro quanto a caratteri, orientamenti ed esperienze, insigniti del Premio Nobel per la Pace (Menachem Begin, 1978; Ytzhak Rabin e Shimon Peres, 1994).
Illustrano questo numero della Rivista pure i contributi di due personalità ben conosciute: Giorgio ISRAEL e Angelo PEZZANA. Il primo ci fa riflettere come, dopo lo smarrimento e il senso profondo dell’incertezza sul proprio futuro che attanagliò il mondo ebraico dopo la tragedia della Shoah, la fondazione e la successiva vita dello Stato di Israele, lungo questi sessant’anni brevi/lunghi, abbiano dimostrato l’importanza e il significato della presenza ebraica nel mondo, pur conquistati a prezzo di duri sacrifici e a dispetto delle ostilità più feroci; ostilità, aggiungo, presenti non solo nel vicino universo arabo/islamico.
Il secondo, con il consueto stile profondo e ironico -anche quando tocca argomenti drammatici-, manifesta, attraverso il racconto della storia di due giovani militari, Eran Dan-Gur e Doron Assulin, uccisi alcuni mesi fa a Gaza in difesa della loro Patria -loro, come i ragazzi del 1948”!-, quale sia la grande forza di Israele e cioè “Sapere che l’alternativa alla vittoria non esiste”. Con l’amara constatazione di come i suoi nemici, sognanti solo di cancellare l’odiata “entità sionista” (chi apertamente, chi mascherando tale desiderio con l’abbigliamento, tranquillizzante per l’interlocutore, di giacca e cravatta), non si rendano conto di quanto l’avere, in qualità di vicino, un Paese come Israele sarebbe per loro l’inizio della rinascita. Il contrario della tanto celebrata Naqba.
Interessante, poi, il servizio “Interviste alle specchio” dove vengono formulate -ad un gruppo di protagonisti del volontariato della comunità ebraica italiana- alcune domande sui principali temi all’ordine del giorno: Quali sono le riflessioni sul Paese in occasione del 60°?; Quali aspetti l’hanno maggiormente colpita nel suo sviluppo? In base alla Sua esperienza personale, com’è mutata la vita dei singoli e delle comunità ebraiche con la nascita di Israele? Quali sono le più gravi minacce?
Stimolanti il ventaglio di risposte e il loro confronto. Tuttavia c’è una nota comune, al di là dei realistici timori e delle motivate critiche all’attuale leadership politica: un sincero e meditato ottimismo, espressione della fiducia in se stessi e nel futuro, preso con “le proprie mani”.
Infine, quella che potremo definire la “perla” di questo numero, caratterizzato, tra l’altro, da bellissime fotografie, molte di notevole importanza storica: lo “speciale” consistente nella riproduzione del fondamentale Lo Stato ebraico di Theodor Herzl, un testo che mantiene ancora oggi, per tanti aspetti, la sua piena attualità e che merita di essere (ri)letto e approfondito per le importanti implicazioni politiche e culturali. Il tutto è completato da un’utile cronologia.
Chiudono il numero due agili articoli: uno (ancora di Sarah Moscati) tratta del rapporto dialettico tra laici e religiosi; mentre l’altro è un emozionante pensiero di Elisabetta MOSCATI ANTICOLI rivolto a Hatikvah l’orgoglio e la speranza.
Da leggere da cima a fondo, la Rivista, e da conservare; con l’amore per un Paese vitale, cosciente sempre, ce lo auguriamo, dell’importanza delle sfide che accompagnano la sua difficile, ma avvincente esistenza.